La querela è lo strumento con il quale un cittadino, se ritiene di essere stato soggetto passivo di alcuni reati, può chiedere che chi ha effettivamente commesso quei reati sia dichiarato colpevole dal tribunale penale.Se il querelato ha effettivamente compiuto il reato e per questo è punito con sentenza del tribunale penale, allora il querelante (che nel frattempo si è sicuramente costituito parte civile) otterrà anche un risarcimento per i danni che ha subito in seguito a quel reato.
Se invece il querelato è assolto, allora il querelante dovrà rimborsare lo Stato delle spese che gli ha fatto inutilmente sostenere per allestire un processo molto costoso, e del tutto inutile.
La querela è uno strumento fondamentale della democrazia, è la garanzia che uno Stato civile dà a tutti i cittadini – quale che sia la loro professione, preferenza politica o religione – di tutelarli quando sono vittime di soprusi. Molte volte, la querela viene usata da coloro che, dello Stato, hanno voluto essere servitori per mestiere: sono quelli che siamo abituati a chiamare “politici”, anche se il termine più appropriato è “pubblici ufficiali”. Per loro libera richiesta e volontà, visto che sono loro ad avere richiesto di farlo candidandosi, essi svolgono una funzione pubblica che può essere legislativa, giurisdizionale oppure amministrativa.
In altre parole, costoro fanno le leggi (funzione legislativa), oppure le interpretano affinché sia sempre applicato il diritto pubblico e privato (funzione giurisdizionale), oppure governano e gestiscono (funzione amministrativa). Siccome questa loro funzione è pubblica, costoro sono interamente a carico dello Stato; il quale presume che la funzione sia sempre esercitata nell’interesse collettivo, al quale l’interesse privato di chi esercita quella funzione, lo si dà per scontato, è sempre subordinato.
E’ proprio questa considerazione, amici, a offrirci la domanda che dobbiamo sempre porci quando offriamo il nostro appoggio, il nostro voto, a chi si è candidato a diventare un pubblico ufficiale: “E’ in grado, questa persona, di subordinare i suoi interessi privati all’interesse pubblico? Quando questa persona dovrà sacrificare un interesse suo, della sua famiglia, dei suoi amici o del suo partito all’interesse pubblico, sarà in grado di farlo?”.
Sì, amici, perché il conflitto d’interessi c’è, ed è implicito nella funzione di ogni pubblico ufficiale: non lo si può eliminare, e si può solamente pretendere che il pubblico ufficiale lo amministri sempre nell’unico modo possibile, ossia subordinando l’interesse privato a quello della collettività.
Solo quella persona, il pubblico ufficiale, può arrivare ad eliminare il conflitto d’interessi: accadrà quando avrà fatto coincidere ogni suo interesse personale con gli interessi della collettività, il che ci pare possibile solamente in due casi.
Il primo, è il caso in cui diventa pubblico ufficiale una persona priva di interessi personali, ossia priva di proprietà e patrimonio.
Il secondo, è il caso dei Santi (che comunque non sono pubblici ufficiali di uno Stato laico).
Non abbiamo l’impressione che il nostro Presidente del Consiglio abbia mai fatto coincidere i suoi interessi personali, o quelli della sua famiglia, dei suoi amici e del suo partito, con gli interessi della collettività: per questo, da tempo, chiediamo a gran voce le sue dimissioni. E non solo le sue. Ogni volta che un pubblico ufficiale sporge querela, impegnando i nostri tribunali penali e civili per ottenere il risarcimento personale di danni alla sua sfera privata che, secondo lui, gli sarebbero derivati da presunti reati commessi da altri, noi ci chiediamo se costui sta effettivamente subordinando il suo interesse personale a quello collettivo.
Perché se così non fosse, se per caso quel reato non fosse stato commesso, o se non fosse stato quel reato la causa dei danni personali che lui può avere subito, o se addirittura non esistessero danni personali di alcun genere, allora significa che, querelando, lui ha gestito nel modo peggiore le strutture pubbliche che lo Stato mette a disposizione sua e di tutti gli altri cittadini, impegnando il loro tempo e le loro risorse in ricerche, analisi, indagini, relazioni, verbali e sentenze del tutto inutili e inservibili.
Come chi, per un taglietto al dito mignolo, pretende che tutto il personale del Pronto Soccorso si fermi per curaglielo, lasciando perdere tutti gli altri ricoverati. E se lui gestisce così male uno strumento disponibile a tutti, come lo è la querela, allora siamo quasi certi del fatto che lui gestisce altrettanto male gli strumenti che sono disponibili solo a lui, per via della sua carica di pubblico ufficiale.
Noi siamo diversi da chi – pur godendo delle prerogative di un pubblico ufficiale – si sottrae al confronto pubblico, senza tuttavia mai rinunciare a pubblicamente minacciare querele a 360 gradi; sì, perché di minaccia, si tratta.
Come se i cittadini non sapessero che la querela è anche a sua disposizione, come se non lo sapessero i suoi eventuali avversari politici quando gli hanno chiesto di riferire su alcuni fatti che lo riguardano.
Caro Dr. Luca Cavalieri, noi crediamo che, prima di minacciare una querela, o di inoltrarla concretamente, ogni pubblico ufficiale ha almeno un dovere verso la collettività: quello di chiederle scusa per non essere riuscito a far coincidere i suoi interessi personali con quelli della cittadinanza, presentando, per questo, le sue dimissioni irrevocabili.
Lei è d’accordo?
(Movimento 5 stelle Formigine)