Se pensate che il design abbia avuto la sua massima espressione nel secolo scorso, se siete stanchi del minimalismo e del total white, se siete alla ricerca del pezzo unico e amate le piccole imperfezioni degli arredi del passato, l’apputamento da non perdere è con 7.8.Novecento, il Gran Mercato dell’Antico, in programma da domani, 30 novembre, a domenica 2 dicembre presso ModenaFiere.
La manifestazione, giunta alla trentaduesima edizione, è organizzata da ModenaFiere in collaborazione con l’Associazione Antiquari Modenesi e richiama ogni anno migliaia di curiosi, ma anche appassionati e collezionisti a caccia di tesori: oggi, infatti, i pezzi rari si riaffacciano sul mercato con costi notevolmente più bassi rispetto agli standard di soli 10 anni fa.
Con 15.000 mq di esposizione articolati su due padiglioni della fiera e nel grande atrio centrale, la manifestazione accoglie circa 200 antiquari italiani e stranieri. Qui sontuosi mobili vittoriani, statue antiche, troumeau settecenteschi, gioielli d’altri tempi convivono con il modernariato più pop. Un format volutamente eclettico per un pubblico che apprezza la pluralità di proposte per tutte le tasche. Grazie alla formula espositiva, che prevede anche momenti dedicati allo scambio tra espositori e commercianti, la manifestazione è diventata un punto di riferimento sia per gli operatori del settore che per i neofiti.
Tra gli stand spiccano le nuove tendenze dell’antico: i giovani che arredano la prima casa sono molto interessati al modernariato, in particolare agli arredi che vanno dagli anni Sessanta agli anni Ottanta; o allo shabby chic, uno stile che propone mobili antichi (o fintamente antichi) ridipinti di chiaro, “rovinati”: i segni di usura danno un’aria romantica all’arredamento, ma anche un po’ trasandata: l’effetto d’insieme, però, è molto ben curato nei particolari. Ma non è finita: per chi cerca capi e accessori con un passato da raccontare tra gli stand si trovano abiti firmati, ma anche accessori e capi di abbigliamento sartoriali di pregio non griffati: tutti, però, rigorosamente Vintage. 7.8.Novecento, infatti, racconta anche il periodo che va dagli anni ’20 agli anni ’80, con la moda, gli articoli da collezionismo, i profumi, gli arredi, ma anche gli oggetti d’uso quotidiano in quei decenni.
“Rigoletto” in oltre 200 cimeli storici: una mostra a 7.8.Novecento
“Delle mie opere come maestro preferisco Rigoletto, come dilettante La traviata”: in queste parole, una confessione dello stesso Giuseppe Verdi, è contenuta tutta la grandezza dell’opera che vede protagonista il buffone di corte più leggendario del palcoscenico.
A Modena “Il Rigoletto di Giuseppe Verdi. Simbolo dell’Opera italiana” diventa una mostra all’interno di questa edizione di 7.8.Novecento.
L’esposizione, a cura di Studio Archeo900 (www.archeo900.com), propone oltre 200 cimeli, selezionati tra 600 pezzi del collezionista mantovano Nicola Zanella, che ripercorrono la storia di quest’opera verdiana, ma anche dell’intera lirica italiana. E’ frutto di anni di ricerche sul mercato antiquario, trascorsi da Zanella a viaggiare intorno al mondo e a scandagliare online i siti e i cataloghi della case d’asta in Italia, Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Russia, America del Nord e del Sud.
La mostra è organizzata in sezioni tematiche che raggruppano gli oggetti a seconda del periodo (ad esempio la prima alla Fenice di Venezia nel 1851) o della tipologia: costumi, spartiti, libretti, incisioni discografiche, manifesti e locandine storiche, programmi teatrali, fotografie d’epoca.
Tra i cimeli ci si perde per qualità e quantità. Ci sono fotografie con le firme autografe dei grandi interpreti dell’opera verdiana: Enrico Caruso nel ruolo del Duca di Mantova a New York nel 1910, Titta Ruffo, Tito Gobbi, Tito Schipa, Beniamino Gigli, Mario Lanza, Mario Del Monaco, Giuseppe Di Stefano, Plácido Domingo, Luciano Pavarotti, Maria Callas, Toti Dal Monte, Renata Tebaldi, Renata Scotto, e c’è anche la foto originale di Felice Varesi, il primo interprete di Rigoletto, al teatro La Fenice di Venezia nel 1851. E c’è la Gazzetta uffiziale di Venezia del 12 marzo 1851 con la recensione dell’opera al debutto il giorno prima.
Poi i costumi di scena: uno di Gilda del 1870, un altro è quello indossato nel 1960 da Richard Tucker, il più grande tenore americano; fino alla metà degli anni ’50 del ‘900 non c’erano costumisti, se non raramente, e a procurarsi gli abiti erano i cantanti, che se li portavano dietro nelle tournée. Non mancano i libri – tra questi un’edizione del 1833 di Le roi s’amuse di Victor Hugo, che ispirò il Rigoletto –, i libretti dell’opera, i manifesti e le locandine delle rappresentazioni teatrali dell’800 e del ‘900 e dei film a partire dal 1943, i dischi (alcuni sono di gommalacca, uno è stato registrato a New York nel 1898), un grammofono a 78 giri degli anni ‘20 o ‘30 di marca Rigoletto, un vetrino per lanterne magiche.
Una chicca è il primo spartito in assoluto del Rigoletto, pubblicato da Ricordi nel 1851, un’altra è la prima trascrizione per pianoforte del 1852, fatta dal musicista mantovano Luigi Truzzi. Un’altra ancora è una partitura orchestrale per primo violino, in Spagna nel 1864.
Un pezzo rarissimo e curioso è una trascrizione per piano, del 1880 circa, con in copertina il buffone che fa un gesto irriverente; poi, dalla sezione dei giornali e delle riviste, un Rigoletto a fumetti pubblicato sul Corriere dei piccoli. C’è anche una litografia autografata di Annetta Casaloni, che interpretò Maddalena alla Fenice nel 1851. E una foto del soprano Lina Aimaro Bertasi, Gilda nel Rigoletto alla Scala di Milano nel 1943, in tempo di guerra.