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Ambiente: Mediterraneo più caldo e salato, coste a rischio

Il Mediterraneo versione nuovo millennio si scopre più caldo e più salato ma anche più alto
e sempre più desideroso di rubare pezzi di costa italiana.


Nell’ultimo secolo le acque della Terra sono cresciute di 15 centimetri e la prospettiva è quella di un incremento di questo innalzamento. Scenari mondiali futuri, da qui al 2100, mostrano infatti una crescita del livello medio degli oceani da un minimo
di 15 centimetri (con un aumento del riscaldamento medio di 1,4 gradi) a un massimo di 90 (con un +5,8 gradi del livello medio di riscaldamento). E il Mediterraneo è uno dei diretti interessati.

Gli scenari dei prossimi 100 anni prevedono per il Mare Nostrum un innalzamento di 20-30 centimetri, che potrebbe essere anche
doppio nelle aree particolarmente sensibili, da un punto di vista geologico, al fenomeno della subsidenza, ovvero dello sprofondamento del terreno, in particolare al Nord. Sono 33 le
aree costiere a rischio allagamento in Italia in particolare nel Nord.

Gli esperti italiani sono al lavoro per fornire strumenti di lavoro per la prevenzione, anche da qui a 25 anni. Il compito è quello di fornire dati certi sui rischi e sui possibili interventi, per consentire la messa a punto di piani strategici,
da parte delle amministrazioni pubbliche e delle autorità locali, per prevenire emergenze e consentire di anticipare, con un lavoro costante negli anni, i rimedi per bloccare per tempo i
disastri.

Per questo, le coste italiane sono finite nel mirino degli studiosi dell’Istituto per la ricerca scientifica applicata al mare (Icram), che fa capo al ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. In tal senso è stato realizzato un modello per l’analisi di rischio connesso alla risalita del livello del mare nell’area pilota della pianura costiera della
Versilia, fornendo un approccio innovativo per la previsione degli impatti dei cambiamenti climatici in corso. Un approccio che serve da modello per tutte le aree costiere italiane.

Secondo lo studio, la costa arretrerebbe di diverse decine di metri entro il 2100 se l’ambiente fosse completamente abbandonato a se stesso con ricadute sia sull’ambiente che sui sistemi produttivi. Da qui la necessità, sottolineano gli esperti dell’Icram, di ”programmare per tempo le opportune strategie di difesa” a partire dal ripascimento delle spiagge erose. Dalla Versilia a Fondi, nel basso Lazio. Per l’area Pontina l’ Enea ha predisposto una metodologia per rispondere al quesito come adattarsi nell’ipotesi dell’avanzata delle acque. La metodologia si basa su valutazioni che considerano il rapporto costi-benefici. Tre le categorie considerate: ”Costruzione di una diga rinforzando la duna costiera e aumento del ritmo delle idrovore che già operano per tenere asciutta la zona e proseguire nell’attività agricola – riferisce il climatologo dell’Enea, Vincenzo Ferrara – permettere l’allagamento e convertire la zona all’acquacoltura; lasciare che il mare avanzi
e abbandonare la zona spostando le attività. In base a questa metodologia verranno successivamente considerate le prospettive
dei ricavi per ogni scenario.

Ma il capitolo innalzamento del mare non è solo oggetto di studio per quanto riguarda gli effetti. Tra gli scienziati il tema accende anche la discussione sulle cause. Su questo si rivolge in particolare l’attenzione dei climatologi dell’Enea.
Lo scioglimento dei ghiacciai non sembra avere una influenza così determinante sulla crescita del volume del mare, quanto piuttosto l’innalzamento della temperatura stessa e una serie di modifiche nella composizione dell’acqua, come il grado di
salinità sul quale, spiegano gli esperti Enea, anche il Mediterraneo fa la sua parte.
















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