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Martedì a Modena prina nazionale del docu-film sugli Indignati

“In Italia l’indignazione è come l’orgasmo, dura pochi secondi e poi ti viene sonno” sono parole di Marco Paolini dallo spettacolo su Ustica. A sentire le testimonianze raccolte durante la manifestazione degli Indignados del 15 ottobre 2011 a Roma ci si chiede invece se non sia l’inizio di una vera e propria rivoluzione globale. E parte proprio da queste considerazioni “Rimetti a noi i nostri debiti”, il docu-film che racconta il movimento degli Indignados, che sarà presentato al pubblico, in prima nazionale, il 17 gennaio alle 21.00 nel circolo Arci Vibra.

Il docu-film è stato realizzato dalle Officine Tolau composte dai giornalisti modenesi Stefano Aurighi, Davide Lombardi e Paolo Tomassone.

Gli autori saranno presenti alla serata a cui parteciperanno anche: Greta Barbolini, presidente provinciale Arci Modena; Stefano Bonaccini, segretario regionale Pd dell’Emilia Romagna; Pippo Civati, consigliere regionale Pd della Lombardia e componente della segreteria nazionale Pd; Giuditta Pini, segreteria Gd Modena.

“Rimetti a noi i nostri debiti”, commissionato dal Forum Nuovi Linguaggi e Nuove Culture del Partito Democratico, di cui è responsabile Civati è un viaggio dentro il movimento, che parte dalla manifestazione di Roma dello scorso 15 ottobre e che si allarga al contesto internazionale, analizzando gli sviluppi più recenti e indicando ipotesi di scenari possibili per il futuro.

In occasione della serata sarà distribuita ai partecipanti anche la Guida ai Circoli Arci 2012 che ha come parola chiave proprio “indignazione” con testi di Luciana Castellina, Cisco, Frankie Hi-Nrg e altri.

L’ingresso alla serata è gratuito. Il Circolo Vibra si trova in via 4 Novembre 40/a. Per informazioni è possibile consultare il sito www.arcimodena.org

GUARDA IL TRAILER: http://officinetolau.blogspot.com/2011/12/rimetti-noi-i-nostri-debiti-il-trailer.html

Dalla presentazione di “Rimetti a noi i nostri debiti”

Attraverso interviste ai militanti e interventi di esperti come Loretta Napoleoni (autrice de “Il contagio”) e politici internazionali come l’ex leader di Solidarnosc, Lech Walesa, il docu-film mette al centro la lotta del 99% degli abitanti del pianeta che gli Indignados dicono di rappresentare, contro quell’1% della popolazione che detiene il potere economico-finanziario a livello planetario e che determina le sorti dell’economia mondiale. Gli indignati sostengono che il debito contratto dagli Stati – debito che strozza la crescita e impoverisce i cittadini – si debba a una precisa responsabilità di banche, istituzioni finanziarie e politica, e si muovono al coro di “Noi la crisi non la paghiamo”.

Ogni Paese, partendo dalla protesta contro l’1%, aggiunge tratti locali alla protesta. In Cile la scintilla la fa scattare la protesta per una radicale riforma scolastica; in Israele la causa scatenante è il rincaro dei prezzi dei generi alimentari, mentre in Grecia è piano di austerità a riempire le piazze. Nelle Filippine è la lotta contro l’imperialismo statunitense.

E in Italia? Nonostante nel Paese il movimento si moltiplichi giorno dopo giorno attraverso la nascita di numerosi gruppi “Occupy” impegnati in progetti con ricadute sul territorio, è evidente che è ancora una volta l’antiberlusconismo (unito ad una buona dose di sfiducia verso tutti i grandi partiti considerati contigui ai poteri economico-finanziari) il vero collante degli Indignados di casa nostra, almeno fino ad ora.

Ma c’è anche un’Italia che scende in piazza rivendicando la qualità di ‘cittadini’, lontani da sigle di qualunque colore, uniti nella denuncia di tanti problemi quotidiani causati dalla crisi economica e dal degrado sociale del Paese: tagli alla cultura e alla ricerca, difficoltà degli insegnanti di tutte le scuole di ogni ordine e grado, mancanza di lavoro per i giovani, ‘fuga’ all’estero per poter spendere al meglio anni di studi, innalzamento dell’età pensionabile, precariato diffuso, discriminazioni razziali, volontariato in ginocchio per mancanza di fondi, solo per citarne alcuni.

Insomma, un’Italia indignata che guarda alla politica con grande sfiducia, ma che alla politica chiede risposte, occupando piazze, strade e palazzi del potere, invocando a gran voce un nuovo modello di sviluppo prima della catastrofe del default. Anche a costo di fare la rivoluzione.

















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