Le cronache delle ultime settimane consegnano a tutta la società regionale, e non solo ai sindacati, un “bollettino di guerra” nel settore delle costruzioni: tre morti a Bologna, dei quali due giovani rumeni non assunti regolarmente in due cantieri senza le necessarie misure di prevenzione; il terzo un cinquantaseienne italiano. Ma dall’inizio dell’anno i morti nei cantieri dell’Emilia Romagna sono in aumento.
Le notizie riportate dai sindacati territoriali parlano di 13 casi mortali: 6 a Bologna, 3 a Rimini, 1 a Ferrara, 2 a Modena, 1 a Reggio Emilia.
“Purtroppo il quadro non sarà esaustivo: aspettiamo i dati INAIL che comprendono anche gli incidenti “in itinere”, quelli che avvengono cioè durante il viaggio per raggiungere il cantiere, che ci risultano in crescita. Comunque le statistiche dicono che per ogni giorno di lavoro, in Italia, un addetto del settore delle costruzioni non fa ritorno a casa: una realtà intollerabile.”
Valentino Minarelli, segretario generale Fillea Cgil regionale, alza il tono della denuncia sui temi della sicurezza del lavoro nel settore costruzioni dell’Emilia Romagna, che sono stati questa mattina al centro di una conferenza stampa.
Il settore edile in regione occupa 140.000 lavoratori e lavoratrici. Dopo anni di crescita, nel corso del 2006 si registra una leggera inversione di tendenza. Con la chiusura dei cantieri dell’alta velocità BO-MI e BO-FI si sono persi 1.500 posti di lavoro, dei quali 770 solo a Bologna (CAVET), altri in particolare a Piacenza e Reggio Emilia.
“Nonostante le promesse del precedente governo in materia di grandi opere – ha spiegato Minarelli -, oggi si incontrano gravi difficoltà ad aprire nuovi cantieri; gli unici cantieri a pieno regime sono quelli della variante di valico. Pesano le condizioni finanziarie di ANAS e delle FS e non ci sono le condizioni di re-impiego dei 1500 lavoratori cosiddetti esuberi. Proprio in questi giorni abbiamo chiesto un incontro al ministero del lavoro”.
Nel territorio regionale esistono sacche diffuse di lavoro irregolare e insicuro. Il 2 ottobre era il primo giorno di attuazione del decreto Bersani, che prevede diverse norme per la lotta al lavoro nero, tra le quali l’obbligo di esporre in tutti i cantieri un cartellino di riconoscimento del personale dipendente, artigiano, libero professionista che vi opera.
“Da quel giorno ogni committente, appaltatore, datore di lavoro, lavoratore, ha una opportunità in più – ha sottolineato Minarelli – per garantire che tutti gli addetti in cantiere siano identificabili consentendo le regolari attività in sicurezza. Purtroppo girando nei cantieri della regione per monitorare l’applicazione del decreto Bersani si può vedere con chiarezza lo stato dell’arte: pochi i cartellini che attestano la regolarità contributiva e sono rilasciati dalle Casse Edili, gli enti bilaterali che certificano la regolarità della contribuzione e quindi del rapporto di lavoro; molti invece presentano documenti la cui efficacia è discutibile per mancanza di foto oppure per l’uso di foto intercambiabili. Dunque c’è tanto da fare per gli ispettori del lavoro”.
Eppure le organizzazioni sindacali degli edili in modo unitario e la Direzione regionale del lavoro avevano invitato le associazioni imprenditoriali della regione ad attivarsi per tempo, mettendo a disposizione delle imprese regolari le Casse Edili che sono appunto i soggetti di controllo della
regolarità dei rapporti di lavoro, per introdurre un “valore aggiunto” al cartellino, la regolarità contributiva di chi lo indossa, come estensione della normativa del decreto Bersani. L’invito è stato raccolto dalle associazioni imprenditoriali di Modena, Bologna, Parma e Piacenza; il resto della regione è in notevole ritardo, oppure sottovaluta l’innovazione della identificazione come tassello nella lotta al lavoro nero e irregolare.
Ma secondo Minarelli “il cartellino di identificazione non può diventare “una nuova procedura burocratica”, bensì deve rappresentare uno stimolo per gli operatori del settore, in particolare per eliminare la “schiavitù” del lavoro irregolare nei subappalti”.
Come risponde il sindacato a questa situazione?
Con la denuncia, la mobilitazione, la contrattazione e proposte precise in merito ad appalti, subappalti, nuove regole per l’attivazione dell’impresa artigiana. Nell’ambito della campagna nazionale della Cgil “il rosso contro il nero”, la Fillea ha già realizzato iniziative di mobilitazione in primavera a Rimini e Modena, mentre a Bologna l’appuntamento è per il 23 ottobre. Intanto è in pieno svolgimento la stagione di rinnovo dei contratti provinciali del settore, dove regolarità e sicurezza sono al centro delle richieste di Fillea, Filca e Feneal e degli accordi già raggiunti in 7 province su 10.
La Fillea inoltre propone come priorità una modifica della legge Bossi-Fini per aiutare gli immigrati clandestini che denunciano irregolarità e caporalato, concedendo loro il permesso di soggiorno per lavorare in regola. Riguardo agli appalti, è necessario che venga superata la logica del massimo ribasso definendo nuove regole per i bandi di gara, per premiare le imprese che non hanno trascorsi di contenzioso in materia di sicurezza e regolarità, che limitano il subappalto alle vere attività specialistiche, che predispongono servizi adeguati per il personale.
Bisogna mettere mano anche alle norme sulla responsabilità dell’appaltatore che ospita nel proprio cantiere imprese di subappalto che utilizzano lavoratori in nero. In questo ambito è decisivo che riprenda il percorso della legge regionale degli appalti e che vengano applicati gli accordi raggiunti con diversi comuni e province a tutela di un lavoro di qualità.
Infine, secondo Minarelli, “risulta sempre più macroscopica e incomprensibile la contraddizione che permette di diventare titolari di impresa artigiana senza alcuna preparazione alle spalle, senza alcun mezzo – basta infatti qualche euro, il codice fiscale e un po’ di lavoro -, mentre ci vogliono 5 anni di apprendistato per fare un carpentiere. La normativa legislativa nazionale e regionale deve cambiare, vanno definiti i requisiti professionali, i mezzi a disposizione, la regolarità della conduzione aziendale, per avviare e continuare a svolgere una attività imprenditoriale seria, che non si limita, come spesso avviene, a mascherare nuovi caporali”.