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In Italia 3 milioni e mezzo di lavoratori irregolari

In Italia 3 milioni e mezzo di lavoratori sono irregolari: il dato, riferito al 2001, rappresenta il 15,0% del totale dell’occupazione, un livello più elevato di quello del 1995 che aveva fatto registrare un più contenuto 14,5%.

Il fenomeno risulta particolarmente diffuso nel Mezzogiorno dove è irregolare il 23,0% degli occupati (1,5 milioni), a fronte dell’11,9% del Centro Nord. E punte record si segnalano in Calabria dove un lavoratore su tre non ha un contratto regolare (29,5% del totale), seguita da Sicilia (24,2%), Basilicata (20,7%) e Sardegna (20,2%). Le regioni più virtuose sono invece Friuli Venezia Giulia (9,5%), Piemonte (10,3%) e Veneto (10,7%).

E’ quanto emerge da uno studio elaborato dalla Svimez sulla diffusione del sommerso nei contesti economici territoriali.
A livello settoriale, il lavoro non regolare è concentrato nel settore dei servizi (2,6 milioni di lavoratori), in particolare nel settore del commercio, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni.
In termini di tasso di irregolarità (quota delle unità di lavoro irregolari sul totale delle unità di lavoro del settore), il valore più elevato si registra tuttavia in agricoltura (32%), seguita dai servizi (16,5%) e dalle costruzioni (16,4%). Meno rilevante la quota di irregolarità nell’industria in senso stretto (5,7%).

Ma, al di là della quantificazione del fenomeno del sommerso, l’analisi della Svimez mette in luce che occorre distinguere fra un sommerso “di convenienza” e uno “di necessità”. In altre parole, “esiste uno zoccolo duro di economia sommersa destinato a rimanere tale per l’intreccio di situazioni caratterizzate da imprese di piccole dimensioni, a bassa redditività, che operano nei settori tradizionali all’interno di filiere di sub-fornitura, per lo più localizzate in aree del Mezzogiorno caratterizzate da un tasso elevato di disoccupazione”. Contro questo tipo di sommerso, insomma, non c’è niente da fare.
















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