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Alla Locanda del Feudo di Castelvetro una mostra di Flavio Favetti

Cibo e cultura: quante volte abbiamo sentito questa espressione? Troppe, al punto che il presunto legame fra cibo e cultura non è che un frusto luogo comune. E non si capisce se è la cultura che deve nobilitare il cibo o se è il cibo che debba concorrere a sostenere una qualche tesi.

La mostra di Flavio Favetti è un tentativo di riflettere sulle radici di questo binomio, soprattutto quelle che legano il cibo all’arte.

A cominciare dal titolo, che è una citazione dell’antropologo Claude Levi-Strauss, per poi proseguire sul terreno dell’estetica, l’artista affronta, fra il serio e l’ironico, una serie di temi che appartengono a una “estetica del cibo”.

Ci ricorda, per esempio, la vicinanza della culinaria alle altre arti e la medesima indipendenza fra intenzionalità della produzione (l’idea e la realizzazione di un piatto) e la ricezione (il gusto del destinatario) grazie a tre vassoi degli anni ’40 che rimandano allo svolgimento poiesis-mimesis-katharsis.

Oppure, grazie al fatto che non è possibile mediare in alcun modo l’esperienza del gusto (la realtà virtuale non c’è ancora riuscita) e seguendo il pensiero di Calvino, l’artista gioca con le possibilità che il cibo ci offre per conoscere, per apprendere, per sapere di altri mondi, di altri tempi, di altre persone.

E poi il riconoscere alla figura dello chef un ruolo di divus; che l’artista da una parte invoca e dall’altra ammonisce, alludendo alle seicentesche vanitas.

Una caratteristica delle opere di Favetti è partire da una forma esistente, a volte un banalissimo oggetto, che è utilizzato come interprete o come supporto delle metafore dell’artista. Qui sono formine da dolce, una fotografia scattata in un bar degli anni cinquanta, un pentolino di alluminio, una vecchia fustella, piatti di varia foggia. Su questi mezzi l’artista scrive le proprie lapidarie dichiarazioni, utilizzando molto spesso il registro dell’ironia e del gioco di parole.

Flavio Favetti, di origine lombarda, con studi classici e una carriera nella comunicazione d’impresa, qualche anno fa ha lasciato improvvisamente una vita di certezze e di fatiche professionali non più motivate ai propri occhi (ora si chiama downshifting) per dare ascolto e voce al proprio lato artistico. Vive nel borgo medievale di Canale di Tenno, in Trentino.

La Locanda del Feudo è uno storico ristorante e albergo di Castelvetro che da qualche anno è guidato da Andrea e Roberto Rossi. I due giovanissimi imprenditori (29 e 31 anni), dopo precisi percorsi formativi e significative esperienze professionali, oggi si dividono la gestione del ristorante, con ventiquattro coperti, e dell’hotel con sei suite. La Locanda del Feudo è ormai uno dei locali più conosciuti della regione, lo chef Roberto Rossi ottiene spesso citazioni nelle migliori guide gastronomiche italiane, i clienti provengono in egual misura del settore famiglia e da quello business.
















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