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A Modena occorre un piano di emergenza per la casa sociale: le proposte di Sinistra Ecologia Libertà

Questa nota si inserisce nell’alveo della discussione che nei giorni scorsi, sulle pagine della Gazzetta di Modena, ha visto gli interventi dell’Ass. Sitta e del Segretario PD Boschini.

Sulla scorta delle considerazioni da questi riportate, anche perché tirati direttamente in ballo, intendiamo presentare la nostra visione e avanzare serie e concrete proposte per un “Piano di emergenza per la casa sociale”. Ovviamente, parlare di “Piano casa” ci porterà anche a ragionare sui bisogni di abitazione della nostra città e sulle tanto discusse Aree F.

Intanto una premessa è doverosa, e fa riferimento al “peccato originale” di questa materia, da noi denunciato a più riprese sia in incontri di maggioranza sia pubblicamente: il Sindaco di Modena non ha ancora avviato il processo di definizione del nuovo Piano Strutturale Comunale (PSC), nonostante questa sia rilevabile come una priorità nel suo stesso programma di governo e un’esigenza condivisa da gran parte delle forze politiche e di ampi settori della società. Ci troviamo così oggi, per ammissione unanime, a dover procedere di variante in variante, senza una visione complessiva della città che vogliamo. Una visione che, ad esempio, tenga conto della crisi (finanziaria, ambientale, di modello produttivo) in cui stiamo affondando e delle necessità emergenti (mobilità sostenibile, riconversione energetica, equità ed inclusione, una nuova finalizzazione sociale del modello produttivo… solo per citare alcuni esempi). Una nuova visione, che utilizzi l’urbanistica quale propria leva di sviluppo, più che come strumento utile soprattutto a sostenere crescita e lavoro (secondo il richiamato schema “pane, lavoro e mattone”). Una visione che, in poche parole, chiarisca i tratti e l’identità che vogliamo per la Modena del futuro, in relazione con i territori vicini e con l’Europa stessa.

Perché quando ci viene detto che è necessario costruire sulle aree F perché sono esauriti i terreni disponibili, e che ci vogliono ben 8 anni per rendere operativo il nuovo PSC (comprendendo la preparazione, la discussione, l’approvazione, i POC e il conseguente iter per l’apertura e l’assegnazione dei bandi), una prima domanda sorge spontanea: perché questo processo non è stato avviato prima? Oggi, forse, non ci troveremmo in questa situazione…

Sui bisogni, una semplice constatazione. La grave crisi economico-finanziaria, insieme all’irresponsabile legislazione del lavoro che produce precarietà senza una contestuale azione di tutela della disoccupazione, ha prodotto due effetti: a Modena oltre 7.000 famiglie pagano affitti al di sopra delle proprie possibilità e, come conseguenza, le sentenze di sfratto per morosità hanno superato da tempo il limite dell’allarme sociale. Inoltre, è reso impossibile un progetto di vita autonoma per le giovani generazioni che non riescono a contrarre mutui per l’acquisto della prima casa. A tal proposito, noi riteniamo che la crisi abbia colpito anche gli aspiranti ad una casa di proprietà (quelli, per intenderci, compresi nelle corpose liste di richiedenti iscritti alle cooperative di abitazione, spesso citati per dimostrare il bisogno di casa nella nostra città), che oggi non sarebbero in grado di confermare la volontà di acquisto a fronte delle offerte presenti e future.

In questa direzione, sarebbe utile una valutazione seria e trasparente rispetto ai dati dell’invenduto e dello sfitto a Modena.

Sulle aree F: il 24 maggio 2010 il Consiglio Comunale ha approvato una variante al POC che rimane tuttora inattuata. I problemi che hanno reso questa delibera di difficile applicazione sono ben noti: alcune delle aree interessate sono ad alta sensibilità ambientale e le rassicurazioni dell’Amministrazione non hanno convinto i numerosi cittadini che si sono mobilitati a tutela dell’ambiente e dei pozzi acquiferi, nonché, in gran parte (occorre ammetterlo), a favore di una visione diversa nel metodo e nel merito sullo sviluppo urbanistico della città.

Oggi siamo alla vigilia di un’ennesima iniziativa di variante urbanistica, trasformazione di aree destinate a servizi generali (le cosiddette “Zone F” appunto) ad aree per l’edilizia abitativa sociale, per le quali esistono le medesime perplessità, in alcuni casi più limitate, di carattere ambientale, urbanistico e sociale.

Su queste aree, abbiamo assistito al proliferare di comitati e di prese di posizione a difesa delle stesse. Non crediamo siano tutti matti, demagoghi ed egoisti affezionati al proprio giardino, ma questa è la situazione, e andrebbe trattata con la massima delicatezza e attenzione, adottando un principio di precauzione e gradualità, verificando di volta in volta, caso per caso, i pro e i contro a fronte di bisogni verificati.

Su una cosa siamo tutti d’accordo: a Modena c’è un grave disagio abitativo. Su questo tema l’Amministrazione deve essere protagonista, non spettatrice (non lo è), e le sue iniziative, presenti e future, devono senz’altro essere adottate ed attuate. Occorre da un lato agire con celerità e in modo adeguato rispetto alla gravosa realtà finanziaria ed economica; dall’altro con la massima prudenza rispetto agli allarmi ambientali e sociali.

Ma provare a risolvere questo disagio con le medesime modalità e impostazione culturale che hanno contribuito a determinarlo, è – a nostro avviso – palesemente sbagliato.

Noi abbiamo un’idea (in parte) diversa. E veniamo dunque alle nostre proposte, concrete e di possibile immediata attuazione, per la cui realizzazione è necessario che il Sindaco di Modena ne assuma la responsabilità politica e ne investa la Giunta ed il Consiglio comunale:

– il Sindaco, innanzitutto, dia avvio al processo di definizione del nuovo PSC, che, grazie al lavoro di analisi e studio già contenuto nel PTCP (2009), nel PTR (2010) e realizzato per gli Stati generali (2011), può essere redatto in breve tempo almeno nella sua forma preliminare. L’apertura del percorso dovrebbe avvenire attraverso la discussione e approvazione in Consiglio Comunale delle Linee Guida che dettino modalità, tempi, obiettivi strategici e target alla Giunta e allo staff tecnico che avrà la responsabilità dell’elaborazione e della proposta (sulla base dell’esperienza positiva già percorsa dalla Provincia di Modena per la redazione dell’attuale PTCP). Il nuovo PSC (con “consumo di suolo a saldo zero”) dovrà essere pensato a un livello di area vasta, ovvero quella del Comune di Modena e di tutti i comuni della cintura; quest’area urbana dovrà essere vista in modo integrato con gli altri territori delle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna, secondo gli indirizzi dei rispettivi PTCP. Inoltre, saranno fondamentali modalità partecipative, nel rispetto della L.R. 3/2010 sulle procedure di consultazione e partecipazione all’elaborazione delle politiche regionale e locali;

– il Sindaco si faccia immediato promotore della formazione di un “Piano di emergenza per la casa sociale” a Modena, Piano che deve vedere la più ampia partecipazione democratica e trasparenza negli assunti e deliberazioni;

– il Sindaco si faccia interprete della grave crisi finanziaria che incombe sulle imprese e sulle famiglie ed attui ogni iniziativa utile alla sensibilizzazione degli Istituti bancari perché interpretino la fase economica con maggiore senso di responsabilità sociale e di sviluppo durevole; nella consapevolezza, non da tutti acquisita, che questa crisi non è né sarà passeggera, ma lunga e dolorosa e determinerà modifiche strutturali a livello globale e locale.

Rispetto al “Piano di emergenza per la casa sociale”, a partire dagli elementi di analisi sopra esposti (bisogni e aree F), presentiamo gli elementi fondamentali su cui strutturare l’intervento. Come si vedrà, traggono origine da due principi:

– in questa fase di crisi, a fronte di una precarietà dilagante e di un progressivo impoverimento della popolazione, occorre un sano “realismo solidale”, che privilegi l’affitto sociale alla proprietà privata;

– in merito alla tutela del nostro territorio e al pericolo, reale o percepito, rispetto agli interventi edificatori previsti, si applichi un sano principio di precauzione, che consenta di approfondire le valutazioni di impatto e dei rischi connessi.

Ed eccoci ai punti:

1. avviare l’iter per la costruzione entro 18 mesi di almeno 500 alloggi da destinare all’affitto permanente (sottolineiamo: permanente) a canoni significativamente inferiori a quelli risultanti dai Patti concordati;

2. pianificare la costruzione di ulteriori 1.000 alloggi da realizzarsi, con le medesime caratteristiche, entro i successivi 36 mesi;

3. sostenere con forza le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, soggetti da privilegiare nella realizzazione e gestione di tali interventi;

4. formulare un piano di riqualificazione dell’edilizia abitativa esistente che favorisca una nuova qualità abitativa, urbana ed ambientale (risparmio energetico) e che trovi le sue fondamenta in importanti sostegni pubblici per quanto concerne la normativa urbanistica, finanziaria e fiscale. A questo riguardo, le prime indicazioni di lavoro dovranno essere predisposte entro 6 mesi;

5. favorire nel modo più ampio ogni iniziativa di Partenariato Pubblico-Privato;

6. sollecitare la Fondazione CRM affinché condivida le proprie attuali iniziative finanziarie nella costituzione del Fondo Emilia-Romagna Social Housing. In questa direzione, riteniamo che i Fondi Immobiliari, soprattutto nel quadro di questa lunga fase di crisi, siano da ritenere uno strumento finanziario strategico, da promuovere con determinazione;

7. indire i bandi per l’assegnazione delle aree edificabili per singole zone elementari, dando immediato avvio ai bandi relativi ad aree per le quali non sono presenti situazioni di allarme ambientale;

8. prevedere che le prossime delibere di variazione urbanistica, in particolare quelle relative alle Aree F già individuate, siano adottate previa valutazione ambientale e sociale, stralciando – nell’applicazione di un principio di precauzione – quelle sulle quali esistono dubbi e incertezze (a partire da quelle che insistono sui campi acquiferi e Ponte Alto), che andranno sottoposte ad ulteriore verifica e condivisione (come da noi già chiesto nei diversi incontri avuti con la Giunta);

9. avviare un piano di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP) adottando nuovi strumenti finanziari, liberando gli alloggi dagli assegnatari non più aventi diritto, migliorando i criteri di assegnazione;

10. sostituire il parametro del rendimento finanziario relativo al costo di costruzione nella valutazione della “socialità” dell’intervento immobiliare residenziale, con il parametro del valore del nuovo canone sociale, che per essere definito tale deve essere inferiore a quello risultante dai Patti concordati;

11. ridurre progressivamente il Fondo Sociale per l’affitto a favore degli investimenti a sostegno delle iniziative immobiliari suddette: è del tutto evidente, infatti, il suo effetto paradossale di sostegno ad affitti più cari. In questo, dovrà essere adottata un’opportuna gradualità per non intaccare le aspettative di migliaia di famiglie;

12. rafforzare il ruolo e l’azione dell’Agenzia per la casa, includendo fra i suoi compiti quello della mediazione sociale ed economica fra inquilino e proprietario privato al fine della riduzione più ampia possibile dei canoni adottati, siano essi liberi o concordati;

13. confermare, in via temporanea, l’attuale impostazione urbanistica denominata PEEP, in particolare degli aspetti relativi all’affitto che dovrà risultare ampio (50% come già previsto nel futuro) e più lungo;

14. modificare le regole relative alla compra-vendita di alloggi PEEP: in particolare si propone che la fase di vendita non veda la presenza dei soli privati, ma che in essa intervenga l’Amministrazione con ruolo di intermediario e garante. Tale azione, anche utilizzando le possibilità ispettive fiscali ed il lavoro dei Consigli tributari, consentirebbe di impedire le note speculazioni “in nero”, oggi assai frequenti, che lucrano sui benefici pubblici di cui gli assegnatari godono;

15. riesaminare quanto fin qui realizzato nella lotta alla rendita speculativa sui terreni, i cui valori vanno ricondotti a dimensioni più equamente proporzionali al valore degli alloggi;

16. pubblicare l’elenco dettagliato di tutte le aree edificabili, a qualsiasi titolo, nel comune di Modena, con i relativi attuali ed ultimi proprietari;

17. formulare un piano di revisione delle procedure di autorizzazione che consenta la riduzione alla metà degli attuali tempi di rilascio;

18. trasformare l’attuale impostazione dei controlli urbanistici dalla “carta” al cantiere.

(Cristian Favarin – Coordinatore Circolo cittadino Sinistra Ecologia Libertà, Vittorio Molinari – per il Coordinamento Federale Sinistra Ecologia Libertà)

















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