Troppi processi e il sistema si ingolfa. Altro che toghe rosse o toghe nere. Nell’arena spettacoli Sputnik di FestaReggio continua la rassegna di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” a cura dei Giovani Democratici di Reggio Emilia e Arci solidarietà dove, con il magistrato Piercamillo Navigo, si è parlato di legalità e sistema giudiziario. La conduzione dell’incontro e l’intervista al magistrato è stata curata da Federico Montanari, Segretario provinciale GD.
Piercamillo Navigo, giudice che ha avuto un ruolo fondamentale nella processo “mani pulite, imposta il suo discorso arrivando subito al nocciolo della questione. La crisi la giustizia “va ricercata nell’eccesso di domande processuali e nei troppi processi inutili che si concludono con un nulla di fatto e fanno in modo che la macchina giudiziaria si blocchi e vada a rilento”.
Altro grave problema della nostra giustizia è il numero di ricorsi in Appello. “In Italia – spiegato Navigo – tutti ricorrono in Appello e questo perchè a differenza di molti altri paesi, come ad esempio la Francia, la pena in questa sede non può aumentare ma solo essere confermata o ridotta quindi conviene”.
Davigo critica anche gli avvocati, “troppo numerosi e, troppo spesso più interessati al proprio tornaconto rispetto al processo in sé”.
Il magistrato definisce “mai idilliaco” il rapporto tra magistratura e politica ma sostiene che l’appartenenza politica dei magistrati non centra nulla, “sarebbe come se il chirurgo lasciasse morire i pazienti che la pensano diversamente da lui. E’ assurdo, basta semplicemente essere puliti e rispettare le regole”.
Quando gli viene posta la domanda sulle “cose da fare” per migliorare la situazione della nostra giustizia, Davigo risponde così: “vanno ripristinate norme serie sulla contabilità e sul bilancio ancora oggi troppo eludibile, occorrono strutture più serie e credibili nella pubblica amministrazione, va rimodernato il codice penale e inserire un danno punitivo soprattutto per quanto riguarda il capitolo sulle insolvenze. Occorre poi risolvere il problema sulle “omesse notifiche” che condizionano e mandano a rilento migliaia di processi”. Spostare quindi il sistema che tutela i farabutti verso la tutela alle persone per bene.
Basterebbero quindi facili riforme, chiare, “altro che processo breve che nulla ha che fare con un miglioramento della giustizia ma serve solo per soddisfare interessi personali… ”.
In conclusione il magistrato si è soffermato su quanto l’illegalità e i problemi della giustizia siano un danno enorme anche dal punto di vista della crescita e dello sviluppo per il nostro paese. Non ci sono investimenti esteri, siamo “osservati speciali dell’Europa per quanto riguarda l’illegalità” e in mancanza di politiche diverse saremo sempre più isolati.
Il lavoro in agricoltura
Lavoro nero e lavoro regolare in agricoltura. Questo il tema del dibattito che si è tenuto ieri sera. L’incontro, promosso dalla Festa Nazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, è stato un’occasione per mettere a confronto politica, sindacati e imprenditori. Hanno infatti preso parte al dibattito: Stefania Crogi segretario generale Flai-Cgil, Stefano Mantegazza segretario Uila, Colomba Mongiello senatrice PD, commissione Agricoltura, Giuseppe Pagani consigliere regionale PD, presidente commissione Lavoro, Dario Stefano assessore Agricoltura Regione Puglia e Enzo Rossi imprenditore. Moderatrice della serata Letizia Martirano, direttore responsabile di Agra Press.
A introdurre la serata, con un breve resoconto sulla situazione attuale, è stato Pagani “In Italia, abbiamo assistito nello scorso anno a un calo dei redditi agricoli stimati intorno al 20%, a un calo nella produzione, stimato intorno al 13,4 % e un aumento dei costi di produzione intorno al 10%; questi dati portano alla ribalta l’assoluta mancanza di impegno del governo nel sostenere il settore agricolo ed è ovvio che se l’imprenditore entra in crisi e non si sente tutelato, allora non può che rifugiarsi nel lavoro nero.”
Proseguendo nel dibattito Enzo Rossi (imprenditore marchigiano, che dopo aver vissuto per circa un mese stipendiandosi come un normale operaio della sua azienda ha deciso di premiare i suoi dipendenti con 200 euro in più in busta paga ogni mese, a tempo indeterminato), ha parlato di come per molti imprenditori sia necessario ricorrere al lavoro nero, perché “se si vuole essere competitivi, da qualche parte si devono eliminare costi di produzione e il lavoro nero è indubbiamente uno dei modi più semplici”. Non è certo questo il caso di Enzo Rossi, il quale ha tenuto a precisare “su un premio di produzione di 200 euro, io pago altrettanto di tasse, sarebbe ora di apportare giusti provvedimenti che consentano almeno di detassare i premi, altrimenti sempre più difficili da elargire”.
Si sono poi susseguiti, tra cifre e proposte per un lavoro comune, Stefania Crogi la quale ha sottolineato come il valore aggiunto sommerso nel settore agricolo è pari al 32,8% del valore aggiunto totale della branca, equivalente a 9.188 milioni di euro, trend che tra il 2000 e il 2008 è salito costantemente. Colomba Mongiello che ha invece ricordato come il gruppo PD in commissione Agricoltura al Senato tenti continuamente di portare il tema del lavoro regolare al primo posto negli impegni della Commissione, ma è un argomento difficile, che molti politici credono risolto per mezzo dei famosi Voucher, soprattutto perché, a loro parere, localizzato esclusivamente al sud. Ma non è così. “I Voucher devono essere un sistema integrativo e non sostitutivo dell’assunzione di mano d’opera in agricoltura, prima di tutto perché attraverso questo tipo di assunzione si abbassano le tutele dei lavoratori, che non hanno più diritti: dalla malattia, alla maternità ai contributi pensionistici”.
Stefano Mantegazza ha ribadito l’importanza di un’etichettatura adeguata “se sulle etichette ci fosse scritto c’è una certa etica della produzione e del lavoro nell’azienda che produce quel prodotto, allora forse il consumatore potrebbe fare molto, per questo ben venga una legge europea sull’etichettatura”.
Infine, l’assessore regionale pugliese Stefano ha sottolineato come “in una regione dove l’imprenditore agricolo più giovane ha 65 anni, si rischia di perdere tutta l’esperienza che sta alla base del brand Made in Italy, sinonimo di qualità nel mondo.”
Acqua, rifiuti e servizi: sviluppo, polemiche e prospettive per il futuro
Oggi l’agenda politica è ricca di temi legati, in qualche modo, alle risorse ambientali, dalla “privatizzazione” dell’acqua alle scelte in tema di smaltimento dei rifiuti. Questo lo spunto alla base del dibattito «Acqua, aria… diritti, servizi, futuro», che ieri sera alla Tenda del Mondo. «L’ambiente, come altri grandi temi, è finito al centro di processi di evoluzione, di globalizzazione, di cui si discute a vari livelli – ha segnalato in apertura Simone Montermini, sindaco di Castelnovo di Sotto e membro dell’Esecutivo provinciale del Pd –. Sono convinto che occorra parlare di temi complessi come questo in maniera semplice e non superficiale, senza lasciare spazio al “politichese”».
«Se da 30 anni si combattono battaglie per la difesa dell’ambiente, oggi un partito progressista non può non vedere l’ambiente innanzitutto come opportunità di sviluppo – ha segnalato Alessandro Bratti, deputato Pd –. In un momento in cui occorre cambiare sistema di sviluppo, si devono investire risorse sul risparmio energetico, sul recupero dei rifiuti e su altri elementi della “economia verde”, come hanno fatto Stati Uniti e Germania: in questa partita, i servizi pubblici possono giocare un ruolo importante ed essere trainanti, soprattutto sul piano delle energie rinnovabili».
Parlare di politiche ambientali e di risorse energetiche a Reggio significa, da due mesi esatti, parlare di Iren, il nuovo gruppo multiservizio frutto della fusione tra l’emiliana Enìa e la ligure-piemontese Iride, che oggi si occupa di forniture di gas e acqua, produzione e distribuzione di elettricità, teleriscaldamento, raccolta e smaltimento rifiuti. «Nel nostro settore si è capito che “piccolo non è bello” – ha detto il sindaco di Correggio Marzio Iotti – per cui occorrono presenza territoriale, funzioni e mezzi adeguati per competere con gli altri soggetti: la fusione tra Iride ed Enìa, realtà tra loro complementari, va vista in questo senso, anche se necessita tuttora di essere guidata. Noi sindaci, come azionisti del gruppo, abbiamo voluto mantenere in mano pubblica il 51% delle quote, a garanzia di una sensibilità nei confronti di scelte che non risponderebbero a interessi economici».
Sollecitati dal giornalista Gabriele Maestri, i relatori hanno parlato di vari temi, a partire dalla “privatizzazione” dell’acqua, al centro di polemiche nei mesi scorsi. «La nostra battaglia è iniziata quando Tremonti aveva classificato l’acqua come “bene di rilevanza economica” e si è fatta più dura quando si sono poste le premesse per privatizzarne la gestione, anche se acquedotti e reti restano pubblici – ha ricordato Bratti –. Non è vero che ce lo chiede l’Europa e non è vero che è una liberalizzazione, manca un’Autorità indipendente che vigili sui gestori: l’impressione è che si voglia permettere a Confindustria di entrare in un mercato che non vede calare la domanda neanche in tempo di crisi». «Lasciare gran parte della gestione dell’acqua ai privati – ha aggiunto Iotti – vuol dire compromettere buone pratiche contrarie a logiche di mercato: difficilmente un privato potrebbe invitare a contenere gli sprechi che per lui sono una fonte di guadagno». «Come soggetto pubblico, continuiamo a impegnarci in campagne per un uso responsabile dell’acqua, anche se certi sprechi dipendono anche dalla rete e tocca a noi intervenire – ha precisato Roberto Paterlini, direttore generale di Iren Ambiente –. Fin da quando eravamo Agac abbiamo investito per vent’anni nei nostri servizi: è vero che la nostra tariffa è alta, ma lo è anche il livello del servizio offerto».
Altro tema caldo, soprattutto in provincia, è costituito dallo smaltimento dei rifiuti. «Oggi l’obiettivo non è un’autosufficienza di ogni provincia nel ciclo dei rifiuti – ha chiarito Iotti – perché l’ambito provinciale è già “stretto” e quello regionale rischia di esserlo. Alcune cose in provincia dovevano già essere partite, come gli impianti di compostaggio; occorre potenziare la raccolta differenziata e il recupero dei rifiuti, ma ci vuole un passo in più con la soluzione del trattamento meccanico biologico, che restituisca un rifiuto stabilizzato, poi per lo smaltimento del residuo si possono valutare soluzioni a maggiore distanza. Bisognerebbe poi adottare meccanismi per valorizzare chi è stato virtuoso finora, magari con agevolazioni sulle tariffe per la raccolta differenziata». «Finora in regione si era raggiunta l’autosufficienza provinciale per i rifiuti urbani e accoglievamo più rifiuti speciali di quelli da noi esportati – ha concluso Paterlini – Certo, lavorare su scala interprovinciale per noi è stata una sfida, del resto la provincia di Reggio in passato ha fatto molto per i territori vicini e ora può sperare di ricevere il contraccambio».