“Il luogo – scriveva il filosofo Heidegger – è quel punto di convergenza, di riunione e di raccoglimento in cui, come nella punta acuminata di una lancia, in virtù di una irresistibile attrazione, lo spazio si concentra”. Le nostre città sono ancora un luogo? E le nostre case? È pensabile immaginare un futuro per l’edilizia senza tenere conto dei grandi cambiamenti culturali, economici, sociali e – infine – ambientali che hanno caratterizzato questo primo decennio del XXI secolo?
Domande “esistenziali”, come la corrente di pensiero del grande filosofo tedesco, eppure estremamente concrete, che trovano realizzazione nei dettagli, nel progetto di un’abitazione, nella pianificazione urbanistica, nei sistemi per l’efficienza energetica. Anche una “semplice” piastrella può dirci molto su luoghi e non luoghi, dalla quantità di creatività e design incorporati in essa alle “prestazioni” in termini di sostenibilità ambientale realizzabili grazie a un suo ampio utilizzo in architettura.
Questo il presupposto del ciclo di convegni e seminari “Costruire, abitare, pensare”, che va in scena a Cersaie dal 28 settembre al 2 ottobre. Possibili risposte, punti di vista inediti, “visioni” sul presente e sul futuro dell’edilizia – e della ceramica in edilizia – sono affidate a protagonisti di fama mondiale, nella scienza dell’architettura e non solo. Tre, in sostanza, i filoni degli incontri, a cominciare dall’ultimo, grande interrogativo a cui tutti gli operatori del settore sono chiamati a dare una risposta: si chiama “ambiente”, e si traduce “edilizia sostenibile”. Prende le mosse da questo concetto l’insieme di incontri in materia di sostenibilità ambientale, con focus – affidati ad esperti ed accademici – sulle proprietà intrinseche della piastrella ceramica e sul suo potenziale contributo in termini di prestazioni ambientali dell’intero edificio. Quindi un approfondimento sul ruolo di ricerca e innovazione per rendere competitiva la sostenibilità, ma anche viceversa, cioè considerando la sostenibilità ambientale come un fattore decisivo rispetto all’incremento di competitività.
Da case, alberghi ed edifici sostenibili si passa quindi al secondo filone che anima la kermesse bolognese, cioè il ruolo dell’edificio e degli elementi che lo compongono nella società odierna. Una società profondamente cambiata rispetto a pochi anni fa: quale modo migliore di approfondire questi mutamenti se non partire dagli stili di vita, dalle nuove modalità di fruizione del tempo libero? È qui che si situa il focus sul futuro dell’accoglienza turistica e, per analogia, dell’offerta ricettiva – fatta di edifici, ma anche di un territorio in cui questi edifici si situano – per passare poi a un’analisi degli spazi urbani, di quelli ultra-moderni che il filosofo Augè aveva accusato di essere nient’altro che non-luoghi, come i centri commerciali, e che oggi, al contrario, sono sempre meno un luogo dove fare soltanto la spesa e sempre più una nuova “piazza”, un micro-cosmo in cui soddisfare anche – se non soprattutto – le esigenze complementari.
Luoghi urbani, luoghi domestici. Se cambia la città, e il modo di pensarla, viverla, costruirla, molto probabilmente cambieranno anche le nostre case. Una nuova modalità di abitare – per la verità già “di moda” in molte aree del Nord Europa – che si chiama “social housing”, ridefinendo alla radice il concetto di privato e di pubblico, di familiari ed estranei, con tutte le conseguenze in termini di arredamento, struttura dell’abitazione, struttura e caratteristiche dei “nuovi” quartieri. Insomma, grandi trasformazioni urbane che riflettono un più ampio mutamento culturale. Questo il terzo filone di incontri, che ambisce ancora una volta a far comunicare architettura e cultura, la città e la narrazione della città. Il luogo, infatti, non può esistere senza una buona storia: come raccontiamo le nostre città, le nostre case, come le raccontano gli “altri” sarà un buon punto di partenza anche per chiedersi cosa è cambiato davvero, negli ultimi due anni, nella nostra società, anche alla luce del grande stravolgimento subito dall’economia mondiale. Raccontare il presente, insomma: un modo per porre la prima pietra del nostro futuro, dei “luoghi” che verranno.