La denuncia coraggiosa da parte di due imprenditrici di concorrenza sleale in uno dei settori portanti del nostro territorio, quello del mobile imbottito, salita alla ribalta nazionale grazie alla trasmissione “Report”, non solo non deve lasciare indifferenti, ma al contrario evidenzia un rischio e un pericolo per tutto il tessuto produttivo locale. Grave sarebbe la sottovalutazione di un fenomeno che per essere debellato necessita di interventi continuativi, pena il suo espandersi con effetti devastanti per la nostra economia. Proprio i rischi insiti in questo fenomeno richiedono attenzione, responsabilità, prese di posizione nette, l’individuazione degli strumenti e delle azioni da intraprendere per ripristinare un mercato libero e il massimo di legalità. Il rispetto dei diritti dei lavoratori, anche in una situazione di grave crisi, è assolutamente imprescindibile. Per questa ragione la propaganda spicciola non è utile, come non serve la polemica fine a se stessa.
Il problema, in questo caso, sollevato per la presenza di laboratori “cinesi” va analizzato e combattuto, con la consapevolezza che è fenomeno nazionale, con caratteristiche diverse tra i vari territori, ma con un denominatore comune, quello della crescita di “terzisti” che, a basso costo, lavorano per imprese a loro volta subfornitrici di grandi catene di vendita che lucrano e guadagnano e che in molti casi si adoperano e favoriscono tale “diseconomia”. A lungo andare, come attesta il caso Prato, queste che all’inizio sono microimprese, acquisiscono professionalità, hanno denaro (spesso di dubbia provenienza) e si impadroniscono di quote di mercato. Se in passato a Forlì c’è stata sottovalutazione, sicuramente oggi non è più così. Perciò va dato atto del lavoro che i soggetti che in vari modi e con compiti diversi possono e debbono agire per combattere questo fenomeno, stanno attuando. Infatti si è attivato, sotto la regia della Prefettura, un “protocollo” in cui ad ognuno è richiesto di fare la propria parte, a partire dalla necessità di far emergere, senza infingimenti, la realtà e senza pensare alla delazione, far si che chi sa parli, conseguentemente poi agire su tutti i piani, intervenire utilizzando tutte le possibilità offerte dalla legge: perseguendo la violazione delle norme sul lavoro, l’evasione contributiva e fiscale.
Ma si può e si deve andare oltre: a tal fine il fatto che le associazioni di categoria abbiano assunto l’impegno di introdurre un “codice etico” secondo il quale le imprese che si prestano a questo malaffare vengono espulse dall’associazione, è quanto mai opportuno.
Per debellare il fenomeno sono necessari, certamente, volontà politica – che non manca affatto a Forlì – strumenti, uomini, mezzi e risorse per controlli continui e ripetuti, che impediscano che con “furberie” come assunzioni part time, in verità senza orario, si rafforzi un sistema di radicale sfruttamento e illegale. Indispensabili sono i controlli, che vanno incrociati tra loro, e una vigilanza sempre alta. L’incontro promosso da Confartigianato a Bertinoro è stato utile ed importante e qualora l’associazione avesse scelto Forlì come sede dell’iniziativa non credo sarebbe mancata l’adesione e la presenza attiva della amministrazione comunale (come del resto attesta la presenza a Bertinoro del Vice Sindaco Biserna).
Va ricordato che attorno a tali problematiche il comune di Forlì ha già promosso iniziative coinvolgendo le parti sociali ed informandone puntualmente il Consiglio comunale. L’attuazione di attività di mediazione culturale per richiamare gli imprenditori cinesi alla conoscenza ed al rispetto delle regole, sono solo un aspetto, che si aggiunge alla presenza della polizia municipale di Forlì nei controlli coordinati dalla Prefettura ed alla recente messa a disposizione di un numero verde (800448300), a cui i cittadini possono segnalare il lavoro nero e le irregolarità di cui sono venuti a conoscenza.
Quasi assente in tutti gli interventi che si sono susseguiti sulla stampa in questi giorni – questo sì è fatto grave – è stato il riferimento alle politiche nazionali, incomprensibile per chiunque conosca lo stato degli enti preposti ai controlli sul territorio. Mancano uomini, non ci sono soldi per pagare gli straordinari ai dipendenti: la denuncia in questo senso da parte dell’INPS è stata chiara. Il protocollo siglato a Forlì ha uno straordinario valore ed è un esempio da estendere, tant’è che i laboratori “non regolari” hanno già iniziato a trasferirsi in zone meno controllate. Occorre anche ripristinare sanzioni più rigide: non dimentichiamo che il governo Berlusconi, subito dopo essere stato eletto, ha prontamente eliminato le norme antilavoro nero varate dal governo Prodi. Vorrei che su questo si esprimessero i rappresentanti del centrodestra e della Lega che di sicurezza parlano solo, in realtà tagliando fondi e mezzi necessari per realizzarla in settori chiave come il sistema produttivo.
La battaglia si deve fare per unire non per dividere e non per ottenere un applauso in più, ma per rispondere con serietà ad un fenomeno che va estirpato: per fare questo non servono demagogia e neppure supponenza da parte di alcuno, bensì quotidiana resistenza attraverso tutte le istituzioni e massima collaborazione da parte delle associazioni di categoria e dei sindacati dei lavoratori.
(Thomas Casadei, Consigliere regionale PD – Comm. Lavoro, Formazione professionale, Scuola, Università, Cultura)