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Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi” in merito al “Regolamento per la raccolta dei funghi epigei spontanei per l’anno 2017” nell’Appennino Reggiano

Lettera aperta ai Media locali, ai Sindaci della Provincia di Reggio Emilia, ai Consiglieri Provinciali, all’ Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano, al Consorzio Alto Appennino Reggiano, al Parco nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, alla Presidenza della Regione Emilia Romagna Oggetto: Osservazioni sul “Regolamento per la raccolta dei funghi epigei spontanei per l’anno 2017” nell’Appennino Reggiano.

Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi” di Reggio Emilia (Associazione Micologica Bresadola) interviene sull’argomento in oggetto per avere ricevuto numerosissime sollecitazioni da Soci e cittadini, studiosi di Micologia e appassionati di Funghi e di Montagna. Non nascondiamo il nostro sconcerto di fronte alle modalità ed i contenuti con i quali gli Enti promotori dichiarano di ottemperare alle norme della L. R. 6/96 “Disciplina della raccolta e della commercializzazione dei funghi epigei spontanei nel territorio regionale. Applicazione della legge n° 352 del 23 agosto 1993” e del comma 5 dell’Art. 18 (Enti di gestione per i parchi e la biodiversità) della L.R. n. 13/2015 con il “Regolamento per la raccolta dei funghi epigei spontanei per l’anno 2017” che riguarda solo la parte “alta” del territorio reggiano e che, rispetto agli anni scorsi, contiene radicali differenze, soprattutto sui costi dei permessi di raccolta e sulla divisione territoriale della loro validità. Certamente l’assenza della Provincia tra gli Enti promotori del Regolamento ha facilitato quelle che, a nostro giudizio, sono vere e proprie forzature e favorito una visione della problematica “Funghi” in chiave solamente economicistica che, lo diciamo subito senza mezzi termini, rende palese una logica di “respingimento” e non di attrazione turistica verso i territori della Montagna che già da tempo soffrono, per motivi di ordine generale, di un consistente spopolamento ed abbandono. Tra l’altro vorremmo far notare come nei territori alti (la cosiddetta “fascia di eccellenza”) non sono solo presenti le zone interessate dal Consorzio Alto Appennino Reggiano (che rappresenta i cosiddetti “Usi Civici”), ma anche zone demaniali (zone di proprietà dello Stato, cioè di tutti i cittadini) come l’Abetina Reale.

Di seguito le nostre considerazioni:

Vogliamo denunciare le falsità dichiarate sulla stampa locale sul fatto che il costo di € 180 del permesso stagionale per i non residenti nelle zone cosiddette “di eccellenza” (Alto Appennino Reggiano) sia inferiore ai costi dei permessi delle zone “limitrofe”: ciò è vero solo nel caso dei territori dell’Unione dei Comuni Sillano-Giuncugnano (Alta Garfagnana, Provincia di Lucca) il cui costo stagionale è € 200 (tuttavia con un costo del permesso giornaliero di € 10 contro gli € 12 della zona reggiana) e in Provincia di Parma (dove la situazione dei costi dei permessi è molto articolata) nei territori interessati dal Consorzio I.G.P. “Fungo di Borgotaro” costituiti in Riserva: il permesso stagionale nella Riserva di Borgotaro costa € 180 e nella Riserva di Albareto € 250. Negli altri territori del parmense i costi sono sempre inferiori ai costi “reggiani”: per es. nei territori confinanti con la Provincia di Reggio Emilia (Unione Montana Appennino Parma est) il permesso stagionale costa € 150. Il costo del permesso stagionale nelle altre zone limitrofe alla nostra Provincia sono: Alto Appennino Modenese € 90, Alta Lunigiana (territorio gestito dalla Cooperativa “Comano”, Provincia di Massa Carrara) € 70, permesso turistico annuale in tutta la Regione Toscana € 100. In Liguria il permesso annuale per i “villeggianti” costa € 30 e non si fa nessuna differenza tra i non residenti in Regione ed i residenti essendo il costo del permesso annuale, per tutti, di € 40. C’è davvero da chiedersi qual è la politica di attrazione turistica verso l’Appennino Reggiano che si vuole promuovere!!!

Abbiamo forti dubbi sulle competenze scientifiche del Presidente del Consorzio dell’Alto Appennino Reggiano che azzarda una stima (alla faccia del rigore statistico) sull’appassionato raccoglitore medio di funghi che raccoglierebbe in una stagione 100 kg di funghi (chiediamo scusa di “porcini”) per venderli (ovviamente in nero) al prezzo di 20 €/kg realizzando un reddito di € 2.000 all’anno per cui il costo del permesso di € 180 sarebbe ragionevole. C’è da preoccuparsi che un consorzio abbia come Presidente un economista di tale livello!!! I fungaioli “mestieranti” sono una netta minoranza e sono, soprattutto, residenti in montagna. La realtà è affatto diversa: l’appassionato “fungaiolo” raccoglie, in media, molto meno (spesso fa uscite per non raccogliere un fungo…) e il costo di € 180 appare come un vero e proprio “strozzinaggio” rivolto a cittadini che nella maggioranza sono pensionati che amano le escursioni in montagna e che, anche se si trova poco nulla, …va bene lo stesso. Il risultato sarà, come d’altronde è già in parte riscontrabile, un nettissimo calo della vendita di permessi stagionali. E’ inoltre facilmente prevedibile un netto aumento di “fungaioli” che sconfineranno nei territori vicini e fuori della Provincia di RE.

Riscontriamo che, per tutto il territorio provinciale su cui gli Enti promotori del Regolamento in oggetto non hanno competenze, non risulta nessuna regolamentazione e pertanto la raccolta funghi risulta completamente libera. Si pone la questione di realtà territoriali (per es. i boschi di Pulpiano) che ricadono in due Unioni di Comuni diverse estendendosi tale bosco sia nel Comune di Casina (Unione montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano) e Viano (Unione Tresinaro Secchia). Ciò accade anche in altri boschi dei comuni di Viano, Baiso, Vezzano, Canossa. Chiediamo: come si fa a capire, girando per il bosco in quale Comune ci si trova? Si pensa di mettere segnali di confine?

Appare evidente come il non coinvolgimento della Provincia fra gli Enti che hanno elaborato e steso il Regolamento (la Provincia, anche quella riformata, è comunque un organismo che rappresenta tutti i cittadini del territorio provinciale. E’ certo un organismo di “secondo grado”, proprio come il Consorzio dell’Alto Appennino Reggiano) abbia generato molta confusione e consentito un risultato fortemente punitivo per la stragrande maggioranza dei cittadini della Provincia.

Ci chiediamo quale sia la politica del Parco nazionale nei confronti della salvaguardia dell’ecosistema boschivo che, nella montagna reggiana, manifesta parecchie fragilità. La più importante è la caratteristica di avere boschi tutti della stessa età (boschi coetanei) e sostanzialmente monospecifici (per la quasi totale prevalenza della faggeta) e perciò molto esposti a rischi di vario tipo. Pensiamo che al Parco si possa parlare di funghi in senso proprio (tra il personale del Parco ci dovrebbe essere qualcuno che non identifica i funghi con i “porcini”) perché la vera risorsa economica della montagna, che va salvaguardata sul lungo periodo, è il bosco e le ricerche scientifiche, nemmeno troppo recenti, hanno ormai dimostrato che i funghi (tutti i funghi, che costituiscono un Regno con una biodiversità maggiore dei Regni Animale e Vegetale) sono essenziali alla vita del bosco. Ci si è mai chiesto qual è l’impatto ambientale di una politica che identifica i funghi con i “porcini” solo ai fini di ottenere un immediato riscontro economico? Cosa propone il Parco in termini di ricerca scientifica sulla biodiversità micologica, sul ruolo che la simbiosi micorrizzica ha sulla salute del bosco? Non dovrebbe essere questo tipo di impegni (anche di investimento finanziario) a caratterizzare il ruolo e l’immagine di un Parco nazionale che abbia una visione ed un respiro che vada al di là di quel che può succedere l’anno prossimo? E se, come previsioni nemmeno troppo pessimistiche fanno purtroppo immaginare, la presenza di funghi nelle nostre zone, a causa dell’Effetto Serra e dei conseguenti periodi sempre più siccitosi, continuerà a diminuire (la nostra esperienza degli ultimi 5/10 anni a questo ci fa pensare) cosa si pensa di fare? (ricordiamo che la simbiosi micorrizzica ha un ruolo molto importante per difendere gli alberi dalla siccità).

Il comma 4 dell’Art. 3 della L. R. 6/96 recita: “Gli Enti competenti provvedono a programmare ed attuare interventi di valorizzazione del patrimonio boschivo finalizzati al mantenimento dell’equilibrio ecologico ed iniziative di educazione ambientale e micologica rivolte ai raccoglitori.” Da quel che ci risulta (dall’entrata in vigore della L.R. sono passati ben 21 anni) mai si sono destinati fondi (che sarebbero comunque una piccola parte delle entrate dalla vendita dei permessi) per adempiere all’obbligo di legge da parte degli Enti delegati.

Il comma 5 dell’Art. 3 della L. R. 6/96 recita: “Nell’esercizio delle funzioni delegate, gli Enti competenti assicurano la partecipazione delle espressioni della società civile. A tal fine promuovono, almeno una volta all’anno, in merito agli indirizzi ed ai programmi della loro attività, la consultazione delle organizzazioni sindacali e professionali maggiormente rappresentative e delle associazioni ambientalistiche, naturalistiche e micologiche che ne facciano richiesta”. Il Gruppo Micologico e Naturalistico “R. Franchi”, che nel territorio reggiano esprime la presenza dell’AMB (Associazione Micologica Bresadola, Associazione nazionale riconosciuta come Associazione APS), presente su tutto il territorio nazionale, da quanto ci risulta è stato consultato dalla Provincia di Reggio Emilia in alcune occasioni pur essendosi sempre dichiarato disponibile nell’eventualità che gli Enti delegati si decidessero, una volta tanto, ad adempiere al dettato legislativo.

Uno dei problemi (peraltro tipici della realtà italiana) è la cronica carenza della capacità di controllo del rispetto delle norme, in particolare di chi va per funghi. Ci risulta che a Ligonchio sia stato costituito un corpo di volontari (Guardie ecologiche?) che sarebbero in grado di rendere efficaci i controlli almeno nella “Zona di Eccellenza”. Chiediamo: che conoscenze micologiche hanno, in generale, tutti gli addetti alla vigilanza sulla raccolta Funghi (Vigili provinciali, Guardie Forestali, Guardie Ecologiche)? La questione non è peregrina perché la L.R. 6/96 dice esplicitamente (comma b, Art. 2) che si intende “per “raccolta”, quando non diversamente specificato, “la raccolta dei funghi epigei spontanei commestibili” e tale “interpretazione” è confermata da una circolare dell’Assessore all’Ambiente della Regione E.R. del luglio del 1996. Quindi la L.R. 6/96 non riguarda i funghi “non commestibili”. Peraltro, e questo aspetto è una forte criticità della L.R. 6/96 che dovrà essere corretta, nella L.R. non esiste nulla (che sia una definizione o una tabella) che consenta di capire, almeno in termini convenzionali, quali possano essere considerati funghi commestibili (anche perché non è ancora possibile stabilire la commestibilità di una specie fungina in laboratorio, essendo le conoscenze attuali al riguardo di natura esclusivamente empirica) la cui raccolta possa essere regolamentata. Esiste un allegato “Allegato 1” intitolato “Funghi spontanei” (si badi bene, non “Funghi spontanei commestibili”) che elenca una quarantina di voci tra Specie e gruppi di Specie. Tale Allegato viene citato nella L.R. tre volte: comma 1 dell’Art. 11 (Raccolta a fini economici); comma 1 e comma 5 dell’Art. 17 (Certificazione sanitaria) e l’aspetto interessante è che tra i “funghi” elencati ne esistono alcuni che non sono commestibili. D’altra parte esistono funghi ottimi commestibili che non figurano nell’Allegato1 per i quali, stando alla L.R. 6/96 non è prevista regolamentazione. Per fare solo un esempio tra i tanti possibili, cosa può succedere se un addetto alla Vigilanza (sempre che sia in grado di riconoscere la Specie) trova un raccoglitore senza permesso con un cesto pieno unicamente di funghi della Specie Boletus erytropus, ottimo fungo commestibile e frequentissimo nella “Zona di Eccellenza”, ma che non risulta nell’Allegato 1 della L.R. 6/96? Che cosa scriverebbe nell’ eventuale verbale di contravvenzione? Come si vede la questione che poniamo è alquanto complessa e non semplice e banale come potrebbe superficialmente apparire: questo succede quando le Istituzioni e gli Enti che legiferano e regolamentano (su una qualsiasi problematica) non hanno le competenze e le conoscenze adeguate. D’altra parte in montagna (e non solo in quella reggiana) per “fungo” si intende unicamente il “porcino”.

Inoltre, e non da ultimo per importanza, sarebbe molto interessante ed utile per la popolazione che nella nostra Provincia si trovassero i modi ed i fondi, in sinergia fra i vari Enti interessati (ASL ed Ispettorati Micologici in primis) per organizzare iniziative di prevenzione sanitaria rivolta alla popolazione tutta ed in particolare agli appassionati di funghi. Ogni anno capitano intossicazioni da funghi, più o meno gravi e talvolta anche mortali, con costi per la spesa pubblica che surclassano di gran lunga le entrate per la vendita dei permessi (per fare solo un esempio). Il Gruppo Micologico “R. Franchi” considera da sempre questa tematica come un suo impegno prioritario che ormai da più di quarant’anni realizza con l’organizzazione di attività didattiche nelle scuole (non sarebbe interessante svolgere queste attività nelle scuole della montagna?), nei Corsi di micologia, nelle numerose Mostre Micologiche che organizza in Provincia.
















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