Crescono in Italia le famiglie in
affitto, soprattutto per effetto dell’immigrazione e dei ricongiungimenti familiari. Pur in assenza ancora di dati precisi, si stima una crescita del 4-5% negli ultimi cinque anni e il fenomeno acuisce il problema della casa e dell’ integrazione dei lavoratori stranieri che arrivano in Italia.
E’ a questi nuovi soggetti che il sindacato degli inquilini Sunia e Ancab Legacoop (Associazione nazionale cooperative di abitanti) hanno deciso di dedicare un’indagine nazionale, svolta dalla People SWG e che sara’ presentata domani in un convegno a Modena, per sapere dove abitano, come vivono e a chi si rivolgono per affrontare il problema abitativo, ma anche se hanno fiducia nei soggetti istituzionali e se conoscono il sindacato degli inquilini.
Il campione, di mille immigrati distribuiti tra Nord Ovest, Nord Est, Centro e Sud-Isole, e’ rappresentativo della loro presenza in Italia: i piu’ numerosi sono gli africani, soprattutto delle aree del nord, seguiti dagli immigrati dell’ Est europeo e via via fino agli immigrati delle Americhe. Sono in prevalenza musulmani (41%), cercano lavoro in Italia per aiutare la famiglia di origine e per la mancanza di opportunita’ nel proprio paese, ma anche per ricongiungersi ai familiari da tempo giunti in Italia. Nell’ultimo anno gli immigrati provengono soprattutto dall’Est europeo e dall’Africa subsahariana. Mediamente restano tre anni, un tempo appena sufficiente per padroneggiare la lingua parlata e scritta. Hanno una scolarita’ piu’ alta quelli che vivono nel Nordest e Centro, dove lavorano soprattutto nell’industria, come operai, e nell’ edilizia. Il 63% delle donne immigrate lavora nei servizi.
Il 71% degli immigrati vive in un piccolo appartamento in affitto con 3-5 persone, tanto da poter parlare di condizioni di sovraffollamento; il 52% coabita con altri, mentre il 33% vive con la propria famiglia. La situazione e’ leggermente migliore nel Nordest, dove gli indici di sovraffollamento ed estremo sovraffollamento riguardano il 61%. Nel 37% dei casi non c’e’ un contratto scritto di locazione, con punte massime (59%) nel Sud- Isole, pur pagando canoni mensili superiori alle 500.000, che salgono a 900.000 lire di media al Centro e al Nord. Solo l’8% e’ in regime di equo canone e il 9% con patti in deroga; il canone agevolato e’ inferiore all’1% del totale degli affittuari. Uno su tre trova casa in affitto grazie alla rete di conoscenze, e solo il 15% attraverso un’ agenzia. Caritas e servizi sociali rispondono ad un segmento assai contenuto, rispettivamente 5% e 3% degli intervistati. Il 71% vive in condominio (80% nel Nord Ovest); percentuali apprezzabili in altre due formule: la casa indipendente (12%, prevale nel Centro) e la stanza singola (11%, prevale nel Nord Est).
Il 63% denuncia difficolta’ abitative. E se la difficolta’ a trovare l’ alloggio e’ denunciata dal 28% del campione, affitti troppo cari, mancanza di spazio, paura dello sfratto e mancanza di un contratto scritto sono tra i dati piu’ evidenti emersi dalla ricerca. Disagi anche per la precarieta’ degli stabili e degli appartamenti, e per le condizioni igienico-sanitarie. L’ altra faccia della medaglia e’ che il 67% non si e’ rivolto a nessuno per risolvere le proprie difficolta’. Caritas e associazioni di volontariato raccolgono i giudizi piu’ favorevoli, assieme alle chiese e ai luoghi di culto. Il 7% si e’ rivolto a un sindacato (per lo piu’ immigrati residenti da oltre tre anni e per questioni relative al lavoro). Solo una parte marginale ha contattato i sindacati degli inquilini. Le cause principali – secondo la ricerca – sono da imputare al fatto che il sindacato non e’ ancora sufficientemente conosciuto anche se l’adesione viene percepita come vantaggiosa.
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