Per la prima volta da molto tempo, i principali indicatori dell’attività edile in provincia di Modena hanno segno positivo: crescono sia le imprese attive (5,6 per cento), sia i lavoratori (8,2 per cento) sia le ore lavorate (6 per cento). «Ma non basta affatto per poter dire che il settore stia ripartendo», avverte Stefano Betti, presidente di Ance Modena. «Questo incremento non recupera quasi nulla della contrazione costante dell’ultimo quadriennio, che ha superato il -30 per cento. Teniamo conto che negli ultimi cinque anni le imprese del comparto sono state falcidiate, sia a livello nazionale sia a livello locale».
«Inoltre», aggiunge Betti, «approfondendo i dati, emerge che le imprese modenesi non hanno tratto vantaggio da questa seppur lieve crescita, che deriva in gran parte dal lavoro di imprese provenienti da fuori provincia e regione».
I pesanti effetti del terremoto del maggio 2012, che ha devastato una parte importante della provincia di Modena, hanno reso necessario attivare lavori di ricostruzione e sono molte le imprese edili che da altre province d’Italia sono venute a operare qui.
L’attività edile è costantemente cresciuta nell’ultimo anno e mezzo: a dimostrarlo è la quantità dei salari pagati dalle aziende, che è aumentata del 6 per cento su base annua. Crescita che però è sostanzialmente dovuta ad aziende provenienti da fuori provincia o regione che si sono spostate nel modenese: a dirlo sono, per esempio, i dati del mese di settembre 2013 che mostrano come del monte salari complessivo il 19,3 per cento sia prodotto appunto da aziende che hanno iniziato l’attività in provincia dopo il sisma.
«Anche per questo fa riflettere che le pubbliche amministrazioni locali, pur nel pieno della legittimità, negli “appalti a invito” sotto il milione di euro continuino a dare ampio spazio a imprese di fuori, quando le aziende modenesi si trovano ancora in così grande difficoltà, dovendo fare consistente ricorso alla cassa integrazione».
La critica più dura di Ance Modena alla pubblica amministrazione riguarda il pagamento dei lavori: «L’obbligo di pagare entro 60 giorni è diventato legge dello Stato», ricorda Betti, «ma spesso continua a essere eluso, costringendo come sempre le imprese edili a fare da finanziatrici degli enti pubblici».
Intanto i dati confermano come la crisi stia colpendo soprattutto Modena e l’Emilia-Romagna. In Italia, dall’inizio della crisi al primo trimestre 2013 il settore delle costruzioni ha perso 446.000 occupati, un calo del 22,1 per cento. Considerando anche i settori collegati alle costruzioni, si stimano in 690.000 i posti di lavoro persi. In Emilia-Romagna, in questo stesso periodo i posti di lavoro persi nelle costruzioni sono stati 46.300 (-27,8%), di cui 29.200 lavoratori dipendenti (-30,8%) e 17.100 collaboratori (-23,7%).
In Emilia-Romagna risulta, poi, superiore alla media nazionale il calo sia delle compravendite di unità abitative sia dei flussi di nuovi finanziamenti per investimenti in edilizia: «In regione», evidenzia Betti, «dal 2007 al 2012, i finanziamenti sono diminuiti del 55,6 per cento nel comparto abitativo e del 68,7 per cento nel non residenziale, contro rispettivamente un -45,6 e un -62,4 per cento del dato complessivo italiano».
Il risultato è che tra il 2008 e il 2012 le imprese in Emilia-Romagna hanno ampiamente fatto ricorso alla cassa integrazione: il numero di ore autorizzate nel settore è quintuplicato, passando da circa 2,2 milioni a 11 milioni di ore. Nei primi cinque mesi del 2013 si registra un ulteriore aumento tendenziale del 29,9 per cento (per l’Italia l’incremento è stato inferiore, +17,1 per cento).