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Appennino modenese, 8 milioni di euro insufficienti per la sicurezza del territorio

A metà maggio la fragilità del territorio nell’Appennino Modenese aveva presentato un conto di oltre otto milioni di euro. Poi la conta dei danni è ulteriormente salita perché ai primi giugno una serie di piogge torrenziali hanno innescato esondazioni di numerosi fossi e torrenti e con altre frane e smottamenti. Comuni particolarmente colpiti sono stati Prignano sulla Secchia, dove sono state registrate una trentina di frane, Palagano e anche Frassinoro, con numerosi smottamenti soprattutto nella valle del Dolo.

Per Oreste Capelli, sindaco di Frassinoro, è necessario attuare da subito una politica di intervento sul territorio che tenga conto di eventi meteorologici straordinari, diventati ormai ordinari. “Le frane sono una caratteristica del nostro territorio  –dichiara Oreste Capelli- perché l’Appenino è formato in gran parte da argille, che a seguito di precipitazioni protratte o molto intense,  si trasformano in masse fangose che scivolano inevitabilmente a quote più basse. E’ necessario mettere in atto piani di  intervento sul territorio basati sulla prevenzione non di eventi “normali” , ma di eventi straordinari, che devono essere considerati la “nuova normalità”.

In passato soprattutto negli anni sessanta e settanta erano numerosi gli interventi di manutenzione del territorio in appennino, anche per la presenza di un numero maggiore di residenti e una forte economia agricola, che facevano si che la manutenzione del territorio fosse una costante.  I fiumi e i ruscelli venivano regolarmente puliti e il legname riutilizzato a vari scopi, muretti a secco e gabbie di pietra erano realizzati con precisione ed ingegno nei punti dove le colline erano più a rischio e questi interventi avevano la caratteristica di rallentare lo scorrere dell’acqua ed impedire gli smottamenti del terreno. Anche  gli scoli e le fossette stradali venivano sempre tenute pulite.  Oggi lo spopolamento  e la cronica riduzione degli investimenti sulla manutenzione del territorio siano stati ridotti al minimo ha contribuito,  insieme al cambiamento climatico con piogge degne dei monsoni tropicali, ad un dissesto idrogeologico senza precedenti.

“E’ indispensabile –sostiene Capelli- dare molto più spazio alle manutenzioni e alla prevenzione. Investire in prevenzione costa molto meno che intervenire a danni in atto. Il rapporto dei costi tra manutenzione e gli interventi per  sistemare i danni è di almeno cinque volte. Visto il cambiamento climatico in corso, con piogge più rare ma molto più violente, è necessario rivedere completamente la politica di intervento sul territorio. Per combattere la crescente fragilità del territorio occorre investire da subito in prevenzione, con energie maggiori di quello che non si sta facendo oggi. Un po’ come è stato fatto con la legislazione sulla prevenzione antisismica: non sappiamo dove e quando ci sarà il terremoto, ma possiamo e dobbiamo essere pronti.

Gli enti di bonifica, i comuni e gli Enti Superiori devono quindi elaborare dei piani di intervento per la regimazione delle acque che tengano conto di questa “nuova normalità”. Solo con importanti interventi programmatori e nuovi investimenti –conclude Capelli –  si potrà evitare che la “nuova normalità” sia lo stato di emergenza.”

















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