La denuncia è di Claudio Argilli segretario del sindacato lavoratori atipici NIdiL/Cgil che due giorni fa ha scritto alla Direzione provinciale del Lavoro e al presidente e ai membri della Commissione di Conciliazione, sul grande danno arrecato dalla riforma del processo del lavoro voluta dal ministro Sacconi (DDL 1167-B) ai poteri della Commissione stessa.
“Non solo il DDL lavoro sferra un grave attacco all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori – spiega Argilli nella sua nota – tentando di aggirarlo ed impedire ai lavoratori il ricorso al giudice in caso di licenziamenti, ma di fatto svuota totalmente di competenze uno dei pochi strumenti – la Commissione di Conciliazione appunto – che negli ultimi vent’anni aveva dato buoni risultati nel dirimere le controversie tra le parti”.
“Dal 1993, anno in cui come sindacalista ho cominciato a farne parte – spiega Argilli – la Commissione è passata, man mano, da 2 riunioni la settimana con circa 4/5 vertenze al giorno, a doversi riunire tutti i giorni (in particolare dal 1998 quando è diventata obbligatoria) con almeno 10 vertenze al giorno da dirimere, in quanto strumento ritenuto efficace da entrambe le parti”.
Pur non avendo nessun tipo di potere decisionale effettivo, la Commissione di Conciliazione ha svolto in questi anni – commenta ancora Argilli – un’importante ruolo di filtro in sostituzione della causa innanzi al giudice del lavoro, sicuramente più onerosa per i lavoratori. Ovviamente se non si giungeva ad una mediazione, era sempre possibile il ricorso davanti al giudice, a differenza dell’arbitrato previsto nel DDL Lavoro”.
Senza che fosse previsto nessun gettone di presenza per i membri, e come già detto, senza nessun potere impositivo, se non quello della discussione serrata e competente tra le parti, la Commissione Provinciale di Modena ha raggiunto percentuali di conciliazione pari all’80% in epoca in cui il tentativo non era obbligatorio, per scendere tra il 30/40% da quando il tentativo è diventato condizione di procedibilità per adire il giudice. Il DDL Lavoro invece non prevede più l’obbligo di conciliazione restringendo fortemente i tempi per la presentazione del ricorso in Tribunale (se il provvedimento del datore di lavoro non sarà contestato entro il termine strettissimo di 60 giorni, e non più 5 anni, il diritto del lavoratore sarà carta straccia).
Il segretario di NidiL/Cgil riconosce che molto merito per come ha funzionato la Commissione di conciliazione va alle capacità e alle competenze dei membri e dei presidenti che si sono succeduti negli anni, nonché alla stessa volontà del dirigente della Direzione provinciale del Lavoro dr. Massi che ha saputo investire in questo strumento “facendola diventare un esempio anche per altre realtà territoriali”.
“Ora di fatto questo strumento non esiste più – aggiunge Argilli – è stato soppresso uno strumento così importante e gratuito per i lavoratori, creandone uno più artificioso e costoso”. “E’ chiaro il tentativo – prosegue ancora Argilli – di abbassare la vertenzialità creando un impedimento alla sua effettuazione, invece che dirimerla sulla base delle leggi e dei contratti collettivi vigenti, magari ampliando i poteri e gli strumenti delle commissioni di conciliazione già rodate e sopratutto funzionanti come quella di Modena”.