Chi è colpito da un tumore in molti casi sarebbe stato solamente vittima della “sfortuna”. Questa l’opinione dei ricercatori Tomassetti e Vogelstein della Johns Hopkins School of Medicine che, seguita da dibattiti nel mondo scientifico e non solo, a gennaio di quest’anno veniva pubblicata sulla prestigiosa rivista Science.
Gi studiosi sostenevano che due terzi dei tumori da loro presi in esame sarebbero imputabili solo a mutazioni genetiche nelle cellule staminali (quindi “al caso”) piuttosto che a cause esterne o a stili di vita sbagliati. Questa osservazione metteva in dubbio l’utilità della prevenzione in questi casi da loro definiti “replicativi” rispetto a quelli “deterministici”.
In risposta a queste conclusioni Adriana Albini direttore del Laboratorio Ricerca Traslazionale, Giovanni Apolone Direttore Scientifico e Silvio Cavuto, responsabile della statistica dell’IRCCS – ASMN di Reggio Emilia, in collaborazione con l’Università dell’Insubria di Varese, pubblicano in un editoriale che compare da oggi sulla autorevole rivista internazionale on line Journal of National Cancer Institute. Il titolo è “Strategies to Prevent “Bad Luck” in Cancer”: ovvvero “Strategie per prevenire la sfortuna nel cancro”.
L’articolo riporta nuove osservazioni relative al tema caldo della sfortuna, approfondisce con nuovi elementi e tabelle i rischi e le casualità nella genesi del cancro e passa in rassegna vari aspetti relativi a elementi stocastici, genetici, ambientali e alla possibilità di diminuire il rischio anche dei tumori che potrebbero sembrare solo replicativi e quindi dovuti soprattutto al caso.
Con questa pubblicazione Albini, Apolone, Cavuto e Noonan hanno voluto rimarcare il concetto che in un individuo che fa prevenzione, ha una sana alimentazione, fa attività fisica ed evita situazioni di rischio come ambienti inquinati, fumo e alcool anche i tumori frutto di “sfortuna” potrebbero diminuire. Conta molto infatti, oltre alla genetica, il “microambiente” del tumore, ovvero il corpo nel quale il tumore si sviluppa e che può combatterlo se aiutato.
“È accertato che almeno un terzo dei tumori sono prevenibili e sono quelli di cui si conoscono le cause” spiega Adriana Albini “Con gli sviluppi della ricerca scientifica il numero di tumori prevenibili è destinato a crescere e una parte delle indagini sono dedicate, oltre che alla terapia, a tutto quanto riguarda la possibilità di evitare l’insorgenza e-o la progressione di un tumore”.
L’ereditarietà si può conoscere per tempo attraverso la consulenza genetica mentre altri fattori, a parte l’età e il sesso, sono condizionabili. I fattori di rischio noti, che impattano sulla incidenza della maggior parte delle neoplasie sono: fumo di tabacco, alcool, cattiva alimentazione, sovrappeso e obesità, radiazioni UV, cancerogeni chimici, fibre di amianto, alcuni virus e batteri, geni ereditari di suscettibilità, per i tumori mammari e della prostata lo status ormonale, l’età, il genere, e infine situazioni patologiche dei tessuti, quali l’infiammazione cronica.
“Il messaggio che il nostro articolo intende trasmettere” spiega Giovanni Apolone “è che “il caso”, pur non del tutto eludibile, può essere limitato da ciascuno di noi agendo su una serie di fattori e occupandosi attivamente della propria lotta preventiva al cancro”.
É come attraversare la strada alla luce e sulle strisce pedonali: se si è proprio sfortunati si può essere travolti lo stesso, ma sicuramente rischiamo molto meno in questo modo che attraversando un’autostrada di notte lungo una curva pericolosa.
Secondo l’editoriale dei ricercatori del Santa Maria Nuova, le parole chiave per interrompere il circolo vizioso, ovvero la “sfortuna” che porta a un tumore continuano ad essere, oltre ogni dubbio: 1) controllo delle abitudini di vita, astensione dal fumo 2) attività fisica e lotta alla sedentarietà 3) alimentazione e dieta 4) controlli, screening e diagnosi precoce 5) lotta agli agenti infettivi 6) chemioprevenzione farmacologica 7) terapia mirata quando il tumore è manifesto.
“Alcuni eventi che accadono sono da noi attribuiti al caso,” aggiunge Adriana Albini “chiamato fortuna o sfortuna a secondo della valenza positiva o negativa, solo perché ancora non conosciamo abbastanza dei meccanismi complessi che portano alla malattia; le ricerche in corso e future ci offriranno la opportunità di ridurre l’utilizzo di questi termini attraverso l’aumento di conoscenze che si possano trasferire nella diagnosi e cura dei tumori prevenibili e trattabili”.