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Assemblea congressuale Cia Emilia Romagna, Fini confermato alla presidenza

“La guerra tra Russia e Ucraina mette in evidenza una carenza strutturale europea e Italiana, dovuta alla mancanza di strategie necessarie a garantire la sicurezza alimentare. L’autosufficienza nella produzione di materie prime agricole era e rimarrà probabilmente un’utopia, ma dovremo drasticamente ridurre le importazioni per avere maggiore autonomia e migliorare la pianificazione produttiva”.

Sono parole di Cristiano Fini, confermato alla presidenza di Cia – Agricoltori Italiani dell’Emilia Romagna, nel dare inizio ai lavori congressuali che ha visto la partecipazione di 120 delegati provenienti da tutta la regione. Al centro della sua relazione le criticità del settore primario e le ripercussioni sull’agroalimentare emiliano romagnolo della nuova Pac, Politica agricola comunitaria. Sono intervenuti, nel corso della Tavola rotonda dal titolo “Agricoltura, reddito, etica, l’impegno della impresa agricola nella tutela di ambiente e lavoratori”, il Cardinal Matteo Maria Zuppi, il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, la presidentessa dell’Istituto Alcide Cervi, Albertina Soliani e Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia – Agricoltori Italiani.

“Occorre un piano strategico dettagliato che metta al centro la produzione agricola da costruire insieme all’industria di trasformazione la distribuzione e i consumatori – ha proseguito Fini- per garantire l’approvvigionamento delle materie prime alla filiera. Importiamo grandi quantità di cereali, latte alimentare, olio perché non ne produciamo a sufficienza e la mancata produzione è dovuta al fatto che le aziende agricole non fanno redditi adeguati”.

La nuova Pac, secondo Fini, dovrà inevitabilmente tenere conto di questo status che impone di aumentare la produzione di alcune materie prime agricole nei prossimi anni senza rinunciare a tutti gli indirizzi ambientali, “ma apportando alcune modifiche che ci consentano di aumentare il potenziale produttivo”.

I cambiamenti climatici, le fitopatie, i danni da fauna selvatica, la carenza nella reperibilità di manodopera, i rincari dei costi energetici e delle materie prime, la burocrazia sfrenata, la carenza di tutti gli strumenti necessari alle aziende agricole per avviare una transazione verde dell’agricoltura sono, a giudizio del presidente Cia, i principali elementi che stanno mettendo in ginocchio le imprese agricole, “proprio nel momento in cui tutti ci stanno chiedendo di produrre di più. Se non riusciremo a fare sistema e lavorare in squadra, da soli non riusciremo mai a raggiungere gli obiettivi. Dovremo cogliere quindi appieno le opportunità: le risorse economiche che verranno stanziate nei prossimi anni per il comparto agricolo potranno generare investimenti necessari alla modernizzazione delle imprese”.

Riguardo la nuova Pac Fini segnala incognite e lacune, soprattutto per talune produzioni, “e dimostra maggiore attenzione alle dinamiche ambientali rispetto la crescita e competitività delle imprese. Nonostante ciò – ha sollecitato Fini – le aziende agricole dovranno cogliere i vantaggi del periodo transitorio (2022) attraverso l’apertura dei bandi regionali e proseguire lo sviluppo aziendale con la nuova programmazione, puntando maggiormente all’innovazione tecnologica e la resilienza rispetto i cambiamenti climatici.
Ma un concetto deve essere chiaro a tutti – ha ricordato ancora il presidente Cia – ovvero le imprese agricole faranno investimenti se intravedono una prospettiva e se avranno a disposizione strumenti adeguati per produrre ed avere un reddito dignitoso”. Maggiori strumenti di difesa dalle gelate tardive e dalle fitopatie per evitare perdite di produttività, investire maggiormente in biotecnologie (Nbt), nell’automazione e nella digitalizzazione sono tra le priorità cjhe indica la Cia.

“Poi – ha concluso Fini – occorre una volta per tutte – contrastare la fauna selvatica invasiva che arreca danni alle colture agricole: proponiamo, da anni, una radicale modifica della legge 157/92 che preveda il passaggio da tutela a gestione della fauna selvatica al fine di consentire il ridimensionamento del numero dei nocivi a salvaguardia delle produzioni agricole e l’incolumità di automobilisti e cittadini”.
Senza l’attività imprenditoriale l’agricoltura non esiste – ha detto l’assessore Mammi “ dove l’azienda agricola è centrale e dove la pubblica Amministrazione deve essere al servizio di queste che vanno supportate, cogliendo anche le opportunità offerte dal Pnrr”.

Tavola Rotonda
Agricoltura, reddito, etica, l’impegno della impresa agricola nella tutela di ambiente e lavoratori

“Abbiamo dato vita in Emilia Romagna a un lavoro per garantire che nei bandi possono essere premiate quelle imprese che hanno “in regola” certificati di qualità. In questo modo diamo una mano affinché emergano coloro che rispettano le regole e venga punito chi non le rispetta”, ha detto il presidente della Regione Bonaccini.

“Sono salito su un trattore e mi sembrava di essere alla Nasa – ha esordito il Cardinal Zuppi – e questa tecnologia non fa dimenticare le radici e nemmeno il ruolo di grande umanesimo degli agricoltori. La famiglia contadina dà un senso di accoglienza, è inclusiva. Ancor più, un tempo, c’era la consapevolezza dell’aiuto, ci si incontrava. Oggi ci aiutiamo di meno. Occorre fare qualcosa che sia più duraturo nel tempo in agricoltura, e dare fiducia per stimolare giovani. La seconda ‘r’ del Pnrr sta per resilienza: nei campi – ha sottolineato Zuppi – non si sente mai dire questa parola, non l’ho mai sentita dire da un agricoltore. Voi siete la resilienza perché sapete che cosa vuol dire il sacrificio, il tempo, il lavoro. Io mi auguro che il Pnrr impari tante cose dalla vostra resilienza”.

Il caporalato è da battere – ha chiosato Scanavino -, dobbiamo reprimerlo. Lavoro agricolo è considerato atipico, ma in realtà noi siamo tipici, seguiamo cicli biologici. Occorre riconoscere e incentivare la regolarità del lavoro, per il quale occorrono regole semplici e fatte meglio per poter utilizzare incentivi e dare stabilità ai lavoratori. Abbiamo bisogno di specializzazione per battere un sistema di lavoro che molte volte è un veicolo per coprire zone grigie che non vogliamo.

“In questi momenti di difficoltà dobbiamo trovare un filo che lega potenzialità e le sensibilità per il cambiamento – ha detto la Soliani – perché l’agricoltura non vive nella guerra. Giovani, donne, innovazioni e passione per la terra devono essere luogo di pace: non c’è posto per altro”.

















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