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Unibo ricerca: nuova tecnica di neurostimolazione per potenziare le connessioni neurali

E se potessimo alterare le connessioni tra diverse aree cerebrali e migliorare così il funzionamento, ad esempio, del nostro sistema visivo? Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna ha messo a punto una nuova tecnica che, in modo non invasivo, permette di raggiungere questo risultato. Lo studio – pubblicato su Current Biology – descrive un protocollo di neurostimolazione in grado di modificare con una precisione senza precedenti le connessioni neurali responsabili dell’apprendimento di compiti specifici, lasciando inalterati i collegamenti limitrofi.

“Utilizzando questa nuova tecnica – racconta Alessio Avenanti, uno dei coordinatori dello studio – siamo stati in grado di ricalibrare per alcuni minuti il sistema visivo dei soggetti coinvolti, rendendoli capaci di percepire meglio una specifica direzione del movimento: abbiamo aumentato l’efficienza delle loro connessioni cerebrali agendo con la precisione di un bisturi, ma in modo non invasivo”.

 

Neuroni connessi

Il nostro cervello è composto da circa 100 miliardi di neuroni che, collegati tra loro da un enorme numero di connessioni, ci permettono di compiere tutte le attività che siamo in grado di eseguire, dalle più elementari alle più complesse.

Queste reti neurali non sono però fisse. Al contrario, è proprio la loro alta flessibilità che ci permette di apprendere nuovi compiti. Se si tratta di un compito complesso (ad esempio imparare a suonare uno strumento musicale), le reti neurali vengono sottoposte ad una modifica profonda; se invece si tratta di un compito più semplice (ad esempio l’esecuzione di un nuovo brano musicale con lo strumento che abbiamo già imparato a suonare), si attivano modifiche più rapide.

Casi di modifiche nelle connessioni tra neuroni si possono osservare in ogni contesto. Se consideriamo ad esempio le capacità necessarie per svolgere un determinato lavoro, possiamo notare che i controllori di volo sono particolarmente abili a monitore la presenza di oggetti in movimento, mentre i tassisti sono in grado di memorizzare con facilità le mappe stradali. Ma in che modo possiamo indagare e controllare questi cambiamenti delle connessioni neurali nel momento stesso in cui avvengono?

 

Stimolazioni magnetiche

I ricercatori sono partiti da una tecnica chiamata Stimolazione magnetica transcranica (TMS) che, grazie ad una bobina posizionata vicino alla testa, permette di creare un campo magnetico in grado di attivare specifiche aree cerebrali. La TMS è una tecnica non invasiva (non prevede operazioni chirurgiche o altre azioni dirette sui soggetti coinvolti) e per questo viene molto utilizzata, sia in campo di ricerca che in ambito clinico e riabilitativo. Presenta però un grosso limite: l’azione della bobina non è precisa e finisce per attivare un gran numero di neuroni, rendendo di fatto impossibile stimolare specifiche aree cerebrali in modo selettivo.

Per superare questo ostacolo, il gruppo di ricerca dell’Università di Bologna ha applicato alla TMS un modello che utilizza coppie di stimolazioni magnetiche per mimare la direzione e il tempo di comunicazione tra due aree cerebrali coinvolte in un determinato compito.

“Questo paradigma – spiega Vincenzo Romei, altro coordinatore dello studio – è conosciuto come Stimolazione associativa appaiata cortico-corticale (ccPAS). Lo avevamo già utilizzato in un esperimento precedente, riuscendo a dimostrare che è possibile migliorare la capacità di percezione visiva di stimoli in movimento, ma con effetti generalizzati a movimenti in qualsiasi direzione. Lo scopo ora era arrivare a migliorare la percezione di movimenti in una direzione specifica”.

 

L’esperimento

Il nuovo studio ha coinvolto 16 persone, tutte sottoposte a tre diversi esperimenti tramite Stimolazione associativa appaiata cortico-corticale. In particolare, la stimolazione è stata applicata su due aree del sistema visivo, una legata alla percezione del movimento e una dedicata più in generale alla percezione di stimoli.

“Per prima cosa – spiega Emilio Chiappini, dottorando dell’Università di Bologna e primo autore dello studio – abbiamo presentato ai soggetti coinvolti una serie di stimoli che si muovevano verso destra o verso sinistra, con l’obiettivo di preattivare gli specifici neuroni visivi collegati alla percezione del movimento in una singola direzione”. A questo punto, i ricercatori hanno attivato la tecnica di stimolazione magnetica sulle due aree cerebrali coinvolte. E i risultati sono stati positivi. “La stimolazione – conferma Emilio Chiappini – ha permesso di rafforzare le connessioni preattivate, migliorando così la capacità dei soggetti di percepire movimenti in una singola direzione”.

L’esperimento ha dimostrato che è possibile rafforzare la comunicazione tra sottogruppi di neuroni presenti in diverse aree del cervello e aumentare la capacità funzionale connessa a quelle aree. Una novità che può avere ricadute importanti in campo clinico e riabilitativo “L’applicazione di questa nuova tecnica – spiega infatti Vincenzo Romei – può essere allargata a contesti e funzioni diversi. In particolare, abbiamo intenzione di lavorare su casi legati all’invecchiamento e su alcuni disturbi neurologici”.

I protagonisti dello studio

Lo studio è stato realizzato dal Centro studi e ricerca in Neuroscienze Cognitive dell’Università di Bologna (Dipartimento di Psicologia – Campus di Cesena). I risultati sono stati pubblicati su Current Biology con il titolo “Strengthening functionally specific neural pathways with transcranial brain stimulation”. Gli autori sono Emilio Chiappini, Juha Silvanto, Paul B. Hibbard, Alessio Avenanti e Vincenzo Romei. Il lavoro del gruppo di ricerca è supportato da finanziamenti del Ministero della Salute e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.

 
















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