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La voce delle donne africane e Modena

Il futuro dell’Africa è donna: sosteniamo il protocollo di Maputo” è il titolo del incontro che Comune, Provincia di Modena e Regione Emilia Romagna organizzano, in collaborazione con l’associazione Dawa, domani, giovedì 8 febbraio.

All’iniziativa, che si tiene dalle ore 15 nella Sala del Consiglio provinciale (viale Martiri 34), parteciperanno il sindaco Giorgio Pighi, il presidente della Provincia Emilio Sabattini, l’assessora alle Pari Opportunità della Regione Paola Manzini. Sarà inoltre presente la Ministra per la promozione della donna e del bambino del Niger Ousmane Zeinabou Moulaye e un rappresentante del Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il programma del pomeriggio prevede interventi di rappresentanti di diverse associazioni femminili: Kindi Taila dell’Associazione Dawa, Laila Abi dell’Associazione Nosotras, Carla Raimondi della Casa delle Donne contro la violenza e Rosanna Galli dell’Unione Donne Italiane. Nel corso dell’incontro sarà presentato il Protocollo di Maputo, a sostegno dei diritti delle donne africane.

Quella modenese è la terza tappa del viaggio in Italia della ministra Ousmane Zeinabou Moulaye che oggi è a Roma in occasione della Giornata mondiale per la eliminazione delle mutilazioni genitali femminili e domani sarà a Firenze per promuovere i diritti delle donne attraverso il Protocollo di Maputo. Il Protocollo rappresenta la carta dei diritti delle donne africane e tocca una vasta gamma di diritti: alla vita, alla salute, all’istruzione e alla formazione, all’integrità fisica e alla dignità sociale. Esso inoltre riconosce il ruolo delle donne nella costruzione di un percorso di pace, ma ancora non è stato ratificato da diversi paesi africani. Si ricordi, inoltre che il 2007 è stato riconosciuto quale anno internazionale per le pari opportunità.
L’iniziativa modenese, come il resto del viaggio in Italia della ministra, vuole essere quindi un momento importante di sensibilizzazione, ma anche di riflessione sulle possibilità che le Istituzioni locali hanno nel sostenere le attività a tutela dei diritti delle donne e delle bambine. Sarà l’occasione per mettere a fuoco, in particolare, alcuni problemi – quali le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni combinati per le adolescenti – che investono, non solo l’Africa, ma anche i paesi dove è più forte la presenza di donne africane per il fenomeno migratorio.

I dati. Nella città di Modena su oltre 8.600 straniere, circa 3.000 sono africane, un terzo di loro provengono dal Marocco (esattamente 1.028), 724 dal Ghana, 416 dalla Nigeria, 333 dalla Tunisia; gli altri paesi africani sono numericamente meno rappresentati (dati del Servizio Statistica del Comune aggiornati al 4/05/06).

Le africane residenti nell’intera provincia sono invece 9.700, di cui 5.140 vengono dal Marocco, 1.563 dal Ghana, 1.535 dalla Tunisia, 727 dalla Nigeria (dati del Servizio Statistico della Provincia aggiornati al 31/12/05). Numeri di tutta rilevanza quindi, anche rispetto alle presenze maschili (4.517 sono gli africani uomini residenti a Modena, 15.127 nell’intera provincia), eppure l’immigrazione femminile, tradizionalmente legata al ricongiungimento familiare, è rimasta per anni un fenomeno socialmente invisibile e quindi poco indagato.
La ricerca. Una ricerca condotta dal Comune di Modena nel 2004 (“Città Cittadinanza. Il punto di vista dei cittadini stranieri”) fa luce su alcuni aspetti della presenza di donne africane in città. Alla domanda perché è venuta a Modena, le donne immigrate dall’Africa rispondono: per lavoro il 70,8%, per studiare l’8,3%; per stare con la mia famiglia il 16,7%. In particolare, sono le donne che provengono dai paesi del Maghreb ad essere venute per ricongiungersi alla famiglia: lo sostiene il 72,7%, contro il 22,7% giunte per trovare lavoro. Sono sempre le donne che vengono da quest’area geografica (Africa settentrionale) a sentirsi meglio inserite e partecipi alla vita della città (60, 2%) contro una minoranza (18%) che si sente esclusa e distante. Il rapporto si inverte nelle donne provenienti dagli altri stati africani: il 62,5 % si sentono escluse, il 21 % inserite e partecipi.

















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