Occorre incentivare i caseifici e gli allevatori e di tutelare i produttori di montagna, che si trovano ad operare in territori particolarmente svantaggiati; la Regione Emilia-Romagna invece non ha mai fatto nulla a tal proposito. Tutti questi soggetti concorrono, in modo significativo, alla produzione di quel prezioso alimento che tutto il mondo ci invidia, il Parmigiano Reggiano, e meritano quindi di essere valorizzati.
Tale valorizzazione può essere realizzata individuando due differenti livelli di qualità, distinguendo il formaggio in due categorie legate alla geografia e alla produzione di montagna e di pianura.
Un problema sollevato anche dalla rivista scientifica del settore ALIMENTA – Commentario tecnico-giuridico della produzione agroalimentare.
La qualificazione del formaggio con l’indicazione “di montagna” dovrebbe quindi costituisce elemento distintivo primario nei confronti del formaggio “di pianura”.
I requisiti tipici degli allevamenti di montagna influiscono sulla qualità del latte prodotto, sulla composizione degli elementi nutritivi del latte che concorrono alla qualificazione organolettica e nutrizionale del formaggio.
Lo stesso Consorzio del Parmigiano Reggiano, pur definendosi di “tutela”, ha mostrato poca attenzione all’argomento. Non ne comprendo i motivi.
Il contingentamento della produzione non ha invece nulla a che vedere con la qualità del prodotto. Peraltro la pratica è stata già censurata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Operazioni di questo tipo rispondono solo a logiche di mercato, che sinceramente non comprendo. In questo modo non si tutelano i produttori meritevoli.
(Fabio Filippi)