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Predizione della sopravvivenza e della cronicizzazione dei pazienti Covid19 in base alla angiopoietina-2

Il ruolo dell’angiopoietina-2 come biomarcatore predittivo di mortalità da COVID-19 e di aumentato rischio di disfunzione polmonare cronica è al centro di uno studio coordinato dalla prof.ssa Erica Villa, Direttore del Dipartimento di Medicine Specialistiche dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena e pubblicato sull’ultimo numero di Blood Advances, il prestigioso periodico dell’American Society of Hematology.  Lo studio ha visto la collaborazione della Medicina Interna e Area Critica del Policlinico, diretta dal Dott. Lucio Brugioni, della Medicina Interna d’Urgenza e Area Critica dell’Ospedale Civile diretta dal dottor Giovanni Pinelli, dall’Anestesia a Rianimazione dell’Ospedale Civile, diretta dalla dott.ssa Elisabetta Bertellini e dal Dipartimento Interaziendale di Medicina di Laboratorio diretto dal dott. Tommaso Trenti. Inoltre, lo studio ha beneficiato della collaborazione con le Malattie Infettive dell’Università di Pavia, diretta dal prof. Raffaele Bruno.

Lo studio – finanziato con 2 milioni di euro dalla Regione Emilia-Romagna grazie ad un contributo liberale erogato dalla Banca d’Italia – ha preso in esame due coorti rispettivamente di 187 e 62 pazienti ricoverati con diagnosi di infezione da SARS-COV-2, da marzo a maggio 2020, analizzando le variazioni delle concentrazioni sieriche dell’Angiopoietina 2 in terza e decima giornata di degenza e ha dimostrato che livelli incrementati di Angiopoietina-2 in terza giornata rispetto al valore basale, identificano con elevata accuratezza i pazienti a maggior rischio di mortalità.

Quando l’emergenza è esplosa, quasi un anno fa, per prima cosa abbiamo pensato a curare i pazienti negli ospedali, a salvar loro la vita – si è congratulato l’Assessore alle Politiche per la Salute della Regione Emilia – Romagna Raffaele DoniniPoi a cercare di limitare i contagi attraverso il tracciamento dei casi e la presa in carico tempestiva, anche a domicilio, dei pazienti. Ma non appena sono stati nelle condizioni di farlo, i nostri professionisti e clinici hanno iniziato a lavorare sulla ricerca, per affrontare il Covid con armi più efficaci. Lo studio di oggi, che la Regione ha finanziato con due milioni di euro, ne è un esempio. Si tratta di uno dei 290 studi avviati sul tema Covid, che hanno coinvolto 542 centri clinici emiliano romagnoli. Sono 17 i trial clinici grazie ai quali si sono utilizzati farmaci che hanno contribuito a limitare gli effetti del Covid. Insomma, anche su questa partita la Regione c’è. Perché risultati come la pubblicazione dello studio di cui parliamo oggi, oltre a darci grande soddisfazione, aiutano a salvare vite

Noi siamo un’Azienda Ospedaliero – Universitaria – si è complimentato il Direttore Generale, dottor Claudio Vagniniè quindi, grazie alla collaborazione con l’Ateneo i nostri ospedali sono il luogo privilegiato dove si incontrano ricerca e assistenza. Questo studio, che ha visto impegnati reparti del Policlinico e dell’Ospedale Civile, ci consente di fare un altro passo, piccolo ma significativo, nella comprensione e quindi nella cura di questo virus. Poche settimane fa abbiamo presentato lo studio sull’uso delle cellule staminali nella lotta al COVID, i nostri ospedali sono stati in prima linea nella ricerca sul tocilizumab a dimostrazione che Modena ha partecipato con un ruolo di primordine nella lotta contro il COVID19. Per questo motivo, desidero ringraziare tutti i professionisti che, ormai da un anno, sono impegnati a offrire la miglior assistenza possibile ai nostri pazienti.”

Il patrimonio di competenza clinica e di ricerca dei colleghi della Facoltà di Medicina, unitamente a quello dei clinici e dei laboratoristi dell’Azienda Ospedaliero- Universitaria e dell’ASL Modena – commenta il Magnifico Rettore di UNIMORE Carlo Adolfo Porroci consente di essere in prima linea nella lotta al Covid-19. Mi congratulo per i risultati degli studi coordinati dalla prof.ssa Erica Villa, che contribuiscono a migliorare le conoscenze sui meccanismi del danno vascolare e polmonare indotto dal virus SARS-Cov-2. L’eccellenza nella ricerca, unitamente all’alto livello professionale delle strutture sanitarie e alla generosità di tanti volontari, rappresentano la risposta di cui siamo orgogliosi della nostra comunità alla pandemia”.

A tutt’oggi – ha spiegato la prof.ssa Erica Villanon sono stati validati marcatori biomolecolari capaci di predire la mortalità e, in modo anche più importante, il rischio di cronicizzazione dell’infezione da SARS-COV-2. il nostro studio, invece, ha permesso di dimostrare una correlazione tra l’aumento dell’Angiopoietina 2 e una maggiore gravità dell’infezione da COVID19, correlata con un rischio più alto di disfunzione polmonare cronica, a causa di un violento processo di trasformazione del tessuto polmonare, dovuto allo spiccato danno endoteliale associato all’incremento di angiopoietina-2 che, è giusto ricordarlo, è una proteina che ha un ruolo importante nell’angiogenesi, cioè nel processo di crescita e riparazione dei vasi sanguigni. Una proteina importante che, però, in corso di infezione COVID19 scatena una reazione eccessiva e potenzialmente dannosa nei vasi sanguigni polmonari”.

Le analisi sperimentali sono state effettuate sia nel Laboratorio di Ricerca della Gastroenterologia del Policlinico di Modena che nell’unità semplice Diagnostica delle Patologie Autoimmuni diretta dalla dott.ssa Alessandra Melegari, afferente al Laboratorio diretto dal dottor Tommaso Trenti. Lo studio è stato possibile dall’elevato livello di collaborazione esistente fra la Gastroenterologia e la MIAC del Policlinico ed i reparti di Terapia Intensiva e Medicina d’Urgenza dell’OCB, che nonostante il periodo di intensissima attività clinica, hanno contributo ad arruolare i pazienti per lo studio.

L’idea dello studio – ha concluso la prof.ssa Villaè nata quando ci siamo resi conto che alcuni marcatori prognostici delle polmoniti che già conoscevamo sono presenti anche nei pazienti COVID1 e avrebbero potuto essere utilizzati come guida per le decisioni terapeutiche. Questo studio rappresenta solo un punto di partenza: per la validazione di questo marcatore, oltre che di altri marcatori di danno vascolare, è in corso un’analisi su coorti più ampie di pazienti.  I nostri dati suggeriscono poi che nei pazienti che hanno caratteristiche cliniche di elevata gravità una “targeted therapy” che bloccasse il recettore dell’angiopoietina-2 potrebbe essere un’opzione rilevante per diminuire il danno endoteliale e la formazione dei micro-trombi causati dal COVID-19”. Le sottoanalisi effettuate nell’ambito dello studio hanno inoltre confermato un tasso di mortalità maggiore COVID-relata nei pazienti italiani rispetto alla Cina in considerazione dell’età media più avanzata della nostra popolazione”.

 

 

















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