La nostra cultura e le nostre tradizioni sono il fondamento della nostra società, ma non è possibile guardare al futuro ignorarando i cambiamenti e, di conseguenza, mutando il concetto di cittadinanza.
I nuovi cittadini – chiamarli immigrati è riduttivo e anacronistico – hanno dei doveri prima di tutto ma anche una serie di bisogni che non possono essere ignorati.
Professare la propria religione è un diritto di tutti, stranieri e non, occorre però farlo nel rispetto delle regole e le risposte devono arrivare guardando oltre le esigenze di una singola comunità.
Professare la propria fede non può essere un problema o addirittura trasformarsi in un’emergenza. Ho apprezzato le parole dei parroci, che hanno fatto seguito a quelle del Santo Padre nella giornata del migrante dichiara Maria Cristina Vandelli. Il richiamo all’accoglienza è doveroso, mi auguro allora che le parole vengano seguite dai fatti. Senza mettere in dubbio che la religione cattolica è colonna portante della nostra storia e che il commento verso quello che sono costretti a subire i cattolici in alcune parti del mondo è di ferma condanna, è esemplare e molto bello, che venga proprio dai parroci il monito all’accoglienza verso una comunità che si ritrova a pregare per strada anche nelle giornate invernali. Sarebbe ancora più bello se arrivasse anche dalle parrocchie, la proposta di mettere a disposizione temporaneamente (magari solo nei mesi più freddi) un loro spazio – ovviamente non la chiesa – per permettere ad altri di pregare al riparo dalle intemperie.
Allo stesso modo –continua la Vandelli – se la questione è puramente religiosa sarebbe opportuno che la comunità musulmana accettasse la soluzione migliore, senza impuntarsi sulle questioni burocratiche. Questa sarebbe la via più veloce e il segnale più chiaro che la vicenda non ha altre implicazioni.
Ma una Sassuolo che guarda al futuro dovrebbe essere in prima fila, in un’ottica di distretto, proponendo -sul modello di alcune città europee- la costruzione di una casa delle culture nella quale “tutte” le comunità religiose minoritarie sul nostro territorio possano ritrovarsi per svolgere le proprie attività sottoscrivendo una serie di regole precise. Non possono esserci ne vincitori ne vinti quando si parla di diritti della persona, ne possono esserci partiti e/o sindacati pronti a cavalcare queste occasioni per un po’ di visibilità e nemmeno ulteriori tavoli di confronto: è tempo di decidere. Magari allora ci fosse la volontà da parte di tutti i sindaci del distretto, modenese e reggiano, in un’ottica di collaborazione, di cercare di guardare oltre la politica con la consapevolezza e l’orgoglio di chi vuole dare diritto di preghiera a tanti suoi cittadini, trovando una soluzione definitiva anzichè continuare a rimandare la questione al Sindaco Caselli, con scuse banali, come fosse solo un “problema” di Sassuolo.