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‘Innovare per competere’: opportunità tecnologiche per PMI

‘Innovare per competere’. Un assioma che le Piccole e Medie Imprese non sempre digeriscono, ma che secondo i relatori del convegno organizzato da Ascom Confcommercio dovranno fare proprio per vincere la gara col mercato.

Il Convegno, aperto da Pietro Blondi Presidente Ascom e Mauro Martini Presidente di Terziario Servizi e concluso dal Presidente della Provincia Emilio Sabattini, ha fornito un dato che fa pensare: nel nostro territorio il 94% delle imprese esistenti (vale a dire le Piccole Medie Imprese) spende appena il 19% di quanto complessivamente viene investito dalle aziende nell’innovazione tecnologica.

Questo non va bene – ha affermato Paolo Masciocchi direttore Area Innovazione della Confcommercio nazionale – la conseguenza è allargare il divario che già esiste nella competizione tra grandi e piccole imprese.

In effetti – ha ribadito Samuele Baio di Assintel – a fronte dell’esigenza di aggiornamento tecnologico, secondo le nostre indagini, appena il 32% delle imprese sono pienamente attrezzate su questo piano, il 50% è poco interessato e il 18% per nulla interessato, mentre il giudizio su questo genere di investimento è che sia costoso (65%) o addirittura inutile (18%). Il fatto è – ha proseguito Baio – che viviamo ormai in un mondo interdipendente e se molte aziende si rendono conto di doversi aggiornare, non si sentono preparate a farlo con la sicurezza di compiere i passi giusti. In effetti oltre alla tecnologia, che è solo un mezzo, per raggiungere i risultati sperati occorre imprenditorialità e un giusto impianto normativo.

Il quadro è a tinte fosche, ma per Marco Schianchi Presidente Comufficio, se senza innovazione non c’è sviluppo e senza ricerca non c’è innovazione, la via d’uscita esiste: assunto il fatto che la piccola impresa non può investire in ricerca, occorre consorziare le Piccole e Medie Imprese consentendo economie di scala, innanzitutto per ricercare i migliori ambiti in cui intervenire per lo sviluppo.

Confcommercio ha preso di petto la questione e si sta muovendo sul piano nazionale – ha affermato Blondi- e quanto detto vale per il terziario in generale e per il commercio al dettaglio in particolare rispetto al quale la grande distribuzione, pur capace di investire, non sa puntare su relazioni personali e umanizzanti con il cliente. Aspetti sui quali puntare ma che necessitano di scelte anche normative che dirottino contributi per lo sviluppo dalla sola area industriale alla piccola distribuzione.
















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