Franco Stefani (Presidente Acimac), descrive il quadro economico del settore.
Prevista per il 2002 una contrazione delle vendite.
Se per l’anno in corso l’industria italiana delle macchine per ceramica può tracciare un primo quadro di massima – purtroppo negativo – relativamente all’andamento delle vendite, per il 2003 gli imprenditori guardano a Tecnargilla da cui si ricaveranno le indicazioni sui progetti di investimento in tecnologia delle aziende ceramiche italiane e straniere, attese numerose in fiera.
Franco Stefani, presidente di Acimac per il quadriennio 2000-2004, descrive il quadro economico del settore e le aspettative per il prossimo futuro.
– Presidente Stefani, conferma la sensazione diffusa nel settore di un ulteriore rallentamento dei mercati nel 2002?
Franco Stefani: “Purtroppo sì. La sostanziale tenuta del giro d’affari del 2001, pari a 1.523 milioni di euro, ha semplicemente posticipato di un anno la contrazione, tanto che le nostre stime per il 2002 indicano un nuovo calo nell’ordine dell’8-10% rispetto al 2001. Tuttavia, le maggiori preoccupazioni derivano non tanto dai valori assoluti di fatturato, quanto piuttosto dallo scenario generale del settore e dall’incertezza del quadro economico mondiale che influisce pesantemente sul comparto”.
– Sono quindi a rischio le esportazioni?
Franco Stefani: “Non solo. Anche la situazione sul mercato italiano non è brillante e, considerato che l’Italia rappresenta un terzo del fatturato totale di settore, è facile comprendere la nostra preoccupazione. All’estero, poi, alcuni mercati strategici, come la Spagna e il Brasile, stanno rallentando il ritmo di investimenti. E’ vero che vediamo segnali di ripresa o di proseguimento di trend di crescita in altre aree – Est Europa, Medio Oriente e soprattutto Far East – ma, per quanto positivi, i volumi in gioco non sono ancora sufficienti per compensare il calo su mercati di maggiori dimensioni”.
– Quali le cause, a Suo avviso, dei minori investimenti proprio nei maggiori paesi produttori di ceramica, se escludiamo la Cina?
Franco Stefani: “Italia e Spagna non esprimeranno nel prossimo futuro forti incrementi produttivi, né, di conseguenza, ingenti investimenti in tecnologia per ampliare le linee. Non dimentichiamo che i nostri clienti, i produttori di piastrelle e, più in generale, di ceramica per l’edilizia, stanno a loro volta risentendo della crisi delle costruzioni soprattutto in Europa. La concorrenza con i “nuovi” paesi produttori di piastrelle – si pensi al Far East, alla Turchia, al Brasile, ma anche alla Cina che sta arrivando solo ora – comincia a farsi pressante su molti mercati di esportazione”.
– Che strategie ritiene più utili per superare questa fase dell’industria italiana delle macchine per ceramica?
Franco Stefani: “L’unica strada a mio avviso percorribile è quella di un nostro fortissimo impegno nell’innovazione tecnologica. Dobbiamo essere capaci, oggi ancora di più che in passato, di proporre al mercato beni strumentali sempre più altamente tecnologici, suggerendo addirittura nuove forme di utilizzo del prodotto ceramico; dobbiamo sollecitare i produttori di ceramica con soluzioni nuove, sia di processo che di prodotto, anticipando, come è già accaduto in passato, esigenze o desideri”.
– Ritiene che il settore sia pronto per questo rinnovato impegno?
Franco Stefani: “Il nostro settore si è sempre distinto proprio per la capacità di innovare sia le tecnologie di produzione che il prodotto ceramico stesso. Esistono quindi sia le conoscenze che la volontà: quest’anno, ad esempio, ho notato uno sforzo senza precedenti da parte di tutte le aziende del settore proprio per presentare a Tecnargilla la migliore offerta tecnologica possibile, e sono certo che il mercato non resterà deluso.
Quello di cui il settore ha ancora bisogno è invece un rafforzamento strutturale, da perseguire attraverso nuovi processi di aggregazione e concentrazione industriale – peraltro già in atto da alcuni anni -, finalizzati ad aumentare la “massa critica” delle imprese, ancora troppo piccole e mediamente sottocapitalizzate per sviluppare un lavoro così complesso, sia nel campo della ricerca che per quanto riguarda il presidio dei mercati più lontani”.
– Da quali paesi si attende la maggiore affluenza di visitatori a Tecnargilla?
Franco Stefani: “So che dal Brasile stanno giungendo a Rimini praticamente tutti i produttori di piastrelle, affezionati frequentatori della rassegna, così come sono convinto peraltro che l’internazionalità dell’affluenza a Tecnargilla non verrà meno, dato che Rimini è una meta obbligata per chiunque produca ceramica nel mondo. Sono certo però che tra i padiglioni riminesi vedremo quest’anno, finalmente, il ritorno in massa dei clienti dell’Estremo Oriente. Parlo di felice ritorno perché fino alla metà degli anni ’90 L’Estremo Oriente era stato uno dei nostri primi mercati di esportazione: nel 1996 fu addirittura il nostro maggiore mercato estero. La grave crisi economica della fine anni ’90 ha fermato l’industria locale fino a due anni fa quando l’economia ha cominciato a riprendersi. Oggi, paesi come Vietnam, Indonesia, Malaysia, Corea, stanno esprimendo una elevatissima domanda di tecnologia italiana per ceramica, tanto che l’anno scorso il valore delle nostre vendite in questa area geografica è stato secondo solo a quello registrato in Europa”.
– Possiamo parlare di ripresa in arrivo per il 2003?
Franco Stefani: “Il fatto che con l’anno prossimo il mercato possa riprendere fiducia è, ad oggi, un auspicio, più che una previsione tecnica”.