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Reggio Emilia, Osservatorio pari opportunità sul lavoro, i risultati

Conclusa la prima edizione del progetto promosso dalla Provincia insieme all’Università e con il sostegno della Regione sulle discriminazioni di genere nel pubblico e nel privato

Presentati questa mattina i risultati del primo Osservatorio provinciale contro le discriminazioni di genere in ambito lavorativo realizzato dalla Provincia di Reggio Emilia in collaborazione con il Dipartimento di Comunicazione ed Economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia e con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso i fondi destinati a sostenere la presenza paritaria delle donne nella vita economica.

“Uno strumento fondamentale per fare rete fra i vari assessorati e programmare politiche pubbliche locali che contrastino la disparità di genere in ambito lavorativo” ha sottolineato la consigliere provinciale delegata alle Pari opportunità Claudia Martinelli sottolineando “il ruolo importantissimo che proprio la Provincia può avere nel raccordare e nel sostenere i Comuni in questo lavoro”.

La base di partenza è incoraggiante. “Dall’Osservatorio emerge infatti un quadro sì migliorabile, ma coerente con una situazione complessiva di una provincia virtuosa, dove la qualità di vita ed anche di lavoro è decisamente superiore alle media”, hanno detto i professori Giovanna Galli Massimo Neri dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Fatto 100 il rapporto di perfetta parità tra uomini e donne, l’indicatore complessivo nella nostra provincia è infatti pari a 81,5, a sua volta frutto di altri indicatori settoriali (dalla salute al denaro, dal potere al tempo e alla conoscenza) che spaziano dal 65,9 del lavoro al 111,4 della salute.

Mancano raffronti con altre province – essendo Reggio l’unica che ha avviato questo importante lavoro con questa impostazione, coerente con quanto accade a livello europeo – ma il dato è per l’appunto positivo. “Soprattutto, l’Osservatorio ci indica dove, pur in un territorio virtuoso, poter lavorare – continua la consigliera provinciale Claudia Martinelli – Ad esempio a favore della fascia 55-60 anni perché se il sistema dei servizi 0-6 anni agevola le lavoratrici che hanno figli, non altrettanto si verifica quando le donne devono occuparsi di assistere genitori anziani e diventano caregiver. O sulla formazione cosiddetta STEM, ovvero le materie scientifiche-tecnologiche-ingegneristiche ancora poco studiate dalle donne, che prediligono le materie umanistiche o sociali, con inevitabili ripercussioni anche sui livelli salariali”.

Dall’Osservatorio emerge anche, in ambito giovanile, un ingresso al lavoro più veloce per gli uomini, specie con basso tasso di scolarizzazione, anche perché le donne studiano e si laureano di più.

La Consigliera di parità della Provincia Francesca Bonomo ha evidenziato che le donne che si sono rivolte complessivamente all’ufficio (circa 200 in otto anni) solo in minima parte – poche unità – lo hanno fatto per rivendicare un ruolo organizzativo apicale e relativo inquadramento e retribuzione. Questo dato rivela, dal punto di osservazione della Consigliera di parità, quanto venga ancora oggi maggiormente richiesto e negoziato un maggior tempo necessario per conciliare le attività lavorative e il lavoro di cura, piuttosto che rivendicare posizioni di responsabilità.

“L’analisi dei dati prodotti nella prima edizione dell’Osservatorio, con tutti i limiti chiaramente esposti e commentati nel report, indica l’esistenza, o meglio la persistenza, del gap di genere in termini di partecipazione lavorativa, in particolare per quanto riguarda il tasso di occupazione e disoccupazione giovanile, e disomogeneità professionale, ovvero carriere in contesti professionali ricoperti in prevalenza da lavoratrici – hanno concluso i professori Galli e Neri – Tali indicazioni vanno però interpretate anche alla luce di altri indicatori e considerando la forte vocazione del territorio all’attività di cura e assistenza, a condizioni economiche di vita decisamente migliori della media nazionale, a percorsi lenti, ma visibili di miglioramento della posizione relativa in ruoli di potere economico e politico e a modelli di gestione delle relazioni sociali, ormai allineato. Va, infine, sottolineato come in alcuni ambiti, ad esempio la salute, i segnali siano ampiamente positivi, a dimostrazione di un trend che può preludere a virtuosi cambiamenti di scenario”.

















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