L’onda lunga del batterio non ha esaurito la propria forza cinetica e la crisi ora si abbatte sulla produzione frutticola di eccellenza modenese, la pera. Dopo le bassissime quotazioni di pesche e nettarine, ora la speculazione colpisce anche le pere, in particolare le William (una delle prime varietà ad essere raccolte). “Mediamente il prezzo spuntato dai produttori è di 15 centesimi in meno al chilogrammo rispetto allo scorso anno – commenta Cristiano Fini, presidente provinciale Cia – anche se quest’anno l’offerta produttiva è in media con le altre annate. Siamo probabilmente di fronte ad una ‘crisi pere’ causata anche da una contrazione dei consumi”. La pera è al secondo posto nella classifica delle principali produzioni agricole modenesi. Nel 2010 nel modenese la superficie totale coltivata a pero ha sfiorato i 7.000 ettari, in lieve calo rispetto al 2009, a fronte di una superficie investita, a livello regionale, di circa 29.000 gli ettari (per un totale di oltre 500.000 tonnellate).
In Emilia Romagna si coltiva il 70% delle pere italiane (la produzione in Italia mediamente è di 850.000 tonnellate) ed in particolare l’Abate Fetel, pregiata varietà settembrina, si produce solo in Emilia.
“Temiamo che i prezzi bassi delle prime produzioni condizionino le quotazioni delle varietà pregiate come , appunto, l’Abate – prosegue Fini – con effetti devastanti: nel 2010 sono state prodotte nel territorio modenese, infatti, quasi 170.000 tonnellate di pere. “Occorre quindi aggregare l’offerta ed è necessario sottoscrivere subito un accordo interprofessionale tra produttori e Grande distribuzione – propone infine il presidente della Cia – per assicurare un’equa remunerazione della frutta ed un giusto prezzo ai consumatori”.