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Lucio Dalla: feretro partito da Losanna per Bologna. Il ricordo di Benedetto Zacchiroli

E’ partito da Losanna, in Svizzera, poco prima di mezzogiorno il feretro di Lucio Dalla, il cui arrivo a Bologna è previsto in giornata. La camera mortuaria era stata allestita nella cappella di Saint Roch. All’esterno della cappella si sono radunati da ieri i fan del cantautore che volevano rendergli l’ultimo saluto.

In apertura della seduta di Question time del Consiglio comunale di oggi, Benedetto Zacchiroli ha ricordato Lucio Dalla, scomparso ieri a Montreux. Al termine dell’intervento del consigliere Zacchiroli, il Consiglio comunale ha osservato un minuto di silenzio.

“Prima di tutto ringrazio la Presidente e i colleghi che mi danno la possibilità di ricordare qui, dove la città è massimamente rappresentata, un amico, un fratello e un padre.

Ieri sera, tornando a casa pensavo: è come se mancasse qualcosa in città. Manca qualcosa. Lo cerchi, ti guardi in giro, e non capisci cos’è. Il Nettuno è al suo posto, l’Asinelli e la Garisenda son sempre lì, san Petronio è impacchettata ma c’è, in piazza santo Stefano le chiese son sempre sette……poi ascolti i discorsi delle persone, le parole nelle strade, quelle tra i tavolini dell’aperitivo e ti accorgi che la città è colpita nel profondo, nelle pieghe più riposte della sua identità, che è quella culturale.

Realizzi lentamente ma con chiarezza quanto Lucio Dalla fosse un patrimonio comune, un patrimonio condiviso che partendo da Bologna e dai suoi tetti ha viaggiato per il mondo intero.

Te ne accorgi quando arriva a telefonarti l’ambasciatore del Brasile per dirti che il suo Paese e i suoi cantanti piangono la morte di un’amico che aveva il nome di Gesù Bambino.

Ti accorgi che è difficile in queste ore distinguere tra Bologna e Lucio, tra la città e chi l’ha cantata, interpretata, descritta e amata.

Ti accorgi che sono troppi i suoi versi profondi e veri da citarne anche solo uno.

Lucio incarnava in un sol colpo Bologna, i bolognesi e la bolognesità.

Lucio è la città.

Bologna ha imparato a volere bene a un figlio prodigio che è cresciuto tra le sue strade, tra le sue strade ha imparato quei valori di libertà e bonomìa che messi in poesia ha cantato, e che con lui abbiamo cantato e fischiettato centinaia di volte.

La nostra Università lo ha voluto dottore in lettere e filosofia honoris causa nel ’99 e l’anello di quel patto con la Comunità del sapere più antica del mondo, lo portava con la fierezza di uno sposo.

Poi negli anni di questa città da figlio è diventato padre. Custode dei segreti più intimi, corifeo di quella libertà su cui si fonda il nostro vivere comune, testimone dell’amore che cantava a squarciagola e che impregnava ogni suo gesto quotidiano.

Dal suo terrazzino su Piazza dei Celestini aveva imparato negli anni a custodire Bologna.

La sera pregava per lei davanti alla chiesa nella quale venne battezzato e nella quale ultimamente andavamo a messa la domenica.

Passeggiare con lui per le vie cittadine ti confondeva. Lucio è riuscito in una operazione rara: dal saluto e dall’omaggio che gli veniva tributato non capivi se in quel momento con te c’era il cantante famoso, un compagno di giochi, il vescovo o il sindaco. Alla fine comunque il saluto di tutti era “bela Lucio”, detto così, come lo dici all’amico che conosci da sempre.

E quell’amico che tutti conosciamo da sempre. Quel basso e a volte buffo personaggio del quale forse tutti oggi custodiscono un aneddoto, non c’è più. Non ci sarà più a rallegrare la nostra città, a regalarci la fierezza di essere bolognesi vedendolo in tv o sapendolo in chissà quale parte del globo.

Non ci sarà nella quotidianità della città, ai bar, nelle osterie, nei ristoranti o in sala giochi.

Non ci sarà allo Stadio o al Palazzetto dello sport a tifare la sua Virtus.

Non sarà alle prime del Comunale, o semplicemente al cinema, a teatro, o ad ArteFiera e al Motor Show, o dovunque ci sia un evento benefico.

Perché per la sua città la sua voce e la sua arte erano sempre gratis. Era il suo modo di dire grazie alla sua culla. Gli ultimi regali che ci ha fatto sono lì a dimostrarlo.

Quando la città accoglie il Papa è pronto a cantare, come quando arriva il capo dello Stato. Nel 2006 Bologna diventa città UNESCO della musica e lui si mette a dirigere tutte le voci e le note che la vogliono festeggiare.

Quando si apre il museo della città, poche settimane fa, presta la sua voce ad Apa, l’etrusco, che ci guida nella storia per dare un senso alla nostra storia. Quel senso che ognuno di noi ritrova forse anche nel testo della canzone di Lucio che preferisce: che sia Caruso, o Futura, o Come è profondo il mare, L’anno che verrà o Piazza Grande.

E all’ultimo San Remo ci ha dato, in questo tempo di crisi e incertezze, l’ultima lezione: a quelli come lui che hanno fatto tanto, l’onere e onore di dirigere e accompagnare, ma sul palco, a fare e cantare la vita adesso tocca principalmente alle nuove generazione.

Lucio c’è tra le pietre e i tavolini delle nostre strade, è una colonna di quel portico che è la nostra storia millenaria. È una colonna speciale, una colonna sonora che ci ha insegnato tantissimo, nella maniera più semplice e naturale: con il canto e con la musica.

E quelle parole non possono essere perdute. Sono il vero patrimonio e non possono essere disgiunte dalla sua voce. In queste ore tra i suoi amici, ma non solo, tra tutte le persone, le proposte di iniziative sono tante. La via, la piazza, un luogo da intitolargli. No, merita di più. Il pensiero va a via d’Azeglio, la sua strada. Sarebbe bello poter risentire la sua voce ogni sera al tramonto. Il progetto a cui stiamo pensando tra i suoi amici è quello di sonorizzare la strada di modo tale che tutte le sera al tramonto la voce di Lucio accompagni la fine della giornata di chi passerà per quella strada, cerniera tra la sua casa e quella Piazza dove cantava “e se non ci sarà più gente come me voglio morire in piazza Grande”.

La città, Lucio, è pronta a riaccoglierti per salutarti un ultima volta con tutti gli onori che si devono a chi ci ha reso fieri di essere bolognesi. Grazie Lucio. Grazie all’infinito”.

 

















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