Il designer non si deve limitare alla creazione di oggetti belli e forme piacevoli. Il designer deve creare qualcosa di utile, di funzionale, mentre è l’utente stesso che contribuisce a definire ciò che è design e ciò che non lo è, partecipando attivamente, al pari del progettista, alla creazione dell’opera. Parola di Enzo Mari, uno tra i più celebri architetti e designer italiani, già presidente dell’Associazione per il Disegno Industriale e autore di numerose opere esposte in musei d’arte e design di tutto il mondo, quali la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Museum of Modern Art di New York, il Louvre di Parigi.
L’appuntamento con Enzo Mari è per giovedì 30 settembre alle ore 9.30, alla Galleria dell’Architettura, nell’ambito del ciclo di incontri “Costruire, Abitare, Pensare”. Di scena, una lezione “al contrario”, dove sono gli allievi – giovani designer e progettisti – a interrogare il maestro su quella che, con l’andare del tempo, si è trasformata da professione a vera e propria filosofia concettuale, dove il design acquista un ruolo di prim’ordine nella vita quotidiana, e il designer può – e deve – essere allo stesso tempo artista, progettista, partner nei processi industriali.
Ampio spazio trova nella “poetica” di Mari proprio il concetto di partnership, che coinvolge appunto lo stesso fruitore dell’opera di design nella costruzione del significato dell’opera. Una sorta di “semiologia del design” che ha portato Mari a criticare ferocemente, già dalla fine degli anni Sessanta, quel filone di pensiero che attribuisce ai designer il ruolo di semplici interpreti di tendenze: necessario, secondo Mari, è tornare a quella sorta di “tensione utopizzante delle origini” in cui il “senso etico” viene ad essere parte integrante di ogni progetto. Così, il designer deve rispondere alla propria “coscienza etica”, alla propria missione, al pari di un medico, che ogni giorno, a prescindere da fattori contingenti, deve tenere fede al giuramento di Ippocrate.
Il grande teorico del design italiano e mondiale Enzo Mari – che ha formalizzato queste tesi in un vero e proprio Manifesto, pubblicato nel 1999 – è affiancato, nella “lezione alla rovescia”, dal docente ed artista Rolando Giovannini. Imolese, e direttore dal 1986 dell’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza “Gaetano Ballardini”, Giovannini è a sua volta autore di opere personali che hanno attirato l’attenzione di musei di tutto il mondo, da Londra a Barcellona e Lisbona.