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Shigeru Ban a Cersaie: quando l’architettura interviene nell’emergenza

“I governi dopo le emergenze sono per forza di cose sempre lenti ad agire. Con le soluzioni temporanee ho fatto vedere al governo cosa si poteva fare, subito, senza aspettare. Ho preso in mano la situazione e sono partito”. È questo lo spirito con cui opera Shigeru Ban. L’architetto giapponese celebre per soluzioni abitative adottate dopo calamità naturali e altri disastri umanitari è intervenuto oggi a Cersaie per l’attesa conferenza del ciclo Costruire, Abitare, Pensare,tra gli eventi di punta del Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno. Un appuntamento organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e moderato dal prof. Matteo Agnoletto.

Tra gli architetti più in vista nel panorama internazionale, Ban ha fatto scuola unendo sperimentazione ed ecologia e ha stupito utilizzando tubi di cartone come pilastri, travi o pareti per case, chiese, musei o ponti, conferendo a strutture ed edifici una sensazione unica di naturalezza ed elasticità. “È un’occasione straordinaria avere qui Shigeru Ban,uno dei massimi esperti del tema dell’emergenza”, ha detto Agnoletto. “Dopo quello che è successo in Emilia, l’impegno di Ban non può che aiutarci.

Le sue opere non solo rendono il paesaggio migliore dal punto di vista estetico, ma riescono anche a contenere i costi, con realizzazioni non complesse per obiettivi importanti”. “Ero deluso dalla professione architettonica che lavora solo per persone privilegiate”, ha esordito Ban. “Mi dispiaceva non lavorare per persone con meno possibilità economiche. Ho deciso di impegnarmi per loro e in particolare per coloro che sono stati colpiti da disastri. Mancavano ad esempio in questi casi residenze temporanee di buona qualità, anche estetica”.

L’architetto ha mostrato al pubblico numerosi esempi della sua esperienza nel campo dei progetti di architettura realizzati al fine di dare immediata risposta alle esigenze abitative che conseguono a catastrofi naturali. La cosa più importante secondo l’architetto è utilizzare per la costruzioni i materiali del luogo. Ha dimostrato infatti con il suo lavoro le infinite potenzialità architettoniche di materiali economici e del tutto naturali, come la carta, il cartone e il bamboo, facendo della leggerezza e della sostenibilità la sua cifra stilistica.

La tecnica di realizzazione consiste nell’avvolgere la carta riciclata – utilizzando collanti naturali – attorno a un tubo di alluminio. Seccata la carta, il tubo viene sfilato e le colonne così ottenute vengono trattate con la cera e rese impermeabili. Ban ha ricevuto nel 1990 l’autorizzazione a usare il cartone come materiale da costruzione.

Tra le iniziative umanitarie illustrate da Ban, c’è quella nei campi profughi del Rwanda dopo la guerra, dove ha utilizzato tubi di cartone per sostenere le tende fornite dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Una soluzione che ha permesso di evitare il taglio di ulteriori alberi per usare pali di legno, mentre quelli di metallo erano già stati venduti dalla popolazione, visto il loro alto valore. Anche dopo il terremoto che ha colpito Kobe nel 1995 Ban è intervenuto progettando cinquanta casette per gli sfollati vietnamiti.

“Le basi erano formate da casse di birra piene di sabbia evitando così fondamenta di cemento. Convinto così il prete locale dell’efficacia e della resistenza del cartone, ho realizzato anche una chiesa con tubi di cartone. Per chi ha dubbi sulla resistenza di questo materiale, deve pensare che alcune strutture di cartone temporanee sono poi rimaste permanenti”. Un’altra occasione di intervento si è verificata dopo il terremoto del 1999 in Turchia, dove sono state realizzate casette temporanee in cartone isolante, viste le basse temperature che caratterizzano la zona.

Dopo il terribile sisma del 2004, seguito dallo tsunami in Sri Lanka, Ban ha invece progettato case permanenti per un villaggio di pescatori e dopo il recente terremoto e tsunami in Giappone è riuscito a sviluppare semplici soluzioni all’interno delle strutture di accoglienza, dividendo gli ambienti per separare in nuclei famigliari e garantire la privacy.

Infine il progetto per L’Aquila. “Una città in cui la musica aveva un ruolo molto importante”, ha spiegato il maestro. “Il sisma però l’aveva privata di una sala per concerti, che ho deciso di proporre, grazie anche alla donazione del governo giapponese di mezzo milione di euro. Un progetto semplice, in cui la sala può ospitare oltre 200 persone. La struttura di metallo con sabbia è nascosta da tende rosse mentre all’interno tubi di cartone di diversi diametri creano unbuon effetto acustico e isolano il suono”.
















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