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Lettera al Direttore sulla conferenza ‘Giovani immigrati a Sassuolo’

Riceviamo e pubblichiamo: “Tornata dall’ennesimo convegno sui giovani figli di immigrati o sulla seconda generazione che dir si voglia (io personalmente non amo quest’ ultimo termine perché definisce ciò che non sono) rifletto su ciò che ho capito oggi. Penso, ripenso e alla fine mi convinco che ragioniamo e ci atteggiamo peggio di come veniva fatto 20 anni fa! Nel mio “peggio” escludo la scuola che ha fatto invece un lavoro eccezionale ed unico per quanto riguarda l’ interazione”.

“In ogni caso per farvi capire meglio vi descrivo il convegno in 4 fasi:

Fase n. 1: Qualcuno dei relatori inizia a blaterare qualcosa sulla necessità di riforme inerenti l’ accesso al mondo del lavoro, all’ istruzione, ed infine alla necessità di velocizzazione del processo di acquisizione della cittadinanza e del diritto di voto per gli immigrati in generale. Noto da subito la difficoltà dei relatori, che si sono improvvisati esperti sociologi, nel definire la mia “specie”. L’ evoluzione della mia “specie” è stata velocissima nel giro di un’ ora sono passata da essere immigrata, poi giovane immigrata, poi giovane della seconda generazione e poi figlia di immigrati. Non sono più un soggetto, ma bensì “un’ interessante” oggetto di studio!

Fase n. 2: Ovviamente nei migliori convegni non possono mancare i numeri. Infatti anche in questo convengo si parla di percentuali, statistiche, calcoli. Si iniziano a fare raffronti deliranti. In sostanza scopro che gli immigrati colonizzeranno l’ Italia. Molto probabilmente diventeranno il 40% della popolazione italiana in un prossimo futuro; a questo punto dobbiamo correre ai ripari! Morale della favola: nessuno ha considerato che io farò al massimo 1 / 2 figli. Non penso minimamente di farne 4 / 5. Ovviamente questo non è un problema perché io sono un numero. I miei genitori sono numeri. Tantissime persone sono altrettanti numeri.

Fase n. 3: Siamo al pezzo forte. Il vero tema importante quando si parla di giovani figli di immigrati è la Moschea! Quando si parla di immigrazione non può mai mancare un grande luogo di culto (questo binomio non l’ ho mai capito e mai lo capirò). Voglio dire tutti i nuovi “giovani” sassolesi pregano e non avere un luogo in cui pregare è un gravissimo disagio. Nel 2011 il loro grande problema è il loro rapporto con Dio. Non è certamente il precariato, la disoccupazione e la mancanza di prospettive future.

Fase n . 4: Osservo la sala che straborda di giovani. Ci sono ben 10 ragazzi! Peccato che qualcuno dal tavolo degli importanti smaschera la “strega cattiva”. Come per rimproverarla, la accusa di aver trascinato in sala ragazzi per di più non di Sassuolo ma di Magreta e zone limitrofe ragazzi che frequentano con estrema certezza la moschea di Sassuolo A questo punto mi sorge un dubbio; dove saranno finiti i ragazzi figli di immigrati ieri pomeriggio? Saranno rimasti a casa a studiare in vista degli esami di maturità e hanno fatto sicuramente bene! Si sono risparmiati un finto ed inutile dibattito.

Ovviamente ho anche delle osservazioni. Non mi sono limitata ad ascoltare. Purtroppo non ho potuto interagire con i relatori perché si deve stare, giustamente, in silenzio per non creare confusione. Se mi avessero dato la possibilità di parlare sarei stata un “fiume in piena”. La mia prima osservazione è che il processo di acquisizione della cittadinanza e del diritto di voto deve essere un traguardo da raggiungere, quando a livello personale si pensa di essere arrivati ad un buon livello di interazione; non può perciò essere un processo veloce.

Pensate che un migrante che vive in Italia e mette alla sua bambina il velo si sia completamente integrato? Pensate che un padre che dice al figlio di non andare a ballare in discoteca perché è un luogo di devianza della cultura occidentale, si senta italiano? Pensate che una madre che accusa la figlia di avere atteggiamenti un po’ troppo europei per il suo abbigliamento e maquillage appariscente si senta italiana?Ecco a me il finto buonismo da fastidio. Lo trovo anche nocivo per l’ intera società.

Altra osservazione: io sono una persona non sono un numero e come me tanti altri. Se proprio dobbiamo parlare di numeri allora analizziamo quanti giovani c’ erano in sala. Pochissimi! Questo perché i ragazzi che si sentono italiani non vengono ai convegni. Voglio dire: leggere sul volantino “giovani immigrati” o “seconda generazione” è un’ oggettiva forma di discriminazione. Una conferenza sui Giovani e le loro difficoltà attuali sarebbe stata sicuramente meglio. Un bel convegno sulle figure professionali di cui ha bisogno il mercato avrebbe visto sicuramente un’ affluenza diversa. Perché i giovani sono uguali. Non si sentono immigrati o italiani doc, sono tutti semplici ragazzi e ragazze.

Ultima osservazione : i figli degli immigrati non sono più religiosi rispetto ai figli degli italiani. Le future generazioni saranno più laiche e non lo dico soltanto io. Ci sono molti studi interessanti in atto e c’è un’ inchiesta di Repubblica, del 01 Marzo 2011 con cui mi sono trovata pienamente in accordo. Il nostro attaccamento alla fede non è il cardine della nostra vita. Siamo meno attaccati ai luoghi di culto, siamo meno propensi a pregare e non obbediamo ciecamente ai nostri “sacerdoti”. Mettiamo tutto ciò in discussione. La nostra vita e la nostra storia sarà inevitabilmente impregnata dalla Laicità. Non vuol dire che perdiamo o nascondiamo la nostra fede o la cultura dei nostri Avi come già qualcuno mi accusa di fare significa soltanto che non siamo uguali ai nostri genitori. Significa che la nostra generazione è pronta ad un certo cambiamento. Vuol dire che noi siamo i promotori del nostro futuro e possiamo diventarne i principali soggetti se ci abbandoniamo alle spalle le lotte inutili dei nostri padri. Siamo capaci di intendere e di volere. Abbiamo un cervello e mi rifiuto di pensare che la nostra lotta futura sarà incentrata su un luogo di culto.

Altri sono i temi che ci devono interessare: scuola, lavoro e ambiente penso che debbano essere il nostro Domani.

A chi è nato da genitori non italiani dico solo una cosa: noi non siamo candidati all’ emarginazione sociale, non siamo i rivoltosi delle “banlieus” sassolesi e mai lo saremo. Noi siamo figli dell’ Italia che ci ha cresciuto e che in alcuni casi ci ha visti nascere. Sentite questo Paese come il vostro perché lo è. A chi ci ammonisce di aver dimenticato le nostre origini rispondete che la Costituzione è la nostra storia. I principi fondamentali in essa elencati sono la nostra retta via ed i nostri problemi non sono tanto diversi da quelli dei nostri coetanei. La nostra fede civica ci distinguerà e ci permetterà di diventare grandi Donne e Uomini. Ribellatevi agli schemi perché sono la causa di tutti i disagi.

Buon processo di interazione a tutti!”

(Nadia El Barrami)

















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