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Festivalfilosofia 2023: i mondi della parola. Dal 15 al 17 settembre a Modena, Carpi, Sassuolo

Dedicato al tema parola, il festivalfilosofia 2023 è in programma a Modena, Carpi e Sassuolo dal 15 al 17 settembre. Giunto alla ventitreesima edizione, il format del festival prevede come sempre lezioni magistrali, mostre, spettacoli, letture, attività per ragazzi e cene filosofiche. Gli appuntamenti saranno quasi 200 e tutti gratuiti

Piazze e cortili ospiteranno 53 lezioni magistrali in cui grandi personalità del pensiero filosofico discuteranno la centralità del linguaggio, della lingua e della presa di parola in un’epoca – caratterizzata dal dominio della comunicazione – che paradossalmente sembra tuttavia indebolirla. Analizzando la situazione del discorso nella sfera pubblica, emergeranno i punti critici della comunicazione politica contemporanea. Nel campo delle relazioni sociali si mostrerà quanto la parola debba essere costantemente curata per evitare il degrado dei rapporti tra le persone, come nei casi dei linguaggi d’odio e delle problematiche di genere. Portando a valore i contributi della ricerca scientifica e tecnologica, si discuterà la questione del linguaggio tanto dal punto di vista evoluzionistico, quanto da quello delle sue codificazioni tecnologiche e algoritmiche. Sulla scorta dei principali modelli filosofici e delle loro genealogie, si traccerà anche il quadro del rapporto tra scrittura e immagine, per mostrare i punti di contatto tra piano espressivo e piano figurativo.

Una decina di appuntamenti saranno nel segno della conversazione e del dibattito, sia per mettere a confronto diverse posizioni filosofiche, sia per generare un incontro fra teorie ed esperienze artistiche.

L’edizione 2023, mentre conferma lo stretto legame con i maggiori protagonisti del dibattito filosofico, presenta venticinque voci nuove. Tutte le autrici e gli autori stranieri, con due sole eccezioni, sono al loro debutto al festival.

Tra i protagonisti ricorrenti si ricordano, tra gli altri, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari (componente del Comitato scientifico del festival), Barbara Carnevali (componente del Comitato scientifico del festival), Donatella Di Cesare, Roberto Esposito, Maurizio Ferraris (Lectio “Confindustria Emilia Area Centro”), Umberto Galimberti, Natalino Irti, Michela Marzano, Stefano Massini (Lectio “Rotary Club Gruppo Ghirlandina”), Salvatore Natoli, Massimo Recalcati (Lectio “BPER Banca”).

Tra chi è al “debutto”: Claudia Bianchi, Alex De Voogt, Silvia Ferrara, Tim Ingold, Sverker Johansson, David Le Breton, Franco Lo Piparo, Eva Meijer (Lectio “Gruppo Hera”), Cecilia Robustelli (Lectio “Coop Alleanza 3.0”), Gisèle Sapiro, Françoise Waquet, Maryanne Wolf.

Il programma filosofico del festival propone anche la sezione “la lezione dei classici”: studiose e studiosi autorevoli commenteranno i testi che, nella storia del pensiero occidentale, hanno costituito modelli o svolte concettuali rilevanti per il tema della parola.

Per il pubblico del web, alle ore 18 di ciascun giorno sarà trasmessa in diretta una lezione sui canali del festival, in attesa della pubblicazione dell’intero programma la settimana successiva alla manifestazione.

Se le lezioni magistrali sono il cuore della manifestazione, un vasto programma creativo (ancora in corso di ultimazione) coinvolgerà performance, musica e spettacoli dal vivo. Mentre diversi appuntamenti espositivi saranno dedicati alla questione del rapporto tra parola e immagine – attraverso un lavoro sulla scrittura o sui prompt linguistici che presiedono alla generazione delle immagini – una serie di esperienze laboratoriali e partecipative metterà in pratica e in scena l’esercizio della presa di parola, coinvolgendo le questioni del multilinguismo, della lingua madre, delle lingue generazionali, delle pratiche affermative di soggettività.

Tra i partecipanti: Alessandro Bergonzoni con le sue sperimentazioni linguistiche e concettuali; Gino Castaldo con un racconto di come le parole dei cantautori abbiano plasmato l’immaginario degli italiani; Ascanio Celestini con una narrazione sulla voce collettiva dell’eccidio delle Fosse Ardeatine; Mariangela Gualtieri con un rito della voce poetica; Monica Guerritore con una riflessione su estetica e pratiche artistiche; Saverio Raimondo con una lezione-spettacolo sull’incerto futuro della satira; Pablo Trincia con una testimonianza sul podcast come dispositivo di racconto.

Oltre trenta le mostre e installazioni proposte in occasione del festival da un’ampia rete di istituzioni artistiche pubbliche e gallerie private.

L’insieme del programma creativo coinvolge e sintonizza tematicamente una rete di oltre 160 partner culturali.

L’edizione 2023 sarà dedicata alla questione della “parola”. In 53 lezioni magistrali saranno affrontate le varie declinazioni di questo tema, per discutere la centralità del linguaggio, della lingua e della presa di parola in un’epoca – caratterizzata dal dominio della comunicazione – che paradossalmente sembra tuttavia indebolirla. Analizzando la situazione del discorso nella sfera pubblica, emergeranno i punti critici della comunicazione politica contemporanea. Nel campo delle relazioni sociali si mostrerà quanto la parola debba essere costantemente curata per evitare il degrado dei rapporti tra le persone, come nei casi dei linguaggi d’odio e delle problematiche di genere. Portando a valore i contributi della ricerca scientifica e tecnologica, si discuterà la questione del linguaggio tanto dal punto di vista evoluzionistico, quanto da quello delle sue codificazioni tecnologiche e algoritmiche. Sulla scorta dei principali modelli filosofici e delle loro genealogie, si traccerà anche il quadro del rapporto tra scrittura e immagine, per mostrare i punti di contatto tra piano espressivo e piano figurativo.

Strutturato per gruppi di questioni, il programma filosofico porterà pertanto in primo piano un lessico concettuale a più voci nel quale si confronteranno prospettive filosofiche plurali e talora in contrasto, anche attraverso alcuni dibattiti che faranno emergere posizioni differenti.

  1. Parola comune: politica e sfera pubblica

Il punto di partenza del programma è la situazione della parola e del linguaggio comune in questa attuale fase delle nostre società. Fondata sull’uso e indispensabile medium per la generazione di significati condivisi, la parola comune per eccellenza è quella della sfera pubblica, là dove emergono i processi di deliberazione sugli affari di tutti, con le complessità e le patologie determinate da una certa impostazione della comunicazione contemporanea. Tre sono i gruppi di interventi che mettono a fuoco altrettanti aspetti della questione.

In una prima sottotraccia si discuteranno le forme della comunicazione politica nelle attuali democrazie esecutive e decidenti, in cui sembra restringersi lo spazio del discorso pubblico. Carlo Galli ricostruirà questi processi, appellandosi al nesso che deve crearsi tra istituzioni rappresentative e costruzione dell’opinione pubblica. Cass Sunstein indicherà viceversa una caratteristica della discussione pubblica nell’epoca digitale, ovvero il meccanismo di polarizzazione che mira a ridurre ogni questione pubblica a termini dualistici. Massimiliano Panarari esaminerà le conseguenze della comunicazione disintermediata – tra vantaggi di accesso e rischi di manipolazione – per capire cosa resta della sfera pubblica in questo scenario. Da una diversa prospettiva, David Le Breton soppeserà le trasformazioni (e per certi versi la scomparsa) della conversazione nella nostra epoca individualizzata, con tutto quello che ciò comporta per la genesi di un foro pubblico. A un linguaggio specializzato – quello scientifico e culturale – è dedicato l’intervento di Françoise Waquet, che mostrerà il ruolo del regime di oralità nella trasmissione del sapere, in una lezione nella quale il concetto stesso di festival culturale – ovvero un evento essenzialmente fatto di parola e opinione – diverrà oggetto d’esame.

Una seconda sottotraccia sarà dedicata alla responsabilità – non solo intellettuale, ma civica – di prendere la parola sulle questioni comuni. Gisèle Sapiro traccerà un campo discorsivo fatto dell’interazione tra legislazione, censura e impegno nella circolazione di opinioni d’autore, mentre Ivano Dionigi proporrà modi per riformulare un lessico civile che dia peso a parole valoriali spesso fraintese o stancamente ripetute.

Una terza sottotraccia indica il ruolo della lingua nella costruzione delle comunità, evidenziando come le politiche linguistiche del potere abbiano spesso ambizioni imperiali. Giuseppe Antonelli prenderà Dante a esempio di una lingua, il volgare, pensata come comune e futura, mentre Vittorio Emanuele Parsi, in tutt’altro contesto, ricostruirà il valore di propaganda delle identità etno-linguistiche, segnatamente nel caso delle comunità russofone ucraine.

 

  1. “Fare cose con le parole”

A un livello più granulare degli usi del linguaggio, si nota come il senso delle parole stia in ciò che tramite esse facciamo, in particolare nei confronti altrui. La parola è un fenomeno pragmatico, perché istituisce relazioni tra persone. Si delinea così il suo significato intersoggettivo e pubblico. Questo carattere performativo e politico verrà esaminato lungo tre assi particolarmente rilevanti per l’esperienza collettiva.

In una lezione architettonica, Salvatore Natoli mostrerà come, entrando nel circuito dello scambio comunicativo, la parola possa perdere l’aura di corrispondenza col mondo e possa divenire semplice fantasma di verità, potente strumento di inganno e mistificazione. Questa perdita di innocenza è la radice ineludibile di ogni patologia della comunicazione. Questo tuttavia non è un destino segnato, perché, come mostrerà Stefano Massini (Lectio “Rotary Club Gruppo Ghirlandina”), le parole sono capaci non solo di invettiva, ma anche di elogio, non solo di odio, ma anche di amore. Gli farà eco Umberto Curi, che mostrerà come l’ascolto sia la prima delle forme di terapia e di cura.

Alla delicatezza e urgenza dei linguaggi performativi, tra odio e rispetto, violenza simbolica e reale, sono dedicati quattro interventi che da differenti prospettive gettano luce sulla questione. In un intervento quadro, Massimo Recalcati discuterà i traumi che la parola può generare nella psiche, anche attraverso quelle “parole-proiettile” che possono lasciare ferite di lunga durata nell’inconscio (Lectio “BPER Banca”). Mentre Claudia Bianchi procederà a una definizione e classificazione dei linguaggi di denigrazione, anche per valutarne le specificità, Francesca Piazza risalirà al prototipo dei duelli omerici per mostrare il carattere antagonistico del linguaggio con i suoi effetti reali. Michela Marzano, viceversa, discuterà delle trappole che si annidano nel linguaggio quando il consenso non è tale, ma è cedimento alla prepotenza e alla violenza.

Ciò conduce a un secondo terreno in cui misurare il valore performativo della lingua, ossia il caso dei linguaggi di genere, di nuovo con tre interventi complementari. Cecilia Robustelli (Lectio “Coop Alleanza 3.0”) discuterà il modo in cui registri linguistici connessi al genere siano un caso esemplare di una comunicazione che si voglia equa, perché fondata sull’uguale rispetto, e sostenibile, cioè capace di costruire un’ecologia non tossica della lingua. Alessandro Carrera, soprattutto a partire da esperienze di codifica linguistica americana, mostrerà certi parossismi delle odierne politiche di correzione linguistica. In un dibattito, format che il festival “sperimenta” in una nuova forma, Anna Maria Lorusso e Giorgia Serughetti faranno il punto sulle politiche linguistiche di genere e la loro relazione con la democrazia, anche evidenziando lo scarto tra innovazioni intenzionali nella morfologia delle parole e processi evolutivi della lingua.

Un terzo terreno nel quale la trasformazione dei codici linguistici e culturali investe l’identità collettiva è quello della cosiddetta “cancel culture”: il progetto di “de-colonizzazione” delle tradizioni culturali è oggetto di una conversazione tra Maurizio Bettini e Simone Verde, che si muoverà tra il canone classico e tradizioni di più recente invenzione, attraversando diverse “piattaforme” come il corpus letterario e l’istituzionalizzazione dei musei.

Una conversazione tra Massimo Cacciari e Natalino Irti discuterà la relazione tra lettera e spirito, testo e contesto, in uno dei codici linguistici maggiormente istitutivi e performativi, ovvero quello del diritto, nel quale gli enunciati prendono valore di norma e hanno forza obbligante.

Alessandro Bergonzoni interverrà in modo pirotecnico, in una messa in opera del carattere sperimentale della lingua, che mostrerà come l’inventiva generi mondi e sguardi.

 

  1. Pensiero, linguaggio, mondo

In un interludio teorico, si discute lo statuto fondativo della parola e del linguaggio in tre mosse. Questa pista ricostruisce dapprima alcune genealogie culturali del rapporto tra parole e mondo, per mostrare i complessi intrecci originari tra pensiero, linguaggio e ragione, nonché le differenti modalità con cui si stabiliscono le corrispondenze tra linguaggio, cose e rappresentazione in civiltà quali la classica, la biblica e la cinese antica.

Tre appuntamenti sono dedicati poi alla questione del linguaggio come facoltà e dispositivo: si discute qui se apparteniamo al linguaggio o se esso sia solo uno strumento, e se ne indica il valore d’uso, come forma di vita dotata di regole. Infine una terza sottotraccia ne presenta il carattere istitutivo, per cui il linguaggio, pur essendo sempre immerso nel mondo storico, genera mondi e quindi processi di cambiamento.

Al valore di “logos” come pensiero, ragione e linguaggio, questione iniziale della filosofia, è dedicata la lezione di Massimo Cacciari, membro del Comitato scientifico del festivalfilosofia. Per dare senso culturale e storico al modo in cui la parola è stata riferita al mondo, si ricostruiranno alcune scene originarie: Enzo Bianchi mostrerà il modo in cui nel Genesi si dà il nome al Creato, mentre Anne Cheng discuterà le corrispondenze tra linguaggio e realtà nel pensiero cinese antico. Al modo in cui il “logos” è anche voce, recuperando la relazione tra ritmo e parola, è dedicato l’intervento di Markus Ophälders.

Una delle questioni più rilevanti della discussione filosofica è quella se noi siamo linguaggio, cioè se pensiero e facoltà del linguaggio siano co-appartenenti, oppure se abbiamo linguaggio, ovvero se la capacità di parola sia qualcosa di non coincidente con la nostra natura, una funzione che possediamo ma che non ci esaurisce. A questi due estremi sono dedicati gli interventi, rispettivamente, di Donatella Di Cesare e Paolo Virno. Viceversa, mettendo a frutto la prospettiva della filosofia di Wittgenstein, Luigi Perissinotto mostrerà l’importanza dell’idea di gioco linguistico, uso e forma di vita nella costruzione di una teoria avanzata del significato.

Roberto Esposito, da una prospettiva che eccede l’approccio analitico della teoria degli atti linguistici, si soffermerà sul carattere istitutivo della parola, sempre già impastata di relazioni storiche ma anche sempre capace di generare il nuovo.

Al senso di spaesamento generato quando le parole non corrispondono più al mondo è dedicato l’intervento di Umberto Galimberti.

 

  1. Evoluzioni e innovazioni

Sempre sul crinale tra natura e artificio, la parola e il linguaggio fanno emergere da un lato questioni di evoluzione biologica e culturale, mentre dall’altro sono immersi in processi di innovazione anche tecnologica che ne mettono alla prova, ma anche ne illuminano, il senso.

Sul piano scientifico, Sverker Johansson mostrerà come la chiave evolutiva del linguaggio sia consistita nella cooperazione, e che il proto-linguaggio di Sapiens sia stato il frutto della correlazione tra fiducia, creatività e apprendimento sociale. Per comprendere alcune caratteristiche dell’apprendimento linguistico di Sapiens è fondamentale porsi la questione della decifrazione delle “grammatiche” animali: lo studio dei linguaggi animali, come mostrerà Eva Meijer (Lectio “Gruppo Hera”), getta luce sul ruolo di gesti, imitazione e pratica nella genesi della comunicazione delle specie e tra le specie. Maryanne Wolf si soffermerà invece su una specializzazione non prevista dall’evoluzione neurobiologica del cervello, ma determinata da fattori culturali, ovvero l’attivazione di circuiti cerebrali specifici che presiedono all’atto della lettura: tale capacità è stata sviluppata dalla nostra specie dopo un lungo percorso di appropriazione simbolica dei segni culminato con la scrittura. Analogamente, Andrea Moro mostrerà come la capacità ricombinatoria del linguaggio sia espressione del cervello, e come questo sia un fattore rilevante per comprendere non solo l’evoluzione, ma la realtà stessa.

Il carattere computazionale delle teorie linguistiche che confinano con le scienze del cervello si salda a frontiere tecnologiche che progrediscono letteralmente di anno in anno in modo esponenziale. Alla questione degli algoritmi generativi, dei prompt che rendono automatica la scrittura e la composizione di testi, con la valutazione dei pro e contra, sono dedicati gli interventi, simpatetici nel primo caso e assai più pessimistici nel secondo, di Maurizio Ferraris (Lectio “Confindustria Emilia Area Centro”) ed Éric Sadin. Viceversa Carlo Penco mostrerà che l’attuale evoluzione tecnologica è un caso particolare di una caratteristica fondamentale del linguaggio, ossia essere un codice formale oltre che una capacità naturale.

In un intervento che sottolineerà la necessità di una continua manutenzione della nostra preziosa capacità di linguaggio, Ines Adornetti discuterà alcune disfunzioni che possono dare luogo a svariati disturbi della comunicazione, rintracciandone i fattori psichici o neurologici.

 

  1. Scrittura e immagine

Un quinto gruppo di lezioni fa il punto sulla scrittura intesa come codice, sistema iconico e dispositivo di trasmissione. È su questo piano, uno dei più fertili nella riflessione filosofica del Novecento, che si rivela un vero e proprio tema-ombra del programma di quest’anno, ossia la complessa relazione tra parola e immagine: tale questione viene affrontata non solo dal punto di vista materiale e grafico, là dove emerge che la scrittura, anche alfabetica, ha sempre un riferimento visuale, ma anche su un piano più concettuale, per mostrare che il linguaggio ha un’incancellabile radice figurativa, com’è evidente nei casi della metafora e del simbolo.

La rivoluzione alfabetica ha portato con sè la possibilità di saperi “de-somatizzati”, puramente concettuali, che tuttavia affondano le proprie radici nella capacità umana di dare forma concreta alle parole. Si è trattato di uno stadio nella cultura grafica che caratterizza la modalità umana di dare forma concreta alle parole (non esclusivo, e nemmeno finale, come dimostra il proliferare di emoticon, meme, sticker e altre forme pittografiche nella nostra messaggistica, oltre alla persistenza di potenti e diffuse lingue ideografiche). A questa connessione tra linee, disegno e scrittura sarà dedicato l’intervento di Tim Ingold.

Dimentichiamo spesso che la scrittura, intesa come processo di concretizzazione simbolica della nostra capacità di parlare, è un evento contingente e recente. Mentre come specie parliamo da molte decine di migliaia di anni, scriviamo (in un senso tutto da precisare) da non più di 5.000-5.500. Questo significa che le scritture non sono trasparenti e vanno, appunto, decifrate, con la sfida che ne deriva quando si incontrano sistemi di scrittura di cui non conosciamo la decodifica: si occuperà di questi temi Silvia Ferrara. Al carattere polisemico della scrittura, per cui anch’essa, analogamente al linguaggio, funziona come un gioco che rende possibile la trasmissione, sarà viceversa dedicata la lezione di Alex De Voogt. Alle “prestazioni” della scrittura, soprattutto nel passaggio dall’oralità, è rivolto l’intervento di Nicla Vassallo, che prenderà in esame il caso esemplare della testimonianza.

Cerniera tra parola e immagine è il carattere metaforico connaturato non solo alla scrittura, ma al linguaggio in senso generale, come si evince dall’idea stessa che la parola sia parabola, cioè similitudine, perché nessuna parola ha senso senza un riferimento fuori da se stessa. Alla metaforologia come campo fondamentale della filosofia è dedicata la lezione di Francesca Rigotti, mentre Maurizio Ghelardi, in continuità con i temi di Aby Warburg, discuterà del simbolo come punto di contatto tra immagini e parole. La lezione di Barbara Carnevali, componente del Comitato scientifico del festivalfilosofia, sarà invece dedicata a un segno di cui sono pervase la nostra società, la nostra comunicazione e le nostre identità collettive, ossia il logo, di cui emergerà il carattere a un tempo linguistico e iconico.

In una lezione sui mondi di Vermeer, Francisco Jarauta presenterà la “grammatica rappresentativa” del grande pittore olandese.

In un intervento sul modo in cui le parole e la poesia consentono alle ombre di affiorare e prendere consistenza, Monica Guerritore mostrerà che la pratica artistica consiste in una mediazione tra il visibile e l’invisibile.

 

  1. Lezioni dei classici

Completerà come di consueto il programma filosofico la sezione “Lezione dei Classici”: grandi interpreti del pensiero filosofico discutono le opere che hanno maggiormente segnato la riflessione sul tema “parola”.

Franco Lo Piparo presenterà le teorie del linguaggio di Aristotele commentando la sua opera più rilevante da questo punto di vista, ossia il Dell’interpretazione. Manuela Sanna e Gaspare Polizzi si occuperanno di due momenti teorici importanti, rispettivamente Vico e Leopardi, in una storia – quella della questione della lingua italiana – che nel programma riemerge in altri ambiti sia sul piano teorico, che su quello dell’empowerment. Infine Pasquale Frascolla e Giuseppina Strummiello dedicheranno le loro lezioni ai due filosofi che più di ogni altro hanno contribuito a fare del linguaggio e della parola il tema più saliente della riflessione filosofica novecentesca, ovvero Wittgenstein e Heidegger.

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Mostre, installazioni, musica e spettacoli: tutte le forme della parola

La parola accompagna ogni forma di attività umana. Anche quest’anno, il programma che affianca le lezioni del festivalfilosofia esplora le diverse declinazioni di una caratteristica fondamentale del nostro animo, un’attività che ci rende umani.                                                      All’interno del programma artistico dell’edizione 2023 – costituito da mostre, installazioni, musica e spettacoli – è possibile riconoscere un’articolata risonanza fra i temi affrontati: ciò darà la possibilità agli spettatori di seguire dei percorsi tematici attraverso opere d’arte, incontri, teatro, fotografia, concerti, performance, reading…

I cinque fulcri teorici attorno a cui si sviluppa il programma artistico del festivalfilosofia 2023 sono “Fare cose con le parole”, Scrittura e trasmissione, Parola e immagine, Racconti e storie, Voci e sonosfere.

“Fare cose con le parole” esplora l’effetto principale della parola: il legame con gli altri, tramite l’espressione dei sentimenti o la realizzazione di azioni tramite il performativo. La parola come modo di fissare un contenuto e renderlo fruibile a destinatari, anche attraverso codici informatici, è il leitmotiv di Scrittura e trasmissione. Con Parola e immagine è possibile indagare la parola in quanto segno grafico, nel suo dialogo con le arti e l’iconografia. In Racconti e storie la parola viene analizzata nell’accezione base di strumento per la comunicazione dell’esperienza. Infine, in Voci e sonosfere, la parola torna alle origini, ossia all’articolazione del suono.

I cinque fulcri teorici del programma artistico:

  1. “Fare cose con le parole”

      1.1 Politica e performativo

        1.2 Lingue e popoli

        1.3 Cura e testimonianza

  1. Scrittura e trasmissione

    2.1 Codici e tecnologia

        2.2 Senso e significato

  1. Parola e immagine

3.1 Artisti

        3.2 Figure

        3.3 Produzioni

  1. Racconti e storie

4.1 Ricordare e tramandare

        4.2 Scoprire e inventare

  1. Voci e sonosfere

5.1 Percepire e comunicare

        5.2 Recitare e ripetere

        5.3 Parlare e cantare

 

















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