Continua ad essere elevatissimo il traffico di merci contraffatte in entrata nei Paesi europei. Solo nel 2013 le dogane Ue hanno bloccato prodotti fasulli per la cifra di un miliardo di euro. Un valore “troppo elevato”, secondo Bruxelles, perché nonostante il volume complessivo delle merci sequestrate sia risultato in calo rispetto agli anni precedenti, il numero dei casi di sequestro è invece rimasto più o meno agli stessi livelli.
Dalla relazione annuale stilata dalla Commissione europea emerge che le dogane Ue hanno sequestrato nel 2013 quasi 40 milioni di prodotti sospettati di violazione dei diritti di proprietà intellettuale. La principale categoria è costituita da sigarette (31%), seguite da articoli vari (bottiglie, lampade, colla, batterie, detersivi) col 12% e dai materiali da imballaggio (10%). Sempre nel 2012 quasi il 70% degli interventi doganali ha continuato a riguardare i pacchi inviati per posta o per corriere: il 23% dei sequestri effettuati nel traffico postale ha riguardato medicinali.
Il principale Paese di provenienza dei prodotti contraffatti continua ad essere la Cina col 64,15%. Per determinate categorie prevalgono tuttavia altri paesi, come Hong Kong – quota totale 7.79% – per Cd, Dvd e prodotti del tabacco (in particolare le sigarette elettroniche e le loro ricariche liquide) e la Bulgaria – quota totale 5.72% – per i materiali da imballaggio. Da Cina e Hong Kong sono arrivati un totale di oltre 600 milioni di euro di beni sequestrati. Le sigarette normali arrivano invece dagli Emirati Arabi (91% di quelle intercettate) mentre per gli alimenti è il Marocco a dominare la scena col 46,6%.
Rispetto all’anno appena trascorso il numero dei sequestri è rimasto sostanzialmente invariato: in Europa si è passati da 91.254 a 90.473 nel 2013, con l’Italia ancora una volta al top: i sequestri alle nostre frontiere sono stati 5.190 nel 2013, numero leggermente superiore rispetto al 2012 (5.135). Il dato interessante tuttavia riguarda la drastica riduzione del numero dei prodotti: si passa infatti dai 29.908.415 del 2012 ai 6.108.760 del 2013, con una flessione pari al -80%. Certamente un effetto della crisi economica, ma anche il risultato di una lotta alla contraffazione che viene ormai condotta in modo capillare nelle città, come dei grandi depositi e nei centri commerciali.
D’altra parte l’Italia è da sempre il bersaglio principale delle contraffazioni. L’Italian sounding, cioè lo sfruttamento abusivo e truffaldino del made in Italy, ha raggiunti livelli intollerabili in tutti i settori con un danno economico incalcolabile: caso classico quello del Parmesan Cheese, cui si si sono aggiunti più recentemente il Parma Ham, falso prosciutto di Parma, e il falso aceto balsamico.
«Il punto è proprio questo: le contraffazioni danneggiano non soltanto il mercato interno, ma soprattutto le nostre esportazioni – commenta l’onorevole Tiziano Motti, eurodeputato della settima legislatura e presidente di Europa dei Diritti – Se solo si potesse ridurre della metà il peso dell’Italian sounding, il nostro Paese sarebbe in piena ripresa economica da un pezzo. Da questo punto di vista l’incisività della Commissione di Bruxelles è prossima allo zero: è inutile promuovere una quantità enorme di marchi Dop, prodotti tradizionali e Igp quando non si mettono in campo nè gli strumenti nè la volontà politica per farli rispettare. La verità – prosegue Motti – è che anche tra i nostri partner europei c’è chi ha l’interesse ad alimentare il business del falso made in Italy. Si possono cambiare le cose? Un esempio positivo arriva dall’intesa con la Cina, di pochi giorni fa, per contrastare il dumping sui pannelli solari. Un caso in cui la determinazione dei produttori ha costretto Bruxelles a tirare fuori le unghie. Ma è il nostro Paese prima di tutto a doversi fare sentire, per difendere i propri prodotti e il proprio futuro economico».