“Niente da fare, le nostre aspettative continuano a rimanere sorprendentemente e amaramente deluse. Fermo restando il nostro incondizionato appoggio al sindaco Luca Caselli, abbiamo infatti chiesto alla comunità islamica sassolese, prontissima a scendere in piazza per chiedere (o meglio, pretendere) una moschea, di condannare in maniera unanime, forte e incondizionata il massacro dei Cristiani Copti avvenuto ad Alessandria d’Egitto. Al momento nessuna risposta. Solo la reiterazione di un silenzio tanto assordante quanto eloquente”. Lo afferma in una nota il Consigliere regionale del PDL Enrico Aimi, intervenuto nuovamente per chiedere una “limpida presa di distanze alla comunità musulmana, anche sassolese, dai terribili fatti che hanno insanguinato l’Egitto e i simboli della Cristianità. Non solo – ha subito rincarato il coordinatore vicario del PDL modenese – ci aspettiamo anche un chiarimento su alcuni temi a nostro avviso di fondamentale importanza per una serena e rispettosa convivenza. Ci chiediamo infatti cosa ne pensino i musulmani residenti anche a Sassuolo, in merito ad alcune, chiamiamole tradizioni, figlie di interpretazioni del Corano e della legge islamica, quali l’infibulazione, il burqa e il niqab, le scudisciate e le lapidazioni utilizzate per punire (a volte anche solo presunte) colpe di gravità certamente non penalmente rilevante nel mondo occidentale come l’adulterio (non si capisce poi perchè l’adulterio si e il tradimento del marito no); e poi ancora – ha aggiunto l’esponente pidiellino – vorremmo sapere cosa ne pensa la comunità islamica degli episodi di violenza che si sono verificati nel nostro territorio: dall’omicidio di Novi, alle ragazze marocchine massacrate di botte dai rispettivi padri perché colpevoli di “troppa occidentalizzazione”.
Non solo, vorremmo anche un loro punto di vista sulla sharia e su certi dettami coranici: dalla legge del taglione, alla poligamia, alla pena di morte per chi è accusato di blasfemia nei confronti del profeta e alle leggi severissime in vigore in tanti paesi islamici in cui è vietata anche la sola esibizione di simboli religiosi come il crocifisso. Infine – e non è cosa di poco conto – se nella cosiddetta “gerarchia delle fonti del diritto”, per loro prevale il Corano o la legge italiana. Si tratta dunque di alcuni brevi quesiti che ritengo possano essere affrontati con minimo sforzo. Ammesso e non concesso – ha concluso Aimi – che vi sia una reale, concreta e costruttiva volontà di dialogare per un integrazione possibile che può avvenire solo se vi è accettazione incondizionata dei valori di libertà di cui è permeata la civiltà occidentale. Ovviamente pretendiamo che non vi siano distinguo e che coloro che desiderano vivere qui pacificamente, accettino unanimemente leggi , tradizioni e rispettino il profondo senso religioso della stragrande maggioranza del popolo italiano”.