Nella provincia di Modena, e non siamo certo fanalino di coda, il 33% delle pensioni erogate dall’Inps (una su tre!) sta al di sotto dei 500 euro al mese. Se alziamo la soglia ai 1.000 euro al mese, ben il 73% delle pensioni modenesi vi sta dentro (quasi tre su quattro!). Il calcolo ricomprende l’insieme delle pensioni erogate in provincia: vecchiaia, anzianità, invalidità e reversibilità ai superstiti.
L’attuale e persistente impennata dei prezzi registra, a differenza degli anni ‘90, una preoccupante diversità: si concentra di più su alimentari ed energia.
Cioè il pane e il companatico di tutti i giorni e le bollette di tutti i tipi.
Appare evidente, e a parole tutti lo riconoscono, che i più esposti all’impoverimento sono perciò i pensionati.
Il primo intervento ottenuto sulle pensioni basse con l’Accordo del luglio scorso ed il bonus per gli “incapienti”, sono solo due primi passi di un
percorso che aveva bisogno di ben altri e consistenti interventi; percorso che si è interrotto con lo scioglimento delle Camere.
D’altra parte, crescono le entrate fiscali grazie alla lotta all’evasione (extragettito) ed i Sindacati dei pensionati avevano chiesto unitariamente
che il Parlamento adottasse un provvedimento urgente e condiviso (bipartisan) per restituire subito un sostegno ai redditi fissi più bassi
da lavoro e da pensione.
Noi si capisce perché, ma le tattiche elettorali hanno impedito alla attuale opposizione di condividere un’esigenza sacrosanta, sostenuta da
tutti i pensionati di centro, di destra e di sinistra.
Immediatamente, col futuro governo, torneremo alla carica per ottenere il giusto e il dovuto: copertura e recupero del potere di acquisto di tutte le pensioni; alleggerimento del prelievo fiscale nazionale e locale (addizionali); lotta alla evasione fiscale, ma anche alle speculazioni sui prezzi; contenimento delle tariffe sui servizi.
Col prossimo governo che si insedierà, qualunque esso sia , torneremo alla carica sugli stessi punti.
Alle amministrazioni locali chiediamo di intervenire decisamente sia sul versante delle tariffe dei servizi, sia sul controllo dei prezzi al consumo, per monitorare e fare luce sui punti critici della troppo lunga filiera che separa la produzione dal consumo, a partire dai beni di prima necessità.
Sulle bollette per i servizi locali va, finalmente, introdotta una “fascia sociale” di esenzione (anche parziale) dettata da criteri trasparenti ed
equi che salvaguardino i redditi da pensione medio bassi.
Sul contenimento dei prezzi, gli enti locali pur non avendo poteri diretti di intervento, possono però fare molto coinvolgendo i sindacati, le
associazioni dei consumatori e degli operatori del commercio.
E per i prodotti di consumo primario, si possono promuovere “panieri” a prezzi convenienti, concordati e/o bloccati per periodi di tempo da concordare con le associazioni; si possono promuovere “mercati riservati alla vendita diretta”; incentivare “gruppi di acquisto solidale”; ecc…
Importante è poter agire presto e su una serie di interventi generali o specifici, nazionali e locali.
L’obbiettivo deve essere chiaro e prioritario: ridare ossigeno al potere di acquisto delle pensioni e scoraggiare le scorciatoie speculative sui prezzi che arricchiscono pochi e spremono di più.
(Franco Zavatti, segretario provinciale Spi/Cgil Modena)