Paolo Bellini, 54 anni, che otto anni fa si autoaccusò di aver ucciso il militante di Lotta Continua Alceste Campanile, ‘giustiziato’ in un campo con due colpi di pistola calibro 7.65, uno al cuore e uno alla nuca la sera del 12 giugno 1975 a Montecchio, nel reggiano, è stato ritenuto credibile dal gup Riccardo Nerucci, che però ha dichiarato il reato prescritto.
Il processo, si è svolto a porte chiuse a Reggio Emilia. Il gup, dimostrando di credere a Bellini, accusato di omicidio volontario aggravato, lo ha ritenuto colpevole dell’assassinio, ma non ha ritenuto di procedere avendo applicato la prescrizione, ritenendo le attenuanti della confessione prevalenti sull’aggravante della premeditazione. Il pm Italo Materia ha annunciato il ricorso in appello. Bellini, nella precedente udienza aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato.
Secondo il racconto di Bellini, il delitto sarebbe maturato in ambito politico, perché ambienti di destra avrebbero deciso di eliminare Campanile (che quando venne assassinato aveva 22 anni) perché il giovane era passato dalla destra della Giovane Italia all’estrema sinistra di Lotta Continua.