Il binomio Emilia-motori per anni è stato sinonimo di crescita; oggi anche imprese come le nostre rischiano di essere tagliate fuori dall’economia che conta a livello mondiale, soprattutto per una risposta sbagliata del governo alla crisi. Si è parlato di questo ieri, al dibattito condotto da Stefano Catellani con il presidente della Regione Vasco Errani, Anna Maria Artoni (vicepresidente di Artoni group) e Gabriele Del Torchio (amministratore delegato della Ducati moto), tutti unanimi nel giudizio severo sulla manovra in discussione.
«Il Pd deve mettere l’Italia davanti a qualsiasi interesse elettorale – ha detto con decisione Errani – Tutti i giornali economici sottolineano l’inaffidabilità dell’esecutivo italiano, abbiamo dato uno spettacolo indecoroso, fino all’intervento sulle pensioni, che ha dimostrato incapacità di conoscere i problemi e volontà di colpire sempre gli stessi. Non si fa nulla per la crescita, l’innovazione, i giovani: non si può durare a lungo riducendo solo la spesa pubblica, cioè i servizi ai cittadini, con una crescita allo 0,7%. Servono riforme che spazzino via le tante le rendite di posizione di questo paese, ma non è possibile che per i tagli l’anno prossimo l’Emilia Romagna non abbia un soldo per le politiche industriali: il governo deve andare a casa subito e il Pd ha la responsabilità di portare fuori il paese dalla crisi, non ci sono applausi e voti da prendere, ma il paese va salvato».
«Questa manovra è iniqua, sbilanciata dal lato delle entrate, piuttosto recessiva e carente di misure strutturali – ha detto la Artoni, già presidente nazionale dei giovani industriali e di Confindustria Emilia – insomma è del tutto insufficiente rispetto alle esigenze del paese. Tutti devono pagare le tasse, ma di solito si colpiscono solo lavoratori e imprese. Il paese ha smesso di investire su di sé da tempo: per fortuna abbiamo imprese che vincono, ma per uscire dalla crisi bisogna investire nell’unica ricchezza che abbiamo, l’impresa. Il che non vuol dire regalarci soldi, ma investire in innovazione, formazione, sui giovani e sulle donne: ridurre solo le spese equivale a tagliarsi le unghie a livello del ginocchio. La Regione invece ha sempre fatto politica industriale, organizzando missioni all’estero per mostrarci cosa succede fuori: sono stata a Shanghai due volte in quattro anni, la città era stata rivoluzionata nel tempo in cui noi facciamo tre rotonde».
«La credibilità delle nostre imprese all’estero è ancora grande – ha precisato Del Torchio – è quella del sistema che è in crisi. Mesi fa si parlava di federalismo, mi ero illuso che si avvicinassero le istituzioni alle imprese, ma non è andata così. Il pareggio di bilancio è una necessità, ma se aumenta ancora la pressione fiscale non si va da nessuna parte: nessuna impresa cresce se non ha un mercato interno importante, che qui è sempre più debole. Nella manovra non c’è nulla sul Sud, grande problema e opportunità del paese, né sulla crescita: la Germania cresce perché ha investito nei prodotti e nella conoscenza. Mi chiedo anche dove sia l’Europa, in cui ho sempre creduto ma oggi sembra piuttosto un direttorio franco-tedesco che tiene la barra del sistema: manca anche un discorso di reciprocità tra le varie economie del mondo, non si va lontano se i nostri prodotti all’estero subiscono dazi pesanti, mentre i prodotti di quegli stessi paesi qui entrano liberamente».
«Bisogna smettere di rimpallarsi le responsabilità, dicendo che una volta è colpa dei comuni, un’altra delle province, un’altra di altri enti – ha sottolineato Andrea Tagliavini, giovane sindaco di Quattro Castella e membro dell’esecutivo provinciale Pd – I comuni hanno risorse che non possono usare per colpa del patto di stabilità, ma perché non sono state sbloccate per pagare le imprese con cantieri in corso, per dare ossigeno a quelle realtà produttive? Allo stesso modo, è inconcepibile che si consideri uno spreco lo stato sociale, la più grande conquista del nostro tempo».
Durante l’incontro si è parlato anche di concertazione tra le parti sociali: per Anna Maria Artoni «L’accordo che tutte le parti sociali avevano sottoscritto a luglio era importante, perché ci si era trovati in sintonia dopo tanto tempo e tocca a noi la discussione sulle relazioni industriali, la politica deve stare fuori e creare un progetto paese che ci permetta di andare avanti». «Non rinunceremo alla nostra funzione sociale – ha proseguito Errani – Abbiamo investito in innovazione e ricerca, dobbiamo convertire una parte di manifattura e dare valore aggiunto a un’altra, perché il settore è strategico. Noi cresceremo il doppio dell’Italia, ma si deve lavorare ancora e le imprese hanno bisogno di integrarsi e proporsi come sistema. Faremo la nostra parte anche se ci metteranno i bastoni tra le ruote, come coi ticket che vogliono imporre anche a noi che non ne abbiamo bisogno. Se questo è il federalismo dei leghisti, loro hanno ucciso il federalismo: non tollero più di essere governato da peracottari che dicono bugie e non sanno nemmeno le conseguenze delle loro scelte».