“Mentre il Governo prova ad ultimare la danza infinita delle decisioni economiche e nelle molteplici piroette di questi giorni continua a mandare all’aria ogni barlume di credibilità, una parte di italiani scende in piazza. Scende in piazza portata lì dal sindacato più grande d’Europa, la Cgil, appoggiato dal Partito Democratico e tornerà in piazza tante altre volte nelle prossime settimane.Non sono tutti, chiaro, sono quelli che abitano la frontiera che nessuno di noi vorrebbe mai valicare: quella della povertà, della non sostenibilità dello stile di vita che fino ad oggi si ha avuto. Povertà materiale e psicologica. Perché chi non può pensare con serenità al proprio futuro è povero, irrimediabilmente povero. L’economia è una scienza, può nascondere pratiche malevole e ingiuste, ma accompagnata dai numeri non mente sulla realtà. Oggi il piano globale vede da una parte il vecchio occidente annaspare in una crisi i cui tre ingredienti principali sono: debito, fallimento della politica e debolezza del sistema bancario, mentre dall’altra scalpitano i paesi emergenti (che simpatiche definizioni sanno inventare gli occidentali per non consentire agli altri di stare sul loro stesso piano). Si chiamano Cina, India, Corea del sud, Brasile, Sud Africa, Russia e altri sono lì lì per arrivare. Dal punto di vista della storia economica globale si sta solo attuando un caso eclatante, se vogliamo, di rottamazione economica. I vecchi devono andare in pensione e i giovani devono diventare adulti e prendere il loro posto. Da una parte abbiamo Italia, Europa e Stati Uniti dove si scende in piazza per paura della povertà (indignados docet) causata da governi insipienti su cui i parlamenti non agiscono e che vengono puniti alla prima occasione dall’elettorato (vedi le elezioni locali in Spagna e Italia di qualche settimana fa, quelle del mid term americano e quelle locali in Germania e quelle del senato francese di ieri). Dall’altra nuovi Paesi che ormai viaggiano a vele spiegate, cogliendo i frutti di tanti decenni di sacrifici. Con che faccia il nostro ministro dell’economia si presenta con i conti a pezzi, invocando gli eurobond (misura che personalmente mi trova concorde) quando però ha la targa di un governo antieuropeo? Non è credibile e la sua voce non ha rilevanza alcuna. Ad oggi riusciamo ad ottenere le cose solo perché un default dell’Italia si tirerebbe dietro tutti quanti. Ma chiunque si accorge che è una posizione di forza relativa, basata sul ricatto e non su una riconosciuta leadership. La riforma dei mercati finanziari e del sistema bancario non è più procrastinabile. Gran parte della crisi che stiamo vivendo proviene da quel mondo. L’amministrazione e le associazioni locali debbono pungolare i livelli nazionali. Bisogna agire subito, in modo coordinato. Le banche debbono essere viste come istituti di pubblica utilità, alla stregua di quello che sono l’acqua e l’elettricità. Per loro devono essere previsti livelli pesanti di regolamentazione per la salvaguardia dell’interesse pubblico. Regole chiare fissate dai governi a differenza di quello che accade oggi dove sono i governi che rispondono a regole che fissano le banche. È questo l’asse principale da rivoltare. Molte di quelle attività che fanno assomigliare le banche e la finanza a dei casinò debbono essere eliminate. È suggestiva la proposta dell’economista di Cambridge Ha-Joon Vhang per cui tutte le nuove attività finanziarie dovrebbero essere sottoposte allo stesso regime cui sono sottoposti i nuovi farmaci che sono vietati fino al moneto in cui non si prova che sono utili. Il taglio orizzontale e indiscriminato alla spesa pubblica e agli investimenti non fa il paio con la crescita economica. È una politica economica vecchia. È quella che ha costretto i paesi dell’America Latina a sottostare al gioco delle istituzioni internazionali che hanno costretto a tagli pesanti e rallentato la crescita. La crescita va stimolata e non lo si fa con i tagli ma con iniezioni di stimoli che solo un governo può fare. Con questo scenario internazionale cosa fare a Bologna? Cosa può fare il Comune? Innanzitutto come si è bene iniziato oggi deve instancabilmente cercare la massima coesione sociale attorno ai tagli che andranno attuati. In altre parole stiamo tentando di sentirci comunità, di agire assieme, cercando di unire e non di dividere. In questo senso abbiamo bisogno di uno sforzo grande di comunicazione. I cittadini debbono sapere, debbono essere informati, dall’Istituzione, in maniera oggettiva. Gli amministratori stiano sul territorio il più possibile per fare capire le ragioni dei tagli che verranno effettuati. Lo facciano insieme alle altre forze sociali, con gli imprenditori, e si alzi il livello del dibattito. Non si abbia paura di impiegare tempo a spiegare quello che succede e il perché delle decisioni prese. Oltre a quanto già detto questa mattina dalla Vicesindaco mi preme aggiungere che anche la nostra città deve guardare all’Europa e alle altre città dell’Unione come a una risorsa. Il rimettere in moto la macchina dell’integrazione partendo dal livello locale, i progetti europei condivisi con altre città, lo scambio di buone pratiche e la ricerca di fondi straordinari si ottengono con una instancabile tessitura di relazioni. Non sono costi accessori. In questo senso il localismo non premia. Chiuderci adesso sarebbe un’operazione di suicidio economico, sociale e politico. Aprire la città e aprirsi alla città. Una parola sul turismo. La risorsa è crescente, i dati parlano chiaro. Gli stessi dati ci dicono anche che non siamo ryanair dipendenti. A un notevole incremento del traffico low cost si accompagna un buon incremento del traffico di linea tradizionale. Il balzello che, nel caso si chiederà di pagare a chi visita la nostra città, sarà occasione per fare qualcosa di concreto e visibile per il settore. Non devono preoccupare le affermazioni di Ryanair air, se pensiamo che sono tantissime le destinazioni della stessa compagnia verso città che contemplano la tassa di soggiorno. Anche sul turismo, non si pensi che solo la qualità degli hotel o dei b&b sia fondamentale. Al turista interessa una città che sia desiderabile, a partire dalla pulizia delle strade e dei portici che ancora troppe volte sono impresentabili e indecorosi, sino alla qualità delle informazioni turistiche e al coordinamento degli eventi di cui opportunamente oggi, l’assessore Ronchi ha fatto giusta menzione intervistato da un quotidiano. Consideriamo inoltre alle sfide che ci impone l’architettura istituzionale che vogliamo progettare e realizzare in questo mandato. Penso all’area vasta. Sappiamo bene che si tratta di pensare in grande per ottenere risparmi consistenti e equità di trattamento su un territorio che non può essere solo quello del comune di Bologna. La dimensione metropolitana non può veramente più attendere. Siamo già in ritardo. In conclusione. Queste sono le sfide che ci attendono e alle quali bisogna reagire subito, immediatamente. È questa la risposta da dare alle paure, giustificate, che hanno riempito e riempiranno le piazze italiane. Smettiamola di considerare il popolo bue e capiamo che i veri buoi sono altri e troppo spesso siedono dove non dovrebbero stare. Quando al popolo italiano vengono spiegate le cose reagisce e lo fa con compattezza ed è pronto anche ai sacrifici, se li si fanno tutti in misura proporzionale al proprio reddito e al proprio patrimonio. L’incertezza di governo di questi mesi provoca timori che hanno come conseguenza un nervosismo sociale che non fa bene a nessuno. La speranza di un colpo di reni di responsabilità è sempre l’ultima a morire”.
(intervento del consigliere comunale Benedetto Zacchiroli, PD)
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“Grazie presidente, grazie a tutti i presenti, grazie a tutti i rappresentanti delle parti sociali che sono intervenuti oggi. Dunque, la situazione è drammatica. Io non sono un pessimista, sono un ottimista per natura, cerco sfumature di positività anche nei momenti più bui, ma la situazione è davvero drammatica. Lo dicono tutti i dati di cui siamo in possesso, lo dice l’Anci, lo dicono le parti sociali, lo dicono il numero di cassaintegrati e disoccupati, il numero delle aziende che chiudono, il numero degli appartamenti che diventano di proprietà delle banche perché i bolognesi non riescono più a pagare il mutuo, lo dice il fatto di non essere riusciti a garantire il premio di produttività ai dipendenti comunali, lo dice la difficoltà in cui vive l’apparato scolastico, lo dicono i servizi sociali con gli assistenti sociali che stanno annaspando. Insomma lo dicono tutti. Siamo in una situazione drammatica. La manovra peggiora ancora questo pessimo quadro, lo aggrava pesantemente. Io non voglio speculare sulla crisi, io, Federica Salsi, Marco Piazza e i cittadini che rappresentiamo non vogliamo speculare sulla crisi. Io sono stato agli incontri dell’Anci, sarò a Brindisi il dal 5 al 7 ottobre (in missione ufficiale per conto del Comune di Bologna), mi sono documentato e mi sono fatto un’idea più chiara delle ristrettezze che ci attendono a causa di questa orrenda manovra del governo. Ho capito quanto effettivamente Comuni che offrono più servizi (è il caso del comune di Bologna) vengono fortemente penalizzati da questa valutazione assai discutibile dei criteri di virtuosità. Il patto di stabilità così rigido che non consentirà ai comuni di spendere i soldi che magari si riuscirà ad accantonare di certo non agevola il vostro e il nostro lavoro. Tutto vero, tutto verissimo. Ma, per favore, ve lo chiedo con il cuore, per favore non fingete di essere stati sobri, perfetti e integerrimi fino ad oggi perché alcune situazioni difficili per il nostro comune non derivano esclusivamente dalla crisi e dalla recente manovra. Questo non è l’anno zero, siamo nel 2011, e nel 2011 ci siamo arrivati dopo anni di amministrazioni incapaci e stupidamente cieche di cui molti di voi hanno (più o meno silenziosamente e con complicità) fatto parte. Il decentramento dei servizi sociali è stato a mio avviso un grande errore al quale si poteva porre rimedio in poco tempo ritornando al passato che offriva più sicurezza agli assistenti sociali e più garanzie ai cittadini, oltre che maggiore efficienza. Non è stata la crisi, non è stata la manovra del governo a fare questo errore. Il Civis è stata una delle più grandi tragedie non solo per Bologna, ma per tutto il paese. La superficialità con cui è stata condotta questa partita è sotto gli occhi di tutti, i costi sono stati enormi (mi diverte, anche se mi rattrista sempre, ricordare che sono stati spesi anche 300mila euro in consulenze per il Civis). I concerti di Lucio Dalla e altri in piazza maggiore da 400 mila euro non sono derivati dalla crisi, anzi, hanno contribuito ad alimentarla. Il caso drammatico dell’ex sindaco Delbono che molti di voi avevano sostenuto con grande entusiasmo e i costi aggiuntivi derivati da una tornata elettorale che volontariamente non è stata accorpata alle elezioni regionali del 2010, non sono derivati dalla crisi o dalla manovra. La rassegna fallimentare di Bob & Nico , il timore reverenziale con cui per molti mesi non si è voluto andare a fondo alla questione Paladozza e alle entrate mancanti, i soldi rigarantiti alle scuole paritarie senza nemmeno un minimo adeguamento alle ristrettezze di budget che interessano tutti i servizi, le missioni istituzionali di consiglieri e presidenti di commissioni di cui a giorni avrò tutti i resoconti, la leggerezza con cui venivano spesi nel recente passato i soldi dei bolognesi, non sono derivati dalla crisi. I contratti dei dirigenti simili a quello che ho sottomano in questo istante di un ex presidente di una società partecipata dal comune con un compenso mensile netto di 13.645 €, con un lordo di 25.750 € e, vengo alla parte a mio avviso più grave e inaccettabile, con un versamento Inps di soli 1.481 € (in quanto essendo co.co.pro beneficiava delle agevolazioni riservate a questa categoria) sono passaggi fondamentali di quel percorso che ha portato a questo momento di grande sbilancio e di enorme forbice fra i pochi ricchi e i tantissimi sempre più vicini alla povertà. Lo so, lo vedo, state provando a cambiare rotta, a staccarvi dal peso opprimente di chi vi ha preceduto e di chi vi ha allenato, ma ciò che vi chiedo e ciò che vi chiediamo noi del M5S è il coraggio e la forza di ammettere le responsabilità dei vostri partiti, delle persone che avete sostenuto e che non si sono rivelate all’altezza. Se volete davvero rendervi credibili e soprattutto rendere credibile il vostro tentativo di svolta io credo abbiate l’obbligo di fare questo passaggio. So che è difficile, ma sono anche convinto che vi farebbe molto bene restituendovi parte della fiducia e della credibilità di tanti cittadini che ora come mai e’ necessaria a questa amministrazione per affrontare i difficili momenti che ci aspettano. Il sindaco ha parlato lunedì scorso di “un compromesso tra partiti e associazioni democratiche della nostra città allo scopo di rendere più politica la società civile che vuole intervenire da protagonista nella definizione del bene Comune”. Bene, è una frase che può spaventare alcuni, ma che a me invece piace molto e che richiede anche una certa dose di coraggio, ma per far sì che ciò si realizzi non serve solo una buona predisposizione delle forze di opposizione che io vedo in alcuni consiglieri, serve anche un nuovo modo di operare nella maggioranza. Vecchi giochetti da politica preistorica come quello di bocciare un buon odg di un gruppo di opposizione che riprende alla lettera anche parole del sindaco stesso, per poi vedere magari nuovi odg identici presentati dalla maggioranza non è di aiuto al progetto di convergenza. La superiorità con cui anche nelle commissioni alcuni consiglieri del Pd (per fortuna non tutti) tentano di ridicolizzare qualsiasi intervento delle opposizioni per amore di partito è un altro atteggiamento che non aiuta. Miglioriamoci tutti, facciamo dell’umiltà e del rispetto per gli altri i nuovi valori guida di questo difficile momento e forse la possibilità di prendere le idee migliori di ogni forza politica per governare al meglio il nostro comune non sarà solo un’utopia. Ci ha fatto piacere sentire l’assessore Giannini dire che è intento di questa amministrazione non vendere le azioni di Hera (oggi fortemente svalutate) e non svendere il patrimonio immobiliare del Comune. L’occasione per dare il via ad un percorso virtuoso ci viene dall’ex clinica Beretta. Non rimettere in vendita l’immobile ma cercare con coraggio e fantasia nuove strade che possano portare a trasformare quel prezioso immobile in un ostello o in una struttura pubblica che garantisca entrate al Comune non è impossibile, basta volerlo e lavorare tutti insieme con questo obiettivo. Ho apprezzato , seppur a mio avviso con ravvedimento molto tardivo, le parole espresse dal sindaco e dal vice sindaco che hanno capito, anche e soprattutto grazie al M5S, che il contratto in essere per la realizzazione del People Mover non è sostenibile. Io vi chiedo però di fare un passo in avanti, di non rischiare di trovarci fra 3 anni con una parte di sopraelevata realizzata, con lo studentato del Lazzaretto bloccato da un finanziamento ministeriale assente, con altri disagi in via Carracci, con la Tav che rallenta tutto, con una procura che magari segnalerà le irregolarità del contratto, insomma con un secondo CIVIS da dover gestire. La Regione investe 27 milioni di euro per questa inutile infrastruttura, chiediamo di poter investire la stessa cifra per ridare ossigeno alle scuole e ai servizi sociali che stanno davvero boccheggiando. Sul Civis non ci avete voluto ascoltare, siete andati avanti ciecamente per anni deridendo le nostre segnalazioni, salvo poi finire , quando era già stata fatta la frittata, col bloccare tutto e col fare dichiarazioni che di poco si discostano dai nostri virgolettati di 3 anni fa. Ma oggi in conclusione del mio intervento ci tengo ad indicare quelle che sono a nostro avviso le 2 strade maestre da perseguire per uscire tutti insieme da questa gravissima situazione. Da un lato la lotta all’evasione, agli affitti in nero e al lavoro nero, ma fatta concretamente. Ne ho già parlato con l’assessore Monti ed è in previsione un’udienza conoscitiva con Christian Abbondanza de “La casa della legalità”, una persona sottoscorta che rischia tutti i giorni la vita per combattere le mafie, la malavita, la concorrenza sleale e i furbetti che si nascondono nella politica e nell’industria (soprattutto nel settore dell’edilizia). Solo se si utilizza questo coraggio e se si seguono queste persone c’è la possibilità per fare qualcosa di concreto sulla via della legalità e quindi anche per ridare linfa vitale al lavoro onesto. Dall’altra parte vi chiediamo, l’ho già detto altre volte e lo ripeto, di chiudere i rapporti con aziende o cooperative che sono in causa col comune e con aziende e cooperative che hanno al proprio interno (nella presidenza o nel consiglio di amministrazione) persone che siedono in più di un consiglio di amministrazione o che hanno più di una presidenza. Credo sia un nostro e soprattutto vostro dovere non lasciare la città in mano a poche persone che gestiscono praticamente tutto. È nostro, e soprattutto vostro dovere, de-monopolizzare il lavoro, i grandi appalti e la ricchezza. Sapete, ve l’abbiamo già dimostrato, che da parte nostra non c’è un’opposizione ideologica. Quando approviamo le vostre scelte lo diciamo e diamo eco sulla rete e nella società civile alle buone idee che state proponendo e a quelle che già siete riusciti ad attuare. Chiediamo anche a voi di muovervi nello stesso modo con la speranza che ciò che avete più a cuore sia il bene di Bologna e dei bolognesi e non il bene della maggioranza e del Pd”.
(intervento del consigliere comunale Massimo Bugani Movimento 5 Stelle)
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“Caro signor Sindaco, lunedì scorso abbiamo ascoltato il suo discorso in merito alle ricadute, a livello locale, della manovra finanziaria approvata in Parlamento e prima delle vacanze lei ha letto la dichiarazione programmatica del piano della sua Giunta, alla quale ho risposto. Non trovo nelle dichiarazioni che lei lunedì corso ha fatto, alcun legame tra i due documenti. Veda, quanto da lei esposto nella situazione dei conti non è nulla di diverso da quanto si sapeva già in campagna elettorale e lei si è candidato sindaco in queste prospettive. Non vanno quindi fatte dichiarazioni di sorpresa e stupore , tutto già si sapeva e si intuiva e se uno si candidava sapeva bene quale situazione avrebbe dovuto affrontare e quindi risolvere rispetto agli impegni che lei ha preso, convincendo la maggioranza dei bolognesi a votarla. Questa è l’unica polemica del mio discorso, oggi voglio dare fede alle sue parole e dare il mio contributo come gruppo di minoranza alle decisioni che lei e la sua maggioranza dovrete assumere. Le situazioni di crisi permettono di fare cose che in situazioni normali non si fanno: ne approfitti. Perciò le darò 4 consigli.
1) Lei ha messo l’accento su un piano strategico elaborato attraverso una grande consultazione. Bologna è vissuta di tavoli , tavoli consociativi e concertativi: non è il momento di usare solo questo strumento oggi, non si avrebbe nulla da dire di diverso dal passato, usato da solo darebbe una copertura dei media e dei gruppi di potere a decisioni niente affatto incisive per l’interesse di Bologna Apra con metodo e convinzione alle intelligenze del nostro territorio a idee innovative e non tradizionali Lei ha nello statuto degli strumenti, li usi con trasparenza ed apertura alle idee da qualunque parte vengano. Bologna ne guadagnerà e le sarà grata nel medio termine.
2) La riforma del welfare e dei servizi è indispensabile oggi per oggi ma soprattutto oggi per il domani. I dati ci sono ed elaborandoli anche a lei appare chiaro che una riforma nella continuità non risolverebbe i problemi veri di oggi che domani saranno ancor più irresolubili. Sarebbe esattamente come ha fatto il governo: investendo 50 miliardi di euro in cassa integrazione e trovandosi ora con il dramma del lavoro che non c’è, soprattutto per i giovani. Quindi lei deve fare una cosa molto semplice. Ribaltare un sistema che oggi protegge i pochi e varare un sistema che aiuti i molti. La chiave di volta è l’applicazione della sussidiarietà, affidando unendosi ai soggetti del privato sociale per moltiplicare le risorse ed usarle nel modo migliore a favore delle famiglie, soprattutto giovani, e degli anziani. Abbiamo proposte concrete da offrirle, esse provengono da esperienze che abbiamo già condotto e che hanno evidenziato un drastico abbattimento dei costi, più del cinquanta per cento; se sarà interessato sarà nostra cura illustrargliele. Inoltre il Comune si può lanciare, come esempio in Italia, in uno sforzo di grande innovazione nei rapporti con il personale, con innovazioni contrattuali, riconversioni e valorizzazioni dello stesso. Se vorrà le mostreremo come ciò possa avvenire.
3) Lo sviluppo. Inutile aspettare da altri ciò che da soli possiamo fare. Il nostro comune per la politica accorta fatta da chi ci ha proceduto ha un grande patrimonio: non c’è bisogno di svendere assolutamente nulla. Al di là dei vincoli del patto di stabilità che lei cita, esistono meccanismi nuovi per la valorizzazione dello stesso che portano allo sviluppo. I campi sono: nuova impresa innovativa, il cablaggio della città, un coraggioso piano casa , un rapporto nuovo con l’Università, che permetta la creazione delle condizioni che un tempo, attraverso ad esempio le Aldini Valeriani, generarono uno sviluppo economico che fu tra i primi al mondo. Poi la valorizzazione di Bologna in quanto tale: turismo, sanità, cultura, significano imprese lavoro ricchezza. Anche su tutti questi temi abbiamo progetti specifici che volentieri condivideremmo con lei.
4) Le regole e gli strumenti. Non siamo un’isola felice che detta le proprie regole, un ambiente competitivo e di crescita necessita di regole e strumenti attuativi adeguati. Tante cose si possono fare: dalla modifica dei regolamenti edilizi che a parità di territorio occupato incentivino la ristrutturazione del patrimonio immobiliare della città, creando lavoro e bellezza; allo sviluppo del meccanismo delle concessioni. Penso, ad esempio, ad almeno sei grandi parcheggi semicentrali che darebbero un volto nuovo a Bologna e permetterebbero quell’estesa pedonalizzazione che tutti vogliamo. La auguro buon lavoro sig. Sindaco soprattutto nell’interesse della nostra Bologna che tutti amiamo”.
(intervento del consigliere comunale Stefano Aldrovandi, Bologna 2016)
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“La premessa da cui partire è quella, nota a tutti e qui ampliamente richiamata, secondo la quale la Manovra approvata le scorse settimane, insieme alle finanziarie precedenti, andrà ad accrescere maggiormente lo sforzo richiesto agli enti pubblici, con il rischio concreto di caricare una pietra tombale su alcuni servizi essenziali della nostra città e quindi sulla qualità della vita stessa dei cittadini. Questo governo ha scaricato le conseguenze della crisi e l’onere di trovare una soluzione su ogni singolo ente, quasi in una strategia del ‘si salvi chi può’. A questo punto viene da chiedersi se sia questo il federalismo tanto caro al governo? A fronte dei maggiori carichi che si chiedono al Comune di Bologna, vengono messi a disposizione degli strumenti della cui efficacia oggi non ci è dato sapere. Certamente pensiamo che la compartecipazione del singolo ente alla lotta all’evasione, in una città come Bologna, debba e possa rappresentare una risorsa. Tuttavia non si può sorvolare sul fatto che le risorse di mezzi e personale sono ai minimi termini, per giunta, come ricordato dal sindaco, con tempi molto lunghi per i recuperi delle somme dovute. Sappiamo anche che l’eventuale aumento dell’addizionale Irpef comporterà un recupero di ben poca cosa rispetto all’enormità di 120 milioni di euro inballo. Naturalmente è fatta salva per i comuni la possibilità di vedere sbloccato il patto di stabilità per gli enti virtuosi, cosa comunque molto ardua, visti gli sforzi richiesti e l’ambiguità dei criteri di valutazione. Ed inoltre assistiamo ad uno sbilanciamento nel carico dei costi dei servizi dalla comunità al singolo cittadino, con aggravio delle spese per quest’ultimo: chi se lo potrà permettere avrà accesso ai servizi e gli altri? Cosa diremo loro? Che si arrangino pure? Con queste inquietanti premesse viene allora da chiedersi: quali sono e devono essere le priorità nei tagli, nelle spese e negli investimenti? Cosa va tagliato, cosa va ridotto e cosa invece noi consideriamo irrinunciabile? Noi crediamo che la chiave di volta debba partire dalla messa in campo di un piano strategico per il rilancio della nostra economia locale che veda partecipi non soltanto le istituzioni, ma anche le parti sociali, gli asset economici e produttivi della città, il mondo dell’associazionismo, del volontariato, ma anche quei movimenti e quelle spinte dal basso, che oggi noi consideriamo ancora l’underground di questa città, ma che hanno costituito da sempre il campo delle migliori sperimentazioni di questa città. E tutto, cari colleghi, dovrà avvenire all’insegna di tre parole chiavi: Trasparenza – Comunicazione – Partecipazione. Naturalmente, anche quei pochi strumenti che ci vengono messi a disposizione non vanno del tutto scartati, ma bisogna trovare il modo di renderli efficaci. Auspichiamo quindi che si possa ad esempio creare un tavolo di lavoro e di confronto per studiare il modo di rendere efficace la lotta all’evasione. Crediamo che sia il caso di trovare una soluzione alla vendita e non alla svendita del patrimonio della nostra città, senza escludere la riqualificazione e il miglioramento nella gestione delle aree comunali inutilizzate e di quelle da poco date in carico dallo Stato. Crediamo inoltre che si possa fare spazio a nuove forme di economie locali partecipate (baratto, riuso e riciclo, banche del tempo, coworking) e aquelle esperienze che simbolicamente, ma non solo, consentano la sperimentazione di forme di economia di comunità e solidale, di welfare’dal basso’. Crediamo anche che il Comune si debba e si possa far carico di aprire un tavolo di confronto con tutto il sistema del credito, per aggiornare gli strumenti e i protocolli e per individuare nuove misure più coerenti alle necessità del tessuto economico attuale e capaci di sostenerne il rilancio di un economia che non escluda sempre i giovani. Ma permettetemi, come donna di donna di dire, che più d’ogni cosa pretendiamo che le scelte di questa amministrazione non alimentino ulteriormente diseguaglianze già inaccettabili. Tra le tante ingiustizie della manovra, infatti, colpisce il suo tratto misogino. Come ha scritto Chiara Saraceno su La Repubblica e come diceva anche stamane la vice sindaco: questa Finanziaria colpisce le donne due volte: come lavoratrici e come persone sulle quali ricade quasi esclusivamente un lavoro di cura. Chi, infatti, se non le donne, pagherà il prezzo principale dell’articolo 8 che cancella, di fatto, le tutele previste dai contratti nazionali e dall’articolo 18 dello statuto dei lavoratori? Chi si accollerà i 16 miliardi di tagli alle agevolazioni assistenziali? E su quali vite incideranno i minori servizi sociali che saranno erogati dagli enti locali? E come se ciò non bastasse, le donne, che sono la maggioranza dei dipendenti pubblici, la maggioranza degli insegnanti, la stragrande maggioranza di chi lavora nel welfare, subiranno i tagli di cui si diceva sopra una volta di più. C’è poi il furto più duro: il percorso per l’innalzamento dell’età pensionabile e neanche un centesimo di quel risparmio sarà reinvestito per rafforzare i servizi, liberando le donne da parte di quel lavoro di cura ancora tutto sulle spalle femminili. E pertanto,quando toccherà alla nostra Amministrazione scegliere, essa non potrà non tenere conto di alcune priorità: arginare l’impoverimento sociale e mettere in campo misure che non alimentino diseguaglianze già insopportabili. Perché se all’indomani di una grande guerra che mise in ginocchio la nostra città e la nostra economia Giuseppe Dozza potè dire: noi non programmiamo con ciò che abbiamo ma con ciò che vogliamo, noi oggi tradiremo la storia della nostra città, la nostra storia politica se non raccogliessimo questo stesso monito”.
(intervento della capogruppo Cathy La Torre, Amelia per Bologna)
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“Ho apprezzato veramente lo sforzo, anche fisico, che deve aver fatto il consigliere Lo Giudice nel trovare accenni di aperture negli interventi dei consiglieri dell’opposizione. Chiedere larghe intese a chi non dice nulla sugli effetti devastanti di questa manovra è davvero un atto di fede, ma d’altro canto la politica è l’arte del possibile, quindi staremo a vedere. Certo, se questo “compromesso” deve tradursi in operazioni come il voto comune sull’ordine del giorno sul finanziamento pubblico alle scuole paritarie, beh, ci aspettano discussioni importanti e complesse. Non si può non considerare che non è per il destino cinico e baro che l’Italia si trova in questo situazione. C’è stata sottovalutazione, arroganza e insolenza. Consigliere Tomassini, chi parlava di dazi ora va con il cappello in mano sotto la Grande Muraglia a supplicare l’acquisto del nostro debito pubblico. Consigliere Bugani, cosa centra questa amministrazione con la situazione che si troviamo ad affrontare? Cosa centrano violazioni del Regolamento sul funzionamento del Consiglio Comunale in termini di rimborsi, certamente da censurare, con questa drammatica situazione di tagli delle entrate dal Governo centrale? Come ci ha ricordato la Vicesindaco questo comune ha un forte avanzo di bilancio: ha soldi che non può spendere per via del patto di stabilità. Ci stata voi ad una battaglia comune per la revisione degli attuali criteri di virtuosità o siete interessati di più a dimostrare che le cose vanno male perché c’è stato il Civis? Io mi auguro, veramente, di vedervi al nostro fianco. Sulla manovra finanziaria proposta dal governo e votata da una maggioranza politica allo sbando, più interessata a tenersi stretta la poltrona che a elaborare proposte per uscire dalla crisi, è stato detto molto. Non è un caso se le più grandi resistenze e proteste, potremmo dire bipartisan, sugli effetti reali di questa manovra sono state fatte non dai partiti di opposizione, ma dagli amministratori: sindaci, presidenti delle provincie, governatori. Quelli cioè che sanno quanto, eventualmente, occorrerà mettere le mani nelle tasche degli italiani il cui potere d’acquisto è drasticamente crollato. Chi paga questa crisi creata dalla speculazione finanziaria sono le famiglie, le imprese; è il lavoro – che soprattutto per i giovani e le donne proprio non c’è – a pagare la crisi. Confesercenti l’ha detto pochi giorni fa’: gli effetti diretti e indiretti della manovra graveranno sulle famiglie per 33 miliardi dei 54 complessivi. L’aumento dell’IVA vuol dire, di fatto, l’indebolimento ulteriore del potere d’acquisto, già scarso, dei salari e delle pensioni della stragrande maggioranza degli italiani. Si registra già un aumento dei tassi di interesse sui mutui per le abitazioni: è nei nostri occhi l’immagine di quel cittadino greco che si è dato fuoco, presto vedremo queste immagini anche in Italia? Quanto pensiamosi possa stringere la corda attorno al collo delle persone? Di certo stiamo per farlo ancora, se dobbiamo registrare il grido di doloredi quegli amministratori che si trovano costretti a confessare di stare valutando l’aumento dei ticket sanitari, l’introduzione della tassa di iscrizione alle materne comunali, la chiusura di impianti sportivi gratuite gravati da spese di riscaldamento inusitate e sempre in aumento. Come possono, di fronte a ciò, non arrancare la famiglie? Come si può avere fiducia nel futuro quando un giovane su tre non trova lavoro o, se lo trova, è precario nella metà dei casi? Se, dopo avere speso mediamente 30 mila euro per far laureare un figlio, i dati e la nostra esperienza dicono che i giovani laureati sono sempre più disoccupati? Come si può avere fiducia se l’articolo 8 di fatto apre la porta a licenziamenti violando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori? Oggi il Segretario della CGIL ha fatto una proposta che è doveroso prendere in considerazione per stoppare gli effetti di questo articolo 8, ma gli enti locali non possono essere impegnati più a trovare il modo per difendersi da disposizioni assurde anziché ad elaborare proposte per chi sta peggio. In Emilia Romagna il tasso fisso di disoccupazione giovanile è al 22.4%, a Bologna è l’11%, in aumento costante. Eppure, a parte un passaggio del Vicesindaco e un riferimento molto importante del Segretario della CGIL, negli interventi di questa mattina ho sentito poco o nulla a proposito della situazione dei giovani. In molti interventi ho sentito parlare di speranza, di necessità di riaccendere la speranza. Beh.. la speranza per il futuro un popolo l’acquista quando ce l’hanno i suoi giovani. Se non capiamo questo, su cui io interverrò come in un mantra per tutto il mandato, allora le priorità saranno sempre le stesse. A questo proposito vorrei leggervi cosa scrive e pensa un imprenditore illuminato che era presente qui questa mattina, Alberto Vacchi: “Giovani e occupazione sono tra i problemi emergenti della nostra epoca: ci riguarda come cittadini e come imprenditori. Come cittadini perché non possiamo ignorare il dramma sociale di una generazione sfiduciata che fa fatica a immaginare, e quindi anche a costruire, il proprio futuro. Come imprenditori perché la nostra prerogativa è creare sviluppo per il territorio e per farlo non possiamo prescindere da quella fondamentale risorsa che sono le persone, peraltro centrali in un modello economico come quello bolognese e emiliano romagnolo, costruito introno alle competenze e alle specializzazioni dei propri collaboratori… Come superare un problema che crea crescenti divaricazioni sociali e generazionali, rischiando di impoverire la società e le nostre imprese delle migliori risorse e energie?… Possiamo insomma dare vita, insieme ai sindacati e alle istituzioni del nostro territorio, a formule innovative in grado di consentire ai nostri giovani percorsi professionali atti ad aiutarli a superare le difficoltà dell’accesso al lavoro. Noi imprenditori, per primi, dobbiamo interrogarci su cosa siamo in grado di offrire ai giovani in termini di opportunità anche per le nuove professionalità”. Ce lo deve dire il Presidente di Unindustria che se si accede al primo impiego a 30 anni gli effetti economici e sociali sono devastanti? Chi deve avere figli? Come ringiovaniremo l’Italia? Si sta creando una generazione sfiduciata, disillusa, che non si impegna perché non trova sbocchi e non vede per sé un futuro. Una generazione di scoraggiati non si riproduce né economicamente né demograficamente. E allora, quando parliamo di riforma del welfare, vorrei che considerassimo che welfare non può voler dire solo anziani. Welfare vuol dire anche sostegno al reddito, incentivi per la crescita, aiuti alle giovani coppie – sposate o meno -, edilizia sociale, investimenti seri e non residuali su progetti come co-housing e co-working. Riforma del welfare vuol dire anche spostare le risorse considerando che chi sta peggio in questo momento, in Italia e non solo, è chi ha perso fiducia, speranza nel futuro. Chi sta peggio in Italia in questo momento sono i giovani. Pensiamo a questoe agiamo di conseguenza”.
(intervento del consigliere comunale Lorenzo Cipriani, Amelia per Bologna)
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“Oggi siamo qui a causa di una grave crisi che dura ormai da anni e ci sta letteralmente mettendo in ginocchio. Questa crisi a nostro avviso e’ strutturale. I modelli macroeconomici che molti di noi, me compreso, hanno studiato all’universita’ e con cui abbiamo ragionato fino ad oggi, sono al termine del loro ciclo di vita. Se continuiamo ad applicarli non riusciremo ad uscirne. PIL, Debito, crescita a tutti i costi… sono concetti che dobbiamo lasciarci dietro le spalle: ormai non sono piu’ indicativi della reale qualita’ della vita. Continuare a ragionare con questi modelli vuol dire soffrire. Vuol dire vendere il paese e le nostre vite per pagare immensi debiti, vuol dire essere obbligati a lavorare per crescere oltre un limite che ormai non e’ piu’ superabile ne’ sostenibile. I mercati finanziari globali e telematici sono caduti in mano a pochi grandi speculatori, le agenzie di rating hanno dimostrato nei fatti di essere pedine nelle mani degli stessi speculatori. Gran parte di cio’ che c’e’ dentro questo grande dato superaggregato che chiamiamo PIL sono sfortune, danni, disastri, investimenti sbagliati. Se vogliamo andare avanti proficuamente dobbiamo sposare nuove teorie e nuovi parametri che siano indicativi del benessere reale dei cittadini. Dobbiamo promuovere politiche innovative adatte ai nuovi scenari odierni che valorizzino le produzioni locali, l’autosufficienza energetica, le economie locali… e in questo i comuni sono sicuramente i giusti protagonisti. Sono il livello giusto che si puo’ fare carico di queste nuove politiche vicino al cittadino che possono traghettarci verso un mondo migliore e sostenibile.
Proposte:
1. Innestare cicli virtuosi della gestione dei rifiuti trasformando quello che oggi e’ un problema in un nuovo settore che dia lavoro e opportunita’. Aziende e tecnologie innovative in questo campo ci sono e operano con profitto a dimostrazione che si puo’ fare e che si deve fare. Oggi abbiamo nuove possibilita’ in questo campo che lo trasformano in un vero business virtuoso ed ecologico. Sfruttiamolo!
2. Investire nelle nuove tecnologie energetiche riducendo i costi e promuovendo la creazione di nuove aziende in questo campo. Mettiamo a reddito i tetti degli edifici pubblici.
3. Salvaguardare le produzioni locali soprattutto agricole. Incentivare i piccoli mercati e lo sviluppo dell’economia locale anche mediante l’introduzione di buoni moneta-cittadini spendibili solo su beni di produzione locale.
4. Turismo: e’ un settore al momemto con un potenziale ancora largamente inespresso. Dobbiamo quindi investire in questo settore e il modo per finanziare gli investimenti c’e’: la tassa di soggiorno introdotta in via sperimentale per un numero di anni predefinito, per esempio 4 anni. Reinvestimento delle risorse ottenute per la promozione del turismo anche con operazioni di Marketing internazionale. Includere in questo progetto l’ex istituto Beretta trasformandolo in un ostello Comunale oltre che ricavando uno spazio per i cittadini di cui i quartiere Saragozza e’ privo.
5. Evasione fiscale. La manovra destina il 100% delle somme dell’evesione fiscale recuperate grazie ai comuni. Motivo in piu’ per concentrarsi su questo punto con strategie politiche strutturali da studiare lavorando con esperti del tema e con cooscenza del territorio. Uno di questi: Cristian Abbondanza
6. Chiudere l’esperienza dei servizi sociali decentrati – Il decentramento dei servizi sociali si sta dimostrando alla prova dei fatti un grande errore al quale si deve porre rimedio quantoprima. La precedente organizzazione si dimostrava piu’ efficiente come la stessa “teoria matematica delle code”: ovvero e’ molto piu’ efficiente avere 9 punti che smaltiscono un unica coda che 9 code smalitite ognuna da un singolo punto di servizio.
7. Evitare alienazioni significative di immobili che sottrarrebbero al comune l’importante leva di politica sociale di abitazioni a canone calmierato e impoverirebbero senza ritorno il patrimonio del comune una fiammata di bilancio straordinaria ma di brevissima durata.
8. Piuttosto che alienare, avviare un’attenta analisi del patrimonio immobiliare del comune. Oltre 12.000 metri quadri oggi rendono al comune circa 1,81 euro al mese. Qui dobbiamo lavorare per aumentare la redditivita’ che non vuol dire assolutamente aumentare gli affitti, ma verificare eventuali inefficienze in tutto cio’ che e’ il contorno della gestione di questi immobili 9. Infine (ormai lo ripetiamo quasi ossessivamente, ma come sapete ne siamo molto convinti) sospediamo il PEOPLE MOVER e dirottiamo i 27 milioni del finanziamento regionale a servizi sociali e scuola (cosa che farebbe fare un salto di qualita’ a questi servizi riportandoli immediatamente ai rimpianti standard di un tempo). proprio volete il people mover, fatelo ma completamente finaziato dai privati con un reale project financing… ammesso che se ne trovino…”
(intervento del consigliere comunale Marco Piazza, Movimento 5 Stelle)