“Porto il mio saluto personale e quello dall’amministrazione provinciale alle autorità presenti, ai familiari delle vittime e a tutti i cittadini che oggi sono qui a ricordare una giornata molto buia nella storia del nostro Paese. L’appartenenza ad una comunità passa anche attraverso la piena consapevolezza della memoria vissuta e delle radici storiche che stanno alla base del vincolo di cittadinanza.
Per questo motivo è importante non dimenticare quegli eventi che hanno impresso un segno indelebile nella vita civile, sociale e politica della nostra comunità. La ricorrenza dell’eccidio delle “Reggiane” dell’estate del 1943 si pone come una importante occasione per fare memoria, nel suo significato più profondo, di un episodio per certi versi emblematico del travagliato processo di formazione di un’autentica coscienza democratica nazionale.
L’uccisione da parte di un reparto dell’esercito dei 9 operai delle “Reggiane” (con il ferimento di decine di altre persone) che protestavano contro la prosecuzione della guerra rappresentò una vera e propria cesura nel percorso di uscita dalla dittatura fascista e dal conflitto; in effetti, l’eccidio di Reggio Emilia, segnò simbolicamente il passaggio dal triennio 1940-43, dominato dalla tragedia di un popolo trascinato in un’avventura bellica di cui fu costretto a pagare i conti, al ciclo resistenziale del 1943-45 con la lotta per il riscatto nazionale, per la conquista della libertà e dalla costruzione delle fondamenta della democrazia che sarebbe poi venuta.
Il travagliato percorso di allontanamento dalla dittatura fascista, incarnato in modo emblematico dal sacrificio degli operai delle “Reggiane” assume, al di là dell’episodio specifico, una dimensione collettiva in quanto ha segnato nel profondo la società italiana. In effetti, furono le esperienze degli operai industriali (a Reggio Emilia così come in numerose altre fabbriche del nord Italia) che – tanto nelle manifestazioni di protesta collettiva dell’estate del 1943 quanto con il progressivo allontanamento dalle fabbriche – attuavano sì forme di autotutela, ma anche palesavano la crisi dell’ordine sociale innescata dal fallimento del progetto fascista.
Dunque, il tributo di sangue degli operai delle “Reggiane” contribuisce a dare linearità alla narrazione del riscatto della comunità reggiana dalla dittatura fascista ed a precostituirne le fondamenta future. Se all’indomani dell’8 settembre 1943 a Reggio Emilia si poté affermare un diffuso e radicato movimento di resistenza all’occupazione nazifascista, capace di coagulare i più diversi protagonisti che avevano conosciuto la tragedia della guerra fascista, dai socialisti ai cattolici dai liberali ai comunisti, questo si deve anche all’impegno, saldato con il sacrificio della vita degli operai delle “Reggiane”. Proprio nel momento in cui si consumava l’uscita dalla dittatura e dalla guerra fascista Reggio Emilia ha potuto contare sulla testimonianza di uomini e donne che, segnati dal carico di sofferenze, sangue e lutti accumulati nei lunghi anni di guerra, lottavano per una nuova stagione di pace, di libertà, di uguaglianza.
Negli anni successivi, ciascuna generazione ha ricordato e rinnovato quel patto, lo ha tradotto in responsabilità ed azioni politiche, sindacali, istituzionali e sociali.
Ponendo quel bagaglio di esperienze a fondamento di una tra le comunità che sarebbe diventata tra le più ricche e socialmente avanzate d’Italia e d’Europa.
Oggi di fronte al mordere della crisi economica, di fronte al venire meno di tutele e diritti per molti cittadini; oggi di fronte alla incertezza di un futuro sicuro, di fronte ad un individualismo esasperato, oggi di fronte all’appannamento di riferimenti culturali forti della nostra società, si rende ancora più necessario ricordare e riaffermare quelle radici del nostro essere comunità e di quei valori fondativi che la hanno resa tale.
Essere qui oggi significa ancora affermare con forza che sappiamo qual è la nostra origine, riconosciamo le nostre nuove responsabilità e ci impegniamo ad operare per un agire comune nella tradizione di un passato così carico di valori per un futuro degno di questo nome.
Onore a quei martiri che hanno difeso la libertà in un momento difficile nella storia della nostra Nazione che oggi compie 150 anni!”
(Gianluca Chierici, Presidente del Consiglio provinciale)