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Contro tumori prostata tanta frutta e verdura

Non si conoscono ancora le cause che
portano al tumore prostatico, una delle neoplasie più frequenti
nell’uomo dopo i 50 anni, ma sono state identificate alcune
potenziali concause: la predisposizione genetica, la
familiarità, l’influenza degli ormoni sessuali maschili, la
correlazione con l’alimentazione.

Ad esempio, una dieta ricca
di grassi animali sembrerebbe aumentare il rischio di insorgenza
della malattia, mentre le diete ricche di frutta, verdura,
pomodori, soia ricoprirebbero un ruolo protettivo.
E’ una delle conferme sulla patologia che e’ prima nel mondo
per l’incidenza sul maschio di cui si parla nel congresso della
Societa’ Italiana di Urologia Oncologica (Siuro), presieduta dal
prof. Giuseppe Martorana, clinico urologo di Bologna, che si e’
aperto oggi ad Ancona con la partecipazione di 800 clinici e
studiosi. Nonostante i progresi compiuti dalla scienza il tumore
alla prostata rappresenta tuttora uno dei problemi piu’
preoccupanti della medicina: in Italia si stimano circa 40.000
nuovi casi all’ anno. Inoltre, dopo il tumore del polmone, la
neplasia prostatica rappresenta la seconda fra le cause di
morte.

La Siuro e’ una societa’ scientifica nata nel 1990 e la sua
caratteristica e’ quella di avere un’ adesione multidisciplinare
in quanto raduna urologi, oncologi, radioterapisti, radiologi,
patologi, biologi, psicologi, epidemiologi che si occupano tutto
dell’ urologia oncologica. Al congresso, presieduto dal prof.
Giovanni Muzzonigro, clinico urologo di Ancona, partecipano
tutte le maggiori societa’ scientifiche che, sia in Italia sia
all’ estero, si occupano del tumore alla prostata. I lavori, che
si chiuderanno l’ 11 novembre, si occupano anche di diagnostica
e nuove metodiche, oltre che di prevenzione, terapia e qualita’
di vita dei pazienti.

Per quello che riguarda la diagnosi si prospetta per il
futuro la possibilita’ di definire nuovi e piu’ specifici
marcatori tumorali da utilizzarsi per la diagnosi, per il
monitoraggio delle cure e per la definizione prognostica della
malattia, con riflessi di rilievo anche sull’ orientamento
terapeutico. La pratica routinaria contempla oggi l’ esame
obiettivo mediante esplorazione digito-rettale, il dosaggio del
marker specifico PSA e l’ecografia transrettale (che consente
di rilevare una alterazione sospetta in base alla quale eseguire
una biopsia prostatica, per poter arrivare, con l’ esame
istologico, ad una diagnosi certa di carcinoma prostatico).

Ma oltre all’indagine di routine, esistono oggi una serie di
indagini strumentali importanti per identificare la presenza del
tumore prostatico, come ad esempio: la risonanza magnetica
nucleare con analisi spettroscopica mediante bobina endorettale
della prostata, una metodica da poco avviata che permette di
distinguere il segnale spettroscopico emesso dal tessuto
prostatico normale da quello maligno. E ancora c’ e’ la
tomografia ad emissione di positroni (Tc-Pet): un’ indagine in
fase iniziale, ma che ha gia’ dato risultati incoraggianti non
soltanto nella diagnosi del tumore prostatico, ma anche per
valutare la ripresa della malattia in pazienti sottoposti ad
intervento chirurgico o trattamento radioterapico.
Infine, c’è il metal detector, una sonda esterna in fase di
valutazione clinica che dovrebbe rilevare la presenza di un
eventuale carcinoma prostatico sulla base di differenti campi
elettrici tra tessuto maligno e tessuto sano.

















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