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Castelnovo Monti: “Un nuovo patto per la sanità in montagna oggi è quanto mai necessario”.

Emanuele Ferrari e Carlo Boni propongono alcune basi per una discussione concreta sul tema

“Il dibattito sulla situazione della sanità in montagna è molto acceso al momento. E tenendo conto di ciò, vorremmo avanzare alcuni temi e proposte in modo che tale dibattito possa essere costruttivo ed arrivare a interventi concreti, anche in vista della necessità di costruire quel patto per la sanità in montagna che auspichiamo diventi una priorità già nei prossimi mesi per la Regione Emilia – Romagna”. Ad intervenire su un tema molto importante per il territorio appenninico sono il Sindaco di Castelnovo Monti e Presidente dell’Unione montana Appennino Reggiano Emanuele Ferrari, e l’Assessore castelnovese e medico pediatra Carlo Boni.

“Quando parliamo della necessità di una riorganizzazione della medicina territoriale – afferma Boni – posso parlarne come medico che ne ha vissuto ormai diverse stagioni della sanità in montagna, e devo dire che per molti aspetti la figura del medico che lavora costantemente chiuso nel suo studio, gestendo esclusivamente i suoi pazienti, è rimasta molto vicina a quella di 50 anni fa, e oggi non ce lo possiamo più permettere: i medici devono essere messi in condizione di lavorare insieme e di usufruire di moderne tecnologie che accorcino la distanza per andare verso i pazienti”.

Prosegue Emanuele Ferrari: “L’introduzione della telemedicina sarebbe un primo elemento fondamentale per cambiare questa situazione: consentirebbe di ridurre tempi di attesa, spostamenti a carico dei pazienti e offrire diagnosi specialistiche in modo rapido. Un ruolo molto importante potranno averlo le Case della Salute e Ospedali di comunità, strutture che si propongono come punto di riferimento continuativo per i cittadini, in cui possono accedere a funzioni d’assistenza sanitaria primaria e attività di prevenzione. In Appennino abbiamo già alcuni esempi a Toano e in via di completamento a Villa Minozzo, e a Castelnovo sta sorgendo l’Ospedale di comunità vicino alla Rsa Villa delle Ginestre: qui potranno avere sede ambulatori dei medici di base e dei pediatri di libera scelta, ambulatori infermieristici e polifunzionali per il trattamento di patologie croniche e per effettuare screening di prevenzione, e il servizio di continuità assistenziale. Questa rete di strutture deve poter rappresentare una base di lavoro comune per i medici: non possiamo più pensare di avere un territorio disseminato di ambulatori “sotto casa”, ma offrire punti maggiormente strutturati di accesso alle cure primarie, visite in queste sedi e anche a distanza, persino specialistiche, quasi in tempo reale grazie alla tecnologia”.

“Per arrivare a questa che potrà essere una svolta epocale – conclude Boni – compresa una possibile soluzione ai problemi di liste di attesa e difficoltà di accesso alle visite, sarà comunque necessario compiere investimenti: da una parte sulla formazione dei medici, che comunque sono già abituati a utilizzare software e tecnologie e possono essere preparati anche per l’utilizzo degli strumenti di telemedicina in tempi accettabili, dall’altra nel dotare le sedi decentrate di tecnologie diagnostiche almeno di primo livello. Per quanto riguarda il tema di incentivi e alloggi da mettere a disposizione di medici che scelgano di lavorare in montagna, sono temi già in campo da tempo ma per riuscire a concretizzarli sarebbe necessario modificare il contratto collettivo nazionale o andare in deroga ad esso, soluzione che al momento sarebbe la più rapida. Vorrei però sottolineare come in Italia non ci sia attualmente una reale carenza di medici, ma evidentemente un problema sull’organizzazione dei servizi, rimasto arretrato come accennavo poc’anzi: la media dei medici in Italia è di 4,2 ogni mille abitanti, contro una media europea di 3,7. Quelli che mancano invece sono gli specialisti: più che aprire senza più limiti il numero di iscrizioni a medicina, sarebbe invece importante lavorare sull’accesso alle specializzazioni che oggi pongono grandi ostacoli anche in termini di costi da affrontare per gli specializzandi. Anche su questo crediamo sarebbe fondamentale prevedere azioni. In generale la politica deve essere consapevole che salvare il nostro Sistema sanitario nazionale sia centrale per la tenuta del sistema sociale e democratico del Paese”.

















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