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Il Sindaco di Bologna, Merola, in ricordo di Marco Biagi

L’intervento dell Sindaco di Bologna, Virginio Merola, nel corso del Consiglio comunale straordinario dedicato al ricordo di Marco Biagi, nel decimo anniversario della sua uccisione.

“Signora Marina Orlandi, Signora Francesca Biagi, familiari tutti del professor Marco Biagi, autorità civili e militari, consigliere e consiglieri comunali.

Il 19 marzo di 10 anni fa le Brigate Rosse uccisero il professor Marco Biagi, un gesto vile dettato da una ideologia inaccettabile e folle. E’ importante quindi la presenza della famiglia Biagi, in questa occasione, come quella prima volta con il Sindaco Guazzaloca.

Il giuslavorista Biagi è stato uno studioso stimato in Italia e all’estero per i suoi studi e per le sue proposte di riforma del mercato del lavoro.

Il suo lavoro ha anticipato di 10 anni gli argomenti e le soluzioni al centro dell’odierno dibattito politico e giuridico in materia di nuove regole per tutti i lavoratori e per tenere conto delle esigenze di flessibilità delle imprese.

Egli aveva la consapevolezza che in particolare per le giovani generazioni bisognava introdurre nuove regole per evitare la precarietà e garantire percorsi certi e tutelati di ingresso nel mondo del lavoro.

E questa consapevolezza era dovuta anche alla considerazione di quanto i processi di internazionalizzazione del mondo del lavoro stessero modificando le situazioni presenti nei diversi Stati nazionali come oggi appare evidente. Riferendosi al Libro bianco, ebbe modo di dire: “Mi hanno accusato di aver parlato troppo dell’Europa, persino con ossessione… di questa accusa sono orgoglioso”. Il professor Biagi infatti parlava di “disperato bisogno” in relazione alla modernizzazione nel campo del lavoro e criticò per questo il legislatore italiano reo, in alcuni casi, di non aver interpretato a pieno le direttive europee. E la sua frase: “Di Europa c’è disperato bisogno” riecheggia come un monito importante per tutti noi alla luce della situazione odierna della Comunità europea. Egli aveva dunque lo sguardo fisso ad un comune destino europeo che oggi sentiamo pericolosamente indebolito.

Dunque un giurista di dimensione europea, attento al contesto europeo delle proposte di riforma, poco interessato ai dogmi fini a se stessi e consapevole dell’importanza delle riforme sociali per il nostro Paese e per la stessa costruzione europea . Un atteggiamento che stride se confrontato con i dogmatismi pro e contro, innalzati a suo nome, che hanno caratterizzato da più parti questi dieci lunghi anni lasciando pressoché immutati sul campo i problemi del mondo del lavoro. Un pragmatismo riformista che gli faceva trasformare idee in progetti concreti e praticabili.

Queste qualità possono essere riassunte nel “coraggio delle idee” che egli portava avanti. Una qualità ancora oggi così importante, in una città così come in un Paese, che si scontra quotidianamente contro mille resistenze e conservatorismi. Per Biagi il “coraggio delle idee” era un dovere, a dispetto delle conseguenze personali, un dovere che portava avanti nonostante gli ostacoli, i pericoli e le pressioni.

In questi ultimi anni, segnati da una pesante crisi finanziaria ed una trasformazione epocale dei paradigmi economici, il contributo lungimirante del professor Marco Biagi è fondamentale. Dopo l’emergenza occorrono azioni per la crescita del nostro Paese e la discussione sulla riforma del mondo del lavoro, a partire da quell’accordo che Governo e parti sociali stanno cercando in questi giorni, conferma l’attualità del Suo contributo.

Oggi ci manca, ci manca una persona che portava avanti un impegno lineare, coerente, insieme giuridico e civile, che è sintetizzato così bene nel titolo che la Fondazione Marco Biagi – che in questi anni ha dato continuità al lavoro del professore – ha voluto dare al convegno internazionale che si è inaugurato quest’oggi a Modena: “Regole, Politiche e Metodo”.

Chi lo ha conosciuto bene ed ha lavorato al suo fianco, lo ha descritto come una persona sempre pronta a nuove sfide, non incline ad accettare veti. Una figura forte dunque, ma troppo esposta a critiche ingenerose e strumentalizzazioni di parte. Solo la cecità di persone e istituzioni che avrebbero dovuto tutelare fin da subito l’uomo e le idee che con forza portava avanti, ha fatto sì che il professor Marco Biagi rimanesse isolato, inerme, senza un’adeguata scorta che lo potesse proteggere.

Compito delle istituzioni democratiche è consentire sempre e comunque che l’indipendenza di pensiero sia motivo di arricchimento e di crescita di una comunità, mai motivo di violenza e morte.

Un esempio di indipendenza di pensiero per il bene comune, quello spezzato dalla follia omicida delle Brigate Rosse dieci anni fa, che non è sbiadito col passare del tempo ma al contrario ha preso forza e vigore in questa fase della nostra vita repubblicana che pretende misura e disinteresse per il bene generale del Paese.

Le Brigate Rosse, e il terrorismo più in generale, hanno ucciso liberi pensatori, professionisti, cittadini, operai e servitori dello Stato che null’altro facevano se non compiere il loro dovere nei confronti del loro Paese. Si possono avere idee diverse, si può avere un confronto anche forte con chi ha idee differenti rispetto alle nostre, ma mai e poi mai si deve cedere a mezzi barbari come quelli perpetrati dalle Brigate Rosse, o giustificarli.

Anni fa ci si era illusi che l’escalation omicida delle Brigate Rosse fosse finita alla fine degli anni ’80, dopo l’uccisione del professor Roberto Ruffilli; un decennio più tardi con la morte di Massimo D’Antona e Marco Biagi ci risvegliammo in una nuova fase della cosiddetta lotta armata. A questo proposito permettetemi di ricordare in quest’Aula anche il Sovrintendente della Polizia ferroviaria Emanuele Petri, ultima vittima di quella follia omicida, perchè grazie alla sua alta professionalità i componenti delle cosiddette “Nuove Brigate Rosse” furono arrestati.

L’omaggio che oggi rendiamo al professor Marco Biagi deve ricordarci anche questo: contro il terrorismo non dobbiamo abbassare la guardia, mai. Come sa una città che dal terrorismo ha avuto ferite non rimarginabili.

Ogni istituzione e ogni associazione democratica devono fare la propria parte affinché le nuove generazioni sappiano cos’è accaduto e prendano le distanze da ogni forma di terrorismo.

Marco Biagi è stato simbolo di quella qualità tutta bolognese che davanti ai problemi, agli enigmi del tempo nuovo non mette la testa sotto la sabbia per paura ma li affronta con la forza delle idee e il coraggio della innovazione. E che reagisce alla violenza con la propria unità per il bene comune, archiviando strumentalizzazioni di parte in nome della preziosa e comune educazione politica e civica.

E’ anche questo il significato più autentico di questa giornata, un appuntamento condiviso con la famiglia del professor Marco Biagi, dalla quale abbiamo avuto subito piena disponibilità e convergenza di volontà. Un ricordo, quello di oggi, ufficiale e solenne che è il ricordo di una città intera, nei confronti di un bolognese di cui siamo, oggi come allora, orgogliosi per rinnovarne la memoria e l’insegnamento, ricordare il suo impegno contro la precarietà a fianco delle giovani generazioni e ritrovare pienamente una concordia nell’apprezzamento positivo del suo operato.

Molti giovani della mia generazione, quella degli anni settanta, si ritrovarono sull’onda di una rivolta che credevamo antiautoritaria in questa definizione: “distante come un padre”.

Dobbiamo a persone come Marco la possibilità di tornare a parlare alle nuove generazioni, spero, come padri vicini alle loro aspettative e ai loro problemi”.

















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