Negli ultimi mesi, il sindacato Filcams Cgil Modena ha raccolto numerose segnalazioni da parte di lavoratrici e lavoratori del terziario che denunciano pratiche lavorative vessatorie e condizioni di lavoro insostenibili.
Sono le storie più diverse.
Un lavoratore, impiegato nel settore telefonia, è stato licenziato dopo aver richiesto un anticipo sul Tfr per riparare l’auto, strumento essenziale per raggiungere il luogo di lavoro e che denunciava di essere osservato e ascoltato con utilizzo di telecamere non autorizzate.
Un’altra lavoratrice del comparto agenzie immobiliari, è stata allontanata perché non andava d’accordo con una collega di grado superiore.
Ad un’altra lavoratrice ancora, impiegata in un supermercato della provincia, dopo aver chiesto un’ora di permesso per un evento familiare, le è stato prima chiesto di lavorare la domenica antecedente le ferie (ma non poteva perché era il giorno in cui partiva), poi il festivo (il 25 Aprile, e ha rifiutato per precedenti impegni) e infine “per punizione” si è vista assegnare solo turni di chiusura per l’intera settimana. Ovviamente non le è stata concessa l’ora di permesso!
In una nota catena della grande distribuzione, viene chiaramente comunicato che lavoratrici e lavoratori possono fruire di un solo sabato libero all’anno, e ulteriori richieste di riposo nel weekend devono essere coperte con l’intera settimana di ferie “obbligate”. Se hai la Comunione di tuo figlio o devi andare a un matrimonio di sabato, devi fare un’intera settimana di ferie, altrimenti il solo sabato non è concesso!
In molti supermercati vengono inoltre fissati turni spezzati che non permettono mai di avere una sera libera prima delle ore 21, impedendo la conciliazione vita lavorativa e familiare.
Ancora, vengono programmati orari con stacchi fino a 6 ore tra un turno e l’altro che obbligano a stare fuori casa dalle ore 7 di mattina alle 22.
Non è raro inoltre imbattersi in casi in cui, dietro contratti apparentemente regolari, si celano forme mascherate di sfruttamento e abuso di potere. È il caso di una lavoratrice formalmente assunta come impiegata in uno studio professionale, ma di fatto trasformata in colf, babysitter, autista personale e personal shopper dell’intera famiglia del datore di lavoro. Una disponibilità h24 pretesa via WhatsApp, con messaggi anche notturni o nei giorni di riposo, accompagnata da frasi umilianti come: “Devi ringraziare che hai un lavoro. Una come te la sostituisco domani. Se non fai tutto quello di cui ho bisogno puoi anche non presentarti più. La porta è quella!”
Una lavoratrice della ristorazione è stata prima spostata a mansioni inferiori rispetto al proprio livello di inquadramento e poi licenziata dopo aver richiesto di regolarizzare il contratto di assunzione per tutte le ore lavorate.
“Queste situazioni rappresentano un grave abuso del rapporto di lavoro – afferma Cinzia Pinton della segreteria Filcams Cgil (delega parità di genere e mercato del lavoro) – e un esempio concreto di sfruttamento e molestia psicologica in violazione della dignità e dei diritti fondamentali, della persona, dove il ricatto occupazionale prende il sopravvento sul rispetto umano e contrattuale”.
Una condizione che esiste solo quando il sindacato non ha agibilità o viene tenuto fuori dai luoghi di lavoro.
“Questi episodi, purtroppo ancora troppo frequenti in molti settori – dal lavoro domestico alla Grande Distribuzione Organizzata, dagli studi professionali fino ai servizi – rendono evidente quanto sia urgente rafforzare la rappresentanza sindacale, la contrattazione, e il controllo del rispetto dei diritti, soprattutto nelle realtà più isolate o meno sindacalizzate” continua Pinton.
La Cgil dice basta!
Per questo oggi invitiamo tutte le lavoratrici e i lavoratori a non subire, a non tacere, e a denunciare.
La Filcams Cgil vuole anche rafforzare il messaggio di denuncia su una realtà troppo spesso taciuta, ovvero le discriminazioni durante i colloqui di lavoro e l’uso di stereotipi di genere.
Non possiamo più tollerare che ancora oggi, durante i colloqui di lavoro, a una donna venga chiesto: “Hai intenzione di avere figli?”; “Chi li terrà quando staranno male?”; “Hai già figli? Ne vuoi altri?”
“Domande inaccettabili, vietate dalla legge, che violano la privacy e rivelano un pregiudizio profondo verso la maternità, come se fosse un ostacolo, anziché un diritto” commenta Laura Petrillo segretaria Filcams Cgil (foto) – Queste domande sono sempre rivolte solo alle donne perché ancora oggi è molto diffuso un modello sociale che ritiene che la genitorialità sia esclusivamente a carico loro e laddove l’impegno è condiviso, rimane spesso una condivisione parziale e, comunque, prevalentemente a carico della mamma, il cui diritto alla realizzazione di sé stessa, anche attraverso il lavoro, viene ritenuto marginale e sacrificabile”.
Nei luoghi di lavoro, poi, sono ancora troppe le testimonianze di molestie verbali e atteggiamenti sessisti da parte di colleghi o superiori: “Con quella gonna hai ottenuto il contratto, eh!” ; “Sei troppo carina per stare in magazzino, dovresti stare alla reception” ; “Sei nervosa? Hai il ciclo?”.
Frasi che umiliano, offendono e minano la dignità delle lavoratrici. Questo clima crea un ambiente ostile, in cui spesso la paura di perdere il posto vince sul coraggio di denunciare.
“Chiediamo rispetto, tutele e sanzioni vere per chi discrimina.
Invitiamo tutte le lavoratrici a segnalare queste situazioni alle/ai delegate/i, alle Camere del Lavoro, alle/ai funzionarie/i sindacali” afferma Petrillo.
Dove c’è la Cgil, nessuna è sola. La Cgil invita tutte e tutti al voto l’8 e 9 giugno per un lavoro stabile, sicuro, tutelato e dignitoso.