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Dal virus influenzale al meningococco, ecco come rispondono gli italiani ai vaccini

Presentata a Bologna la ricerca sull’adesione vaccinale condotta su un campione di oltre 10 mila abitanti. Il Nord Est si vaccina di più. Necessario migliorare le campagne di comunicazione

È stato presentato nei giorni scorsi a Bologna uno studio con oltre 10.000 partecipanti realizzato nel corso del 2023 sull’adesione vaccinale in Italia. La ricerca è stata condotta dall’osservatorio OBVIOUS (OBservatory on Vaccine Hesitancy in Italy – Online UniBo Surveys) dell’Università di Bologna. L’Osservatorio è nato nel 2021, con l’obiettivo specifico di monitorare i fattori che determinano l’adesione vaccinale nella popolazione italiana in relazione alla loro distribuzione regionale, alle variabili sociodemografiche e alle preferenze nella scelta a seconda delle caratteristiche del vaccino.

Nel 2023 l’osservatorio ha raccolto dati sull’adesione ai vaccini contro Herpes Zoster, Virus Influenzale, Pneumococco, Meningococco e Tetano. Per ciascun vaccino sono state indagate le variabili di percezione individuale (ovvero il rischio percepito di malattia e la sicurezza percepita del vaccino); i determinanti sociali (ad esempio le opinioni di amici e parenti sui vaccini). E’ stata inoltre misurata la conoscenza delle persone riguardo la possibilità di avere diritto al vaccino e i problemi pratici riscontrati nell’accesso alle vaccinazioni.

Circa le strutture per la somministrazione dei vaccini, la grande maggioranza dei partecipanti ha riferito di aver ricevuto le vaccinazioni in un hub vaccinale. Gli hub sono anche i primi tra le preferenze come sede dove ricevere la vaccinazione. In seconda posizione troviamo gli ambulatori del Medico di Medicina Generale (MMG), a seguire l’ospedale, la farmacia e infine il posto di lavoro o il domicilio. Va sottolineato come questo dato sia stato indubbiamente influenzato dalla recente esperienza legata agli hub vaccinali allestiti per la pandemia da COVID-19, viceversa è interessante notare come questa esperienza sia risultata a posteriori molto apprezzata dai cittadini e rappresenti ancor oggi (nella fase post-pandemica) la sede preferenziale per le vaccinazioni di routine.

Per quanto riguarda le informazioni utili per orientare un’eventuale campagna informativa, è stata indagata nei partecipanti quale fosse la loro fonte primaria di informazioni sui vaccini. È risultato che il 62.1% degli italiani si rivolge prioritariamente al proprio medico di base per informarsi sui vaccini raccomandati, al contempo il 23.0% preferisce utilizzare come fonti primarie di informazioni Internet e la televisione.

 

I VACCINI ANALIZZATI:

Herpes Zoster (HZ)

L’Herpes Zoster (HZ) o “Fuoco di Sant’Antonio” è una malattia acuta dovuta alla riattivazione del virus Varicella Zoster (VZV) presente in forma latente nei gangli della radice dorsale. L’HZ è una malattia fortemente dipendente dall’età e interessa prevalentemente soggetti di età superiore ai 50 anni.

In Italia attualmente sono disponibili due tipi di vaccini contro l’Herpes Zoster: il vaccino vivo attenuato, che richiede la somministrazione di una dose e il vaccino ricombinante, che richiede la somministrazione di due dosi a distanza di due mesi. In Italia, il vaccino contro HZ è offerto attivamente alle persone con più 65 anni e ai maggiorenni in presenza di condizioni di rischio per lo sviluppo della malattia (come diabete mellito, malattie cardiovascolari, BPCO, soggetti in terapia immunosoppressiva e altre). Il vaccino contro HZ risulta avere percentuali molto basse di adesione vaccinale (o uptake), con una media italiana del 12.4%. Eccezione positiva a questo dato è rappresentata dalle regioni del Nord-Est, che vantano le percentuali di uptake migliori: il 25.5% degli uomini e il 27.9% delle donne riferiscono di essere vaccinate. Interessante notare come circa la metà degli intervistati che non ha ricevuto la vaccinazione riferisce di essere intenzionato a vaccinarsi. Il basso uptake in tutta Italia può essere in parte spiegato con la ridotta consapevolezza di essere tra i destinatari del vaccino, risulta infatti che circa il 60% dei partecipanti non sa di far parte della popolazione target a cui è offerta la vaccinazione contro HZ. Ulteriori spiegazioni del basso uptake possono essere rintracciate nella ridotta preoccupazione per lo sviluppo di malattia, con il 71.3% che è poco o per nulla preoccupato di sviluppare HZ, e nei dubbi sulla sicurezza dei vaccini, con il 16.9% che ritiene che i vaccini anti HZ possano non essere sicuri. Livelli così bassi di uptake potrebbero essere ulteriormente correlati al fatto che il 66% dei destinatari del vaccino HZ riferiscono di non essere stati invitati o indirizzati alla vaccinazione da nessuno. Un ultimo dato emerso dall’indagine, è che esattamente la metà degli italiani non vaccinati contro HZ e destinatari della campagna vaccinale ha riferito di non sapere come accedere alla vaccinazione contro HZ.

 

Virus influenzale

Durante la campagna antinfluenzale dell’autunno 2022, l’uptake del vaccino contro il virus influenzale è risultato relativamente omogeneo sul territorio italiano, con una media nazionale di persone vaccinate del 45.4%. Anche in questo caso si notano percentuali più alte di vaccinati rispetto alla media (58.4% degli uomini e il 43.9% delle donne) soprattutto nelle regioni del Nord-Est del paese. Per quanto riguarda la vaccinazione antinfluenzale, la popolazione target sembra essere più consapevole, con il 65% della popolazione target a conoscenza del fatto che rientra tra i destinatari della campagna vaccinale. Tra i partecipanti, solo il 26.9% si dichiara in qualche misura preoccupato di contrarre l’influenza, quasi la stessa percentuale di chi si dichiara per nulla preoccupato. Rispetto alla percezione di sicurezza del vaccino, circa il 20% lo ritiene poco o per nulla sicuro. La proposta di vaccinazione antinfluenzale è arrivata nella metà dei casi dal medico di medicina generale, figura che si conferma chiave in questa campagna vaccinale. Nel resto del campione invece, ben il 27.7% degli aventi diritto ha riferito di non aver ricevuto una proposta di vaccinazione antinfluenzale da nessuno, il 10.5% dalla medicina del lavoro e il 6.6% dalla propria ASL di riferimento. In compenso, è emerso che 8 italiani su 10 non vaccinati contro l’influenza saprebbe come accedere alla vaccinazione.

 

Pneumococco

Lo pneumococco è un virus del quale è possibile individuare più di 90 sierotipi distinti. È un virus colonizza in maniera asintomatica la mucosa naso-faringea del 20-40% dei bambini e del 5-10% degli adulti. È una comune causa di otiti, congiuntiviti, sinusiti ed è la prima causa di polmonite acquisita in comunità. Può determinare malattia invasiva da pneumococco sotto forma di osteomieliti, sepsi e meningiti specialmente nei bambini più piccoli e nell’anziano. Contro lo pneumococco esistono due tipologie di vaccino: vaccini coniugati pneumococcici (PCV13, PCV15 o PCV20) e il vaccino polisaccaridico pneumococcico (PPSV23). L’uptake vaccinale medio nella popolazione target maggiorenne su tutto il territorio nazionale è del 34.9%, con una marcata variabilità territoriale. I tassi più alti di adesione sono stati rilevati nel Nord-Est, con il 58.5% di uomini e il 42.3% di donne. Nelle altre regioni d’Italia, l’uptake è assestato intorno ad un terzo degli aventi diritto, ad eccezione delle regioni del Nord-Ovest in cui sono stati riferiti uptake particolarmente bassi (solo il 27.2% degli uomini e il 23.4% delle donne aventi diritto riferiscono di essere vaccinati). Circa un terzo tra tutti i destinatari non vaccinati avrebbe intenzione di vaccinarsi. Solo la metà dei destinatari della campagna vaccinale sa di esserlo. Una spiegazione di un uptake nazionale così poco soddisfacente potrebbe essere ritrovata nel fatto che il 42% degli aventi diritto ha risposto che nessuno, fino a quel momento, avesse proposto loro la vaccinazione anti-pneumococcica. Nel 33.8%, invece, è stato il medico di medicina generale ad aver proposto la vaccinazione anti-pneumococcica, il che evidenzia l’importanza di coinvolgere i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta nelle campagne vaccinali in Italia. Il resto del campione ha indicato di aver ricevuto la proposta della vaccinazione dai medici dell’ASL di appartenenza (11.8%), dal medico del lavoro (7.2%) e da altri specialisti (4.4%). Come per il vaccino anti-HZ, dall’indagine è emerso che la metà della popolazione destinataria della campagna vaccinale contro lo pneumococco e non ancora vaccinata non sa come accedere alla vaccinazione.

 

Meningococco

Per malattia meningococcica si intende qualsiasi malattia causata dal batterio Neisseria  meningitidis. Le meningiti da meningococco sono attualmente le meningiti batteriche più comuni in età pediatrica. Il loro grave quadro clinico, con esiti a volte drammatici, le rende malattie molto temute. Per questo, l’intervento di sanità pubblica deve prevedere tutte le possibili azioni efficaci per prevenire gli eventuali casi secondari. Esistono 13 diversi sierogruppi di meningococco, ma solo sei causano meningite e altre malattie gravi. In Italia e in Europa, i sierogruppi B e C sono la causa più frequente di malattia invasiva. I bambini piccoli e gli anziani sono a rischio più elevato di contrarre infezione e malattia. In Italia sono stati segnalati 26 casi di malattia invasiva da meningococco nel 2021. Nel 2020 ne sono stati segnalati 74 e nel 2019, 190. In Italia esistono tre tipi di vaccino anti-meningococco: il vaccino coniugato contro il meningococco di sierogruppo C (MenC). il vaccino coniugato tetravalente: protegge dai sierogruppi A, C, W e Y (MenACWY). il vaccino contro il meningococco di sierogruppo B (MenB). A livello nazionale, l’81.3% dei genitori riferisce di aver accettato la vaccinazione anti-meningococco per i propri figli, con una discreta variabilità interregionale. In questo caso le regioni del Sud sono state quelle con l’uptake più basso, (77.6%), mentre le regioni del Centro Italia hanno riferito i livelli di uptake più alti, con una media del 84.5%. Notiamo che, tra chi non ha ancora accettato il vaccino anti-meningococco, circa la metà dichiara che lo farebbe. Nel 36% dei casi, i destinatari non ricordano quale tipo di vaccino anti meningoccocco hanno accettato. Inoltre, il 31% non ricorda il numero di dosi effettuate. Il 41.4% di chi non ha accettato la vaccinazione anti-meningococco per i propri figli ha riferito di non sapere come accedervi. A differenza degli altri vaccini, nel caso del meningococco, la popolazione destinataria sembra più consapevole della severità della patologia. Emerge infatti che più della metà dei genitori (51.3%) riferisce di essere preoccupato che i figli possano contrarre la meningite da meningococco. Parallelamente, l’87.9% del campione considera la vaccinazione anti-meningococcica sicura. Dalle risposte dei genitori alla nostra indagine sembra che solo il 58.7% di loro sappia che i figli rientrano tra gli aventi diritto della vaccinazione anti-meningococco.

 

Tetano

Il tetano è una malattia infettiva acuta non contagiosa causata dal batterio Clostridium tetani. L’infezione si contrae attraverso la contaminazione di tagli o ferite con le spore del batterio. In assenza di un adeguato trattamento la malattia è letale nel 30-50% dei casi. I casi annuali registrati nel nostro continente nel corso del 2018 ammontavano a 92. Durante i periodi 2001- 2003 e 2006-2010 sono stati riportati 169 decessi (rispettivamente 62 e 107), con una media annua di 21 casi e una netta prevalenza di decessi tra la popolazione femminile. La prevenzione della malattia si basa sulla vaccinazione, prevista in Italia per tutti i nuovi nati. Il calendario vaccinale vigente prevede la somministrazione di tre dosi nel primo anno di vita (al terzo, quinto e dodicesimo mese di età), una dose di richiamo nel sesto anno e un’altra a 14 anni. La somministrazione di tre dosi di vaccinazione antitetanica conferisce una protezione molto elevata, con un’efficacia superiore al 95%. La durata della protezione nel tempo è di almeno 10 anni ed è ulteriormente garantita dall’esecuzione dei richiami decennali. Dall’indagine emerge che solo il 42.7% in Italia ha fatto un richiamo della vaccinazione antitetanica negli ultimi 10 anni. La copertura del vaccino risulta variabile sul territorio, con massimo di 55.7% di copertura al Nord Est e minimo di 32.9% nel Sud Italia. Appare evidente come su tutto il territorio, più della metà di chi non ha fatto un richiamo della vaccinazione antitetanica recentemente, riferisce di essere disposto a vaccinarsi. Sebbene solo 1 persona su 10 riferisca di aver trovato difficoltà all’accesso al booster antitetanico, il 27.5% non ha eseguito un richiamo negli ultimi 10 anni, risultando quindi ad oggi sprovvista di adeguata protezione contro il tetano. Questo dato arriva a superare il 30% nelle regioni del Sud Italia. Visto che la maggior parte degli italiani (>90%) ritiene il vaccino anti-tetanico sicuro, il basso uptake potrebbe essere legato al fatto che meno della metà di loro sa di doversi sottoporre ad una dose richiamo ogni 10 anni, ma anche al fatto che più due terzi della popolazione riferisce di non essere preoccupato di contrarre il tetano.

“Come segreteria scientifica dell’osservatorio OBVIOUS siamo rimasti particolarmente soddisfatti della attiva partecipazione degli iscritti ai lavori dello scorso 19 ottobre, giornata in cui abbiamo presentato ad una platea di oltre 150 persone i risultati del nostro studio – afferma il professore Davide Gori, che coordina il gruppo di studio dell’osservatorio. – In particolare, crediamo che la discussione abbia affrontato in modo costruttivo temi molto importanti e, oltre all’inevitabile dibattito sui determinanti dell’esitazione vaccinale crediamo che, fra gli altri, nella discussione con i rappresentanti istituzionali, siano emersi temi fondamentali quali, ad esempio, la necessità di implementare e potenziare l’Anagrafe Vaccinale Nazionale e i temi della formazione sui vaccini a vari livelli, dalla scuola di medicina fino alla specialità. Infine, siamo molto rimasti colpiti dall’interesse e dalla partecipazione di un gran numero di giovani colleghi e colleghe, specializzandi e professionisti sanitari non accademici, che lavorando direttamente nelle strutture territoriali e ospedaliere del Sistema Sanitario Nazionale possono avere un grosso impatto sulla realtà della sanità pubblica”.

 

















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