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Scuola ai minimi termini: Uisp, educazione motoria alle corde

Si è aperto un anno scolastico cupo, per la scuola pubblica e per l’educazione motoria. L’Uisp esprime tutta la sua preoccupazione per il decreto legge presentato dal ministro della Pubblica istruzione, Mariastella Gelmini, e approvato dal governo.

Il provvedimento è grave per tre motivi: il declino della qualità dell’offerta didattica della scuola pubblica italiana, i problemi di tipo organizzativo che ricadranno sulle famiglie, la probabile discriminazione che subirà l’educazione motoria.

Primo: questa riforma avrà conseguenze sul medio e lungo periodo. L’insegnante unico poteva andare bene nella scuola di una volta, quando riusciva a garantire un livello minimo di conoscenze in un Paese come il nostro che a fatica usciva dall’analfabetismo. Oggi c’è una richiesta di conoscenze e competenze molto più specifiche anche a partire dall’infanzia.
L’introduzione dell’insegnante unico compromette fortemente una moderna offerta didattica.

Secondo: le famiglie sono preoccupate per il taglio del tempo scolastico, non solo per la parte didattica ma anche per ragioni di ordine pratico e organizzativo. In Francia, ad esempio, è entrata quest’anno a regime in molte scuole una sperimentazione avviata anni addietro: scuola a tempo pieno per quattro giorni, il mercoledì libero per attività gestite dall’associazionismo ricreativo e sportivo. Sempre la Francia, nel diminuire i giorni di scuola, ha però aumentato le ore di educazione motoria nella scuola primaria, portandole da tre a quattro. Quindi ha fornito un’aggiunta di educazione motoria che in Italia rischia la soppressione in continuità con i tentativi già effettuati dal Ministro Moratti.

Terzo: le educazioni considerate non primarie verranno inevitabilmente accantonate, a partire, ad esempio, da educazione motoria, musicale e lingue. Se ci saranno dei tagli alle ore, di conseguenza verranno tagliate in primo luogo queste discipline.
Infine il problema più grosso in termini di cattedre tagliate riguarda i precari: si rischia una precarizzazione permanente, il mancato ricambio generazionale degli insegnanti e un invecchiamento complessivo della classe docente.

(Uisp Nazionale)

















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