(Adnkronos/Ign) – Povertà, debiti, vecchiaia e disoccupazione: sono questi i problemi che affliggono l’Italia. Un quadro preoccupante quello che emerge dal rapporto ‘Noi-Italia’ 2012, diffuso dall’Istat. Tante le famiglie colpite dalla povertà, per una percentuale pari all’11% dei nuclei. Sul fronte del debito invece l’Istat rileva il disavanzo primario più basso in Europa rispetto al pil, ma anche il debito più alto, fatta eccezione per la Grecia. Vita media di 84,4 anni per le donne e di 79,2 anni per gli uomini e il podio europeo per i lavoratori inattivi.
POVERTÀ – Nel 2010, le famiglie in condizioni di povertà relativa sono l’11,0 per cento delle famiglie residenti; si tratta di 8,3 milioni di individui poveri, il 13,8 per cento della popolazione residente. La povertà assoluta coinvolge il 4,6 per cento delle famiglie, per un totale di 3,1 milioni di individui. Nel 2009, circa il 58 per cento delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore all’importo medio annuo (29.766 euro, circa 2.480 euro al mese). In Sicilia si osserva la più elevata diseguaglianza nella distribuzione del reddito e il reddito medio annuo più basso (oltre il 25 per cento in meno del dato medio italiano); inoltre, in tale regione, in base al reddito mediano, il 50 per cento delle famiglie si colloca al di sotto di 18.302 euro annui (circa 1.525 euro al mese). Nel 2010, il 15,7 per cento delle famiglie residenti in Italia presenta almeno tre delle difficoltà considerate nel calcolo dell’indice sintetico di deprivazione. Il panorama regionale mette in evidenza il forte svantaggio dell’Italia meridionale e insulare, con un valore dell’indicatore pari a 25,8 per cento. Nei primi mesi del 2011, la percentuale di persone di 14 anni e più che si dichiara molto o abbastanza soddisfatta della propria situazione economica è di circa la metà (48,5 per cento). Il livello di soddisfazione per la situazione economica decresce dal Nord al Sud del Paese, presentando una forte variabilità regionale.
DISOCCUPAZIONE – L’Italia conquista il ‘podio’ europeo per i lavoratori inattivi, i cosidetti ‘Neet’ (Not in Education, Employment or Training) nel 2010 il tasso è stato pari al 37,8% che pone il paese al secondo posto in Ue appena dietro Malta. Ad essere più scoraggiate le donne che denunciano un tasso di inattività superiore di 15 punti a quello di Francia e Spagna. Il tasso di inattività italiano, ricorda ancora l’Istat, ha continuato a crescere attestandosi al 37,8% in ulteriore aumento di 2 decimi di punto rispetto al 2009; al 26,7% quella maschile e al 48,9% quella femminile. A livello europeo, invece, il tasso di inattività 2010 della popolazione tra i 15 e i 64 anni nella Ue è stata pari al 29% in linea con l’anno precedente. E se Svezia e Danimarca gli scoraggiati sono al valore minino (al 20,5%), Malta tocca il 39,8% seguito a ruota dall’Italia che “presenta un livello di inattività ragguardevole”. Non solo. In Italia rispetto all’Europa l’inattività colpisce in misura molto maggiore le donne degli uomini. Uno scoraggiamento in rosa che si traduce, dice l’Istat, “in un tasso di inattività tra i più elevati a livello europeo e superiore di circa 15 punti percentuali rispetto a quello delle francesi e delle spagnole.Più di 2 milioni di giovani, pari al 22,1% della popolazione tra 15 e 29 anni, è fuori dal circuito formativo e lavorativo. E’ la situazione peggiore nell’Eurozona. Guardando nel dettaglio il dato risulta più elevata tra le donne (24,9%) rispetto a quella degli uomini (19,3%).
DEBITO PUBBLICO – Il disavanzo primario più basso in Europa rispetto al pil, ma anche il debito più alto, fatta eccezione per la Grecia. L’Istat fotografa i dati di finanza pubblica 2010, in relazione agli altri paesi Ue. Nel 2010, a fronte di un generalizzato peggioramento dei saldi e delle dinamiche dei conti pubblici dovuto al pieno manifestarsi della crisi economica, l’Italia è il paese dell’Ue con il disavanzo primario in rapporto al Pil più basso, mentre, relativamente all’incidenza dell’indebitamento netto, si colloca al settimo posto. L’Italia si conferma tra i paesi dell’Ue caratterizzati da un elevato rapporto debito/Pil. Nel 2010 questo rapporto si è attestato al 118,4 per cento, valore inferiore solamente a quello della Grecia. L’aumento rispetto al 2009 è di quasi tre punti percentuali, più contenuto in confronto con quanto sperimentato in media dai paesi europei. In Italia, la pressione fiscale complessiva, dopo la crescita della fine degli anni Novanta, ha registrato una diminuzione fino al 2005, risultando in linea con la media degli altri paesi europei. Successivamente ha ripreso ad aumentare, toccando nel 2009 il 42,8 per cento, il valore più elevato dal 1997; nel 2010 è scesa di mezzo punto percentuale, al 42,3 per cento. Nel 2010, la pubblica amministrazione italiana spende poco meno di 13 mila euro per abitante, collocandosi al dodicesimo posto della graduatoria Ue27. La spesa italiana risulta appena superiore alla media europea, ma inferiore a quella delle principali economie dell’Unione, con l’eccezione della Spagna. La spesa statale regionalizzata del Centro-Nord si conferma sistematicamente superiore a quella del Mezzogiorno, ma con un divario minore negli anni più recenti.
INVECCHIAMENTO – Una alta e crescente speranza di vita alla nascita e un processo di continuo invecchiamento: due tendenze che collocano l’Italia al secondo posto nel contesto europeo. L’Istat sottolinea anche come il nostro Paese sia quarto in Europa come dipendenza economico-sociale tra generazioni. Secondo le ultime stime del 2010, la vita media degli italiani è di 84,4 anni per le donne e di 79,2 anni per gli uomini. L’incremento dal 2001 al 2010 e’ di piu’ di 2 anni per gli uomini e di 1,6 anni per le donne. L’eta’ della popolazione cresce, quindi, mentre diminuiscono i giovani e i nuovi nati (con un indice di fecondita’ ben al di sotto del livello di sostituzione delle generazioni, 2,1 figli per donna). In ragione di tali fattori, il rapporto tra gli anziani e i giovani ha assunto proporzioni notevoli nel nostro Paese, raggiungendo, al 1° gennaio 2011, quota 144,5 per cento. In questo contesto, aumenta la popolazione inattiva e dunque l’indice di dipendenza economico-sociale tra le generazioni fuori e dentro il mercato del lavoro. In Italia tale indicatore ha raggiunto, al 1° gennaio 2011, il 52,3 per cento. A fronte di un sostanziale allineamento dei valori delle ripartizioni del Centro e del Nord, che presentano indici di dipendenza vicini al 54 per cento, il Mezzogiorno conserva un valore di poco inferiore al 50 per cento.