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Bando AGYR 2022 assegnati 300mila euro a otto progetti di ricerca su diagnosi precoce della malattia di Alzheimer

Uno è quello del Dr. Simone Baiardi, neurologo che svolge la propria attività presso l’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna

L’impegno di Airalzh per costruire “un domani senza Alzheimer” continua anche nel 2023. Grazie al Bando AGYR 2022 (Airalzh Grants for Young Researchers), dopo le edizioni del 2020 e del 2021, sono stati stanziati ed assegnati altri 300mila Euro per la Ricerca contro le demenze e la malattia di Alzheimer.

Simone Baiardi, Davide Cammisuli, Claudia Capitini, Andrea Magrì, Marco Mainardi, Lorenzo Massimi, Alessandro Trentini ed Alessia Vignoli sono gli otto ricercatori che si sono aggiudicati il Bando AGYR 2022 e che svilupperanno il proprio progetto di ricerca in varie Università e Centri d’Eccellenza in tutt’Italia: Bologna, Catania, Ferrara, Firenze, Milano, Pisa, Roma. L’Associazione Italiana Ricerca Alzheimer, dopo aver valutato con attenzione le 42 richieste pervenute, ha deciso di premiare otto progetti di Ricerca che puntano a sviluppare metodi per la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer, ma anche all’individuazione delle misure di prevenzione e all’importanza di adottare corretti stili di vita.

“Obiettivo dell’Associazione – commenta la Prof.ssa Alessandra Mocali, Presidente di Airalzh è contribuire a sviluppare la Ricerca medico-scientifica sulle demenze e sulla malattia di Alzheimer. Proprio per questo motivo, dal 2020, grazie a delle donazioni private, il cui ricavato va totalmente a favore della Ricerca, è stato istituito il Bando AGYR. L’edizione del 2022 ha visto la premiazione di otto progetti, con un finanziamento complessivo di 300mila Euro, che si va ad aggiungere ai 600mila Euro già stanziati nei due anni precedenti. Un’opportunità, per dei giovani ricercatori, di sviluppare carriere indipendenti e fornire il proprio contributo, cercando di rallentare il decorso della malattia di Alzheimer”.

I vincitori del Bando AGYR 2022 hanno tutti un’età inferiore ai 40 anni ed hanno elaborato progetti originali in lingua inglese, che sono stati finanziati con importi che vanno da 22mila a 43mila Euro circa, sulla base delle richieste e della valutazione del Comitato Tecnico Scientifico di Airalzh.

Il Dr. Simone Baiardi (foto), neurologo che svolge la propria attività presso l’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, ha elaborato un progetto focalizzato sulla malattia a corpi di Lewy, la principale co-patologia riscontrata a livello autoptico nei pazienti con Alzheimer (30-50%). Sebbene nella popolazione generale la prevalenza della malattia a corpi di Lewy aumenti con l’età, essa è stata sorprendentemente riscontrata in giovani individui affetti da Alzheimer ereditario. Il principale obiettivo dello studio pilota finanziato da AGYR 2022 è di valutare la prevalenza di malattia a corpi di Lewy in pazienti con Alzheimer a esordio giovanile (<65 anni) mediante un nuovo test nel liquido cerebrospinale. Verranno inoltre ricercate differenze cliniche, genetiche e laboratoristiche tra i soggetti risultati positivi al test (che hanno entrambe le malattie) e quelli negativi (che hanno solo Alzheimer), che possano suggerire fattori predisponenti e aiutare i medici nel sospettare la presenza dell’associazione tra le due patologie.

Il Dr. Davide Maria Cammisuli è psicologo e dottore di ricerca in Neuroscienze presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il suo progetto si propone di rilevare nella popolazione anziana (con e senza declino cognitivo) segni precoci di alterazioni nella navigazione spaziale che, accanto al tipico disturbo di memoria, costituiscono il quadro iniziale del decadimento mentale tipico della malattia di Alzheimer. Tale accertamento sarà svolto attraverso test computerizzati comparati a compiti di cognizione spaziale svolti su percorsi urbani, in modo da simulare l’effetto di potenziale smarrimento nel rinvenire le tappe di un circuito percorso. Gli esperimenti verranno condotti con l’ausilio della tecnologia wearable, grazie a dei body muniti di sensori per la rilevazione di parametri fisiologici e connessa app.

La Dr.ssa Claudia Capitini è assegnista di ricerca presso il LENS (European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy) dell’Università di Firenze, dove ha incentrato la propria ricerca nello studio dei fattori che influenzano la formazione di aggregati tossici della β-Amiloide (Aβ) – che contribuiscono a causare l’insorgenza e la progressione di Alzheimer – e, in particolare, nello studio di Trodusquemina, un composto naturale in grado di ridurre la tossicità proprio di questi aggregati. Infatti, recentemente, è stato dimostrato come Trodusquemina sia in grado di interagire con le membrane cellulari e con le fibre nervose del cervello formando una sorta di barriera che impedirebbe agli aggregati di Aβ di penetrare ed esercitare la loro funzione tossica. Il progetto ha l’obiettivo di studiare ancora più nel dettaglio se e, nel caso, come Trodusquemina interagisca con gli aggretati di Aβ al fine di comprendere meglio il meccanismo protettivo del composto, approfondendo anche l’eventuale ruolo svolto da altri fattori chiave nella patogenesi di Alzheimer. Questo studio multidisciplinare contribuirà ad una maggiore conoscenza dell’azione di Trodusquemina e, quindi, al suo potenziale utilizzo come farmaco per i pazienti con Alzheimer.

Il Dr. Andrea Magrì è ricercatore in Biologia Molecolare presso l’Università di Catania dove studia i mitocondri, piccoli organelli cellulari, considerati delle vere e proprie “centrali energetiche”, poiché in grado di produrre energia dai nutrienti e provvedere così al sostentamento dei neuroni. Nella malattia di Alzheimer questi smettono di funzionare come dovrebbero e ciò è dovuto, in parte, all’accumulo di proteine tossiche (β-amiloide), sulla loro superficie. Il progetto, che svilupperà grazie al bando AGYR, si propone di studiare le interazioni tra β-amiloide e le proteine presenti sulla superficie del mitocondrio (chiamate VDAC), oltre ad utilizzare una piccola molecola interferente – il peptide NHK1 brevettata dal Dr. Magrì assieme ad un gruppo di altri ricercatori dell’Università di Catania – per ostacolarne l’accumulo. La molecola NHK1 si è rivelata efficace nel ripristinare parzialmente l’attività dei mitocondri in modelli di Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Il Dr. Marco Mainardi, che svolge la propria attività presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) di Pisa ha elaborato il progetto LifestylAD per comprendere come uno stile di vita salutare possa rallentare il declino delle capacità di apprendimento e memoria causato dalla malattia di Alzheimer. Infatti, se da un lato gli effetti benefici dell’allenamento fisico e cognitivo sulla salute cerebrale sono ben conosciuti e radicati anche nella cultura popolare, i meccanismi molecolari alla loro base non sono completamente noti. Nel progetto LifestylAD, dei modelli della malattia di Alzheimer saranno esposti a uno stile di vita “arricchito” in stimoli motori, sociali e cognitivi. La composizione molecolare delle sinapsi cerebrali (i contatti tra i neuroni, bersaglio chiave della malattia di Alzheimer) sarà quindi analizzata per generare un database che fornirà un aiuto nella comprensione dei meccanismi tramite i quali lo stile di vita può alleviare la severità della malattia di Alzheimer, oltre a suggerire potenziali bersagli terapeutici.

Il progetto del Dr. Lorenzo Massimi, impegnato presso il gruppo ToMa (Tomography for Medical Applications) all’Istituto per le Nanotecnologie del CNR di Roma parte dal fatto che fragilità nell’anziano sia una condizione caratterizzata dalla riduzione delle riserve biologiche e da una diminuita resistenza agli eventi avversi (fisici o psicologici). Tale vulnerabilità dipende da un affaticamento dei sistemi fisiologici e da un malfunzionamento degli organi. La fragilità è anche un importante fattore di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer. È quindi importante identificare durante l’invecchiamento quelle alterazioni che precedono l’esordio del danno cognitivo. A tale scopo nel progetto si confronterà un modello preclinico che sviluppa demenza con uno che non la sviluppa e, attraverso tecniche di analisi e imaging multi-organo molto sofisticate, verranno identificate le alterazioni precoci associate allo sviluppo della demenza.

Il Dr. Alessandro Trentini è un Biologo, con dottorato in Biochimica, Biologia Molecolare e Biotecnologie, presso l’Università degli Studi di Ferrara. La diagnosi ed il monitoraggio della progressione della malattia di Alzheimer non sono semplici da eseguire. Infatti, i marcatori (molecole che identificano la probabile presenza di malattia) attualmente utilizzati necessitano di metodiche invasive di raccolta del campione, come ad esempio la puntura lombare. In studi precedenti è emerso che due molecole – BACE1 ed Aβ34 – potrebbero essere dei buoni candidati come marcatori della malattia. Il progetto si propone di verificare se tali molecole misurate nel sangue (quindi ottenibili con un semplice prelievo) siano in grado sia di identificare precocemente la malattia, che di monitorarne la progressione.

La Dr.ssa Alessia Vignoli è assegnista presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Firenze ed il suo progetto, intitolato “MEDEA”, riguarda l’analisi mediante risonanza magnetica nucleare del sangue di pazienti con demenza o pre-demenza al fine di predire l’evoluzione della malattia sulla base del loro metabolismo. Verranno reclutati 90 pazienti che coprono l’intero spettro del deterioramento cognitivo (dal decadimento cognitivo lieve, in assenza di Alzheimer, alla demenza dovuta alla malattia). Un campione di siero sarà raccolto da ciascun paziente e analizzato mediante spettroscopia NMR. Viene ipotizzato che le alterazioni metaboliche presenti a livello del sistema nervoso centrale possano riflettersi a livello sistemico nel siero dei pazienti con Alzheimer e che, dunque, MEDEA possa fornire informazioni cruciali sulle cause metaboliche alla base dell’Alzheimer. L’identificazione di queste alterazioni sarebbe fondamentale per pianificare possibili interventi futuri, in grado di prevenire o rallentare la progressione della malattia. Inoltre, la possibilità di trovare nuovi biomarcatori periferici potrebbe fornire un modo minimamente invasivo per diagnosticare l’Alzheimer nella sua primissima fase o per valutare la prognosi dei pazienti.

















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