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Modena: sulle ex fonderie nessuna speculazione

Intervento dell’Assessore all’Urbanistica, Daniele Sitta, sul recupero delle Ex Fonderie di Modena.

Qualcuno può davvero pensare che il Comune di Modena voglia “ruspare via” lo storico edificio delle ex Fonderie e con esso la memoria industriale e del movimento operaio di Modena e, ancor peggio, la memoria dell’eccidio del 9 Gennaio 1950? Sull’ultimo punto non rispondo nemmeno, tanto è offensiva e volgare la sola insinuazione che nell’animo del Sindaco di Modena, della sua Giunta e dell’Assessore all’Urbanistica possa anche solo affacciarsi la volontà di cancellare il ricordo delle vittime del 9 Gennaio e quindi di uno dei momenti più alti delle lotte operaie nel nostro paese. Siamo i primi, anzi, a ritenere che questa testimonianza non possa essere affidata solo al cippo che attualmente ricorda i caduti e che perciò sia necessario anche uno spazio adeguato all’interno della palazzina che si affaccia su Via Ciro Menotti, un luogo ove collocare le immagini (foto, filmati, articoli di giornali,ecc) di quei giorni. Un luogo, ancora, destinato agli incontri del quartiere, della città, affinché la memoria si tramandi attraverso l’esercizio quotidiano della libertà di espressione e del confronto, gli stessi valori che si tentò di negare con la violenza e la repressione. Evitiamo quindi affermazioni fuori luogo ed insinuazioni sgradevoli e veniamo al tema della destinazione urbanistica dell’area e degli edifici esistenti.

In premessa, credo sia opportuno sottolineare un aspetto che forse pochi conoscono o fanno finta di non conoscere e cioè che nonostante sull’area non insista alcun vincolo della soprintendenza ( la valutazione di “non interesse” fu espressa nel ‘95 dall’allora soprintendente Garzillo e riconfermata nel luglio 2005 dall’attuale Direttore Regionale) il Comune di Modena ha comunque sottoposto a tutela tutto il fabbricato che si affaccia su Via Ciro Menotti, prevedendo esclusivamente interventi di riqualificazione e ricomposizione tipologica. Non si tratta di un vincolo estemporaneo, un momento di debolezza nell’animo grettamente demolitorio delle Amministrazioni che hanno governato questa città, ma piuttosto di un atteggiamento culturale e di una scelta politica che hanno portato a risultati concreti: ad esempio a catalogare e sottoporre a vincolo pressoché tutti i palazzi del Centro storico, ma anche altri 5000 edifici (15mila quelli esaminati) collocati in zone diverse della città. Un lavoro lungo, faticoso, ma necessario, che ha fatto scuola in Italia e che solo alcuni modenesi ( anche addetti ai lavori) continuano stranamente ad ignorare. Messo al sicuro quanto c’è di valore (per collocazione, qualità architettonica, storia e significato) ritengo poi che non tutto vada conservato dei contenitori in disuso, perché la città ha il diritto di essere riprogettata e riqualificata per rispondere alle esigenze dei suoi cittadini.

Chi ritiene che quelle zone della Sacca e della Crocetta interessate dall’intervento di riqualificazione urbana denominato “Fascia Ferroviaria” dovessero essere conservate a testimonianza della struttura industriale della prima parte del 900, ovviamente non si pone nemmeno lontanamente il problema di come si sarebbero potuti utilmente e correttamente impiegare quei 500.000 mq abbandonati da anni. A meno che la proposta alternativa non sia quella di destinarli ancora ad attività produttive, magari facendo girare migliaia di TIR a 700 metri dalla Ghirlandina, su strade urbane già anche troppo trafficate. Inoltre, bisogna anche pensare a cosa erano diventate quelle zone, con attività ormai incompatibili, quando erano ancora attive, e aree di potenziale degrado negli anni successivi.

Dobbiamo essere attenti alla nostra memoria, salvaguardando e conservando quelle parti che hanno un indiscutibile valore storico e architettonico, ma senza ingessare la città. Anzi, solo col recupero ed il riutilizzo delle aree dimesse potremo rispondere a due esigenze fondamentali: far crescere una città più bella e funzionale ed allo stesso tempo risparmiare territorio.
E così si farà per le Fonderie, sulle quali è utile e corretto che si apra una discussione ampia, senza il vincolo di decisioni già prese, ma anche senza pregiudizi e preclusione falsamente ideologiche. A maggior ragione se, come auspico, l’area non verrà utilizzata dall’Azienda USL: a mio parere, infatti, la nuova sede potrà trovare una più utile collocazione nella zona del Policlinico anch’essa in corso di trasformazione e comunque già con infrastrutture adeguate e vocazione coerente con la presenza anche della struttura amministrativa della sanità modenese.

Una discussione aperta, quindi, con una sola limitazione, quella di proporre soluzioni fattibili anche dal punto di vista dell’equilibrio economico, perché utilizziamo i soldi dei cittadini e perchè le risorse disponibili sono già oggi insufficienti a soddisfare i bisogni che la società modenese indica come prioritari. Noi non speculeremo sulle ex Fonderie, come qualcuno tenta di insinuare, come non abbiamo speculato su nessuna area che abbiamo gestito in passato. E’ nostro dovere, però, valorizzare correttamente le aree di proprietà pubblica per ricavarne le risorse necessarie alla costruzione di asili, scuole, case protette, strutture sanitarie, impiamti per lo sport e la cultura, per rendere più vivibile la nostra mobilità e per dare ai modenesi la possibilità di accedere all’abitazione in proprietà o alla casa in affitto a prezzi accessibili. Credo che anche Corassori avrebbe condiviso questa impostazione di governo, perché è nelle scelte di indirizzo e nelle azioni concrete che un’amministrazione pubblica esprime rispetto della memoria e coerenza nei valori di riferimento.
















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