L’intervento del sindaco Virginio Merola in occasione del primo Forum del Piano Strategico Metropolitano di Bologna, tenuto questa mattina
all’Arena del Sole.
“Questo non è il solito saluto della città al solito convegno. Questa è la
città di Bologna che saluta il suo ritorno ad essere una città speciale.
Bene, tutti dobbiamo farci una domanda: Bologna è una città speciale? Lo è
ancora? Lo sarà?
Per molti anni lo siamo stati e per molti no. Io credo che dobbiamo e
vogliamo tornare ad essere una città speciale. Cosa significa speciale?
Significa innanzitutto pensare in grande, indipendentemente dalle nostre
dimensioni. Salire di rango, rischiare di essere presi molto sul serio e
dire che non esistono più confini, dire che i confini sono solo resistenza
al cambiamento e al valore di questa città.
Ecco alcuni avvisi ai naviganti, oggi che ci accingiamo a salpare per il
Piano strategico.
La prima cosa la voglio dire ai sindaci della nostra area metropolitana.
Alleiamoci. Alleiamoci per uscire dai nostri confini municipali e anche dai
nostri confini mentali. Siamo noi che dobbiamo prendere per mano le nostre
comunità, per renderle solidali e competitive. Siamo noi che dobbiamo
essere capaci di raccontare al mondo quello che siamo, e soprattutto quello
che vogliamo diventare. Il Piano Strategico ambisce a che non via sia più
conflitto tra le nostre attitudini. Non si tratta più di dividerci tra chi
ha una missione puramente solidale ed una puramente competitiva, questa
dicotomia alla lunga ci sta fregando.
Dunque, andare oltre i confini significa accedere al meglio dei talenti
internazionali, mettendoli in contatto e in simbiosi con i nostri. Per fare
di questa area urbana un porto attrattivo per i cittadini del mondo. Questo
non solo è possibile, è indispensabile. Competitivi per attrarre il merito
e gli investimenti ovunque essi si presentino, e questo è un obbligo per
noi. Solidali, nel sostenere chi è il migliore quando gli altri non lo
fanno, questo è un dovere.
Guardiamo cosa abbiamo costruito fin qui. Bologna, per l’Italia e per
l’Europa, ha rappresentato un traduttore per culture e civiltà. Questo sia
nelle forme dell’economia quanto nelle forme della società, della sua
organizzazione. Per molto tempo la comunità bolognese ha saputo unire,
rappresentare, e finanche liberare le diversità, per tradurre tutto in
un’altra dimensione delle cose e del pensiero, e ha scoperto in questo le
proprie specialità. Alla fine dei conti, dunque, o siamo in grado di essere
internazionali e universali nei valori che proponiamo, o non siamo
speciali. Mettiamocelo in testa.
Puntare sull’internazionalizzazione di Bologna vuol dire attrarre talenti
da ogni parte del mondo, e raggiungere il massimo punto di forza possibile
in quattro campi fondamentali: la Cultura, il Lavoro, i Beni comuni, la
Qualità urbana. Sono questi i quattro campi che vi propongo per costruire
quella visione che permette di mettere in campo progetti capaci di attrarre
investimenti pubblici e privati.
Badate bene, quello che ci è mancato fino ad oggi è descrivere a chi ci
osserva quale potenza e qualità ha un investimento su Bologna. E io sono
convinto che Bologna abbia tutte le carte in regola per rubare la scena a
molte altre città, che state sicuri non se ne stanno con le mani in mano.
Questo significa che servono motivazioni forti per essere scelti. Rubare la
scena, in tempi di delocalizzazioni, significa rilocalizzare qui a Bologna
una nuova internazionalità delle scelte. Per questo il Piano strategico non
è la fiera delle idee, e non è nemmeno un problema tecnico. Abbiamo già
avuto il nostro governo tecnico, e dopo ci sono state le elezioni. Sulla
base del mandato ricevuto dai cittadini voglio tenere unita la città
attorno ad una prospettiva per i prossimi 20 anni, per conquistare insieme
agli altri sindaci la nostra reputazione nel mondo.
Questo significa selezionare il meglio del meglio, e lavorare solo con
quello. E quindi sarò ancora più chiaro: non voglio concertare e lavorare
per l’unanimità, o cercare di accontentare tutti, voglio una selezione di
merito di quello che va fatto.
Vi faccio un esempio. Qualcuno si è scandalizzato in questi giorni perché
ho aperto un fronte con il Governo nazionale per l’IMU a tutela degli
interessi di Bologna, che vengono prima rispetto a qualsiasi altro
interesse. Sono orgoglioso di averlo fatto. Non sono contento di quello che
il nostro Presidente del Consiglio pensa dell’articolo 18. Però lo voglio
dire, io considero il nostro Presidente del Consiglio un alleato quando
cerca di attrarre investimenti in questo Paese.
Sappia che su questo Bologna c’è, con una strategia in quattro mosse:
1. Noi siamo una “città speciale” perché possiamo mettere a disposizione
importanti aree demaniali a basso costo per attirare la sede di
un’importante Università internazionale, che affianchi l’Alma Mater per
realizzare un polo della conoscenza e della ricerca tra i più importanti
d’Europa, per quantità di cervelli, di brevetti, di qualità della vita e
livello di relazioni internazionali.
2. A una “città speciale” deve essere data la possibilità di
defiscalizzare gli investimenti e gli insediamenti imprenditoriali
caratterizzati da un forte tasso di Innovazione e ICT, dedicati a premiare
e attirare talenti nei campi delle scienze e della tecniche più avanzate.
3. Quando una Repubblica fondata sul lavoro nega la cittadinanza sociale
e materiale alle giovani generazioni, che rappresentano il patrimonio su
cui investire, una ‘città speciale’ deve fare esattamente il contrario.
Deve liberare dalla schiavitù i giovani e i nuovi italiani, le seconde
generazioni in attesa di capire se li riconosciamo come italiani, offrendo
loro cittadinanza e opportunità, premiando il merito e l’impegno.
4. Una ‘città speciale’ lo è se ha un’economia sociale. E questo per me
significa delle cose precise: che i beni comuni vanno tutelati, che sono un
investimento, che sono una ricchezza, e che le persone devono essere messe
nelle condizioni di poter scegliere i loro percorsi di vita e di avere la
possibilità di organizzarsi per dare risposte ai propri bisogni, anche
attraverso una integrale applicazione della sussidiarietà, come è scritta
nella nostra Costituzione.
Questi per me sono i binari su cui corre il Piano strategico metropolitano.
E per realizzare tutto questo abbiamo bisogno di portare avanti progetti
concreti e nuove alleanze.
A chi mi chiede, di fronte alle novità che abbiamo proposto all’inizio del
nostro mandato, se avremo il coraggio di arrivare fino in fondo, io
rispondo con serenità: tagliamo i ponti con chi non vuole cambiare mai. E
usiamo i prossimi mesi per vincere questa sfida. Questa città è sazia e
disperata di conservazione. Io sto con chi le cose le vuole cambiare
davvero. A tutti gli altri dico: non aspettateci perché a voi non renderemo
conto.
Signori, una città che non riesce a ricostruire le proprie leggende ripete
il suo passato nella propaganda. Questo rischio noi non lo dobbiamo
correre. E allora avanti con il Piano strategico, diamo un senso al nostro
futuro. Buon lavoro a tutti”.