Si è concluso con l’approvazione di un ordine del giorno il Consiglio provinciale aperto che aveva come tema il riordino delle Province. Il sì è arrivato dai gruppi Pd, Pdl e Lega Nord, mentre – con motivazioni diverse – è arrivato il voto contrario di Udc, Rifondazione e Idv. Da registrare le posizioni di 3 consiglieri in dissenso con il proprio gruppo: Umberto Beltrami e Marcello Stecco, nelle file del Pd, hanno infatti scelto di astenersi; Massimiliano Camurani, consigliere del Pdl, non ha partecipato al voto.
Ad aprire il dibattito in una affollatissima sala consiliare è stato Enrico Manicardi, per anni ai vertici dell’Upi regionale e in passato sui banchi di Palazzo Allende, anche come presidente del Consiglio, per svariate legisltaure. A lui il compito di inquadrare l’evoluzione dell’ente Provincia e le competenze che oggi fanno capo all’ente.
“Ci tengo a sottolineare quelle che sono attualmente le competenze attribuite alle Province – ha spiegato – Difesa del suolo, protezione civile, viabilità e trasporti, gestione rifiuti, istruzione secondaria ed edilizia scolastica, pianificazione territoriale, ambiente, lavoro e centri per l’impiego, formazione professionale. A queste competenze si aggiungono le materie attribuite dalla Regione: agricoltura, politiche economiche, governo del territorio, protezione dell’ambiente dagli inquinamenti, parchi e risorse naturali, trasporto pubblico e mobilità. Vorrei aggiungere – ha concluso Manicardi – che in tutta Europa esiste sempre un ente intermedio tra i comuni e le regioni”.
E’ seguito l’intervento della presidente Sonia Masini: “Abbiamo affrontato la questione in diverse occasioni. Con l’appuntamento di oggi apriamo a Reggio una ulteriore fase di ascolto oin vista di un riordino del territorio. Noi non ci stiamo muovendo contro qualcuno, non siamo qui per conservare, ma per discutere come cambiare e come trovare una modalità di maggiore adesione agli interessi dei cittadini. Io credo che questo paese abbia bisogno di cambiare molto. Noi viviamo in quella parte del mondo che ha avuto tanto e che forse starebbe anche così con alcuni aggiustamenti, ma non possiamo più permettercelo. Noi non vogliamo far partire il cambiamento dagli altri, ma da noi stessi. E lo abbiamo già fatto negli anni passati riducendo giunta, numero dei dirigenti e personale, e abbiamo riconvertito la spesa spingendo molto sugli investimenti. E tutto questo lo abbiamo fatto senza aspettare i provvedimenti del Governo. Quella delle province è una questione emblematica – ha proseguito la Presidente – vengono affidate a questi enti competenze, ma si sono create sovrapposizione con ciò che fanno altri enti di secondo grado.
Noi oggi siamo per il cambiamento, ma il cambiamento non deve riguardare solo noi. Non basta chiudere un ente. Noi siamo convinti che l’ente debba deve essere riformato, quindi occorre pensare a dimensioni diverse e accorpamenti; credo però che anche i comuni debbano valutare come mettersi insieme per superare i limiti dell’essere troppo piccoli, e questo vale per le Regioni, che sono centri di spesa elevatissimi. Noi siamo per un cambiamento vero che dia poteri ai territori, che non frammenti, ma che trovi nuove dimensioni. Non ci stiamo se si punta tutto sulle province, ma ci stiamo a rivedere tutta l’archittettura dello stato. Per noi quindi si apre un anno di confronto sui nuovi assetti”.
Alberto Ferrigno, capogruppo di Rifondazione, ha aperto il proprio intervento affermando di non condividere né l’impostazione né le ragioni del consiglio aperto: “Credo che ce ne siano altri temi da affrontare prima di questo, come ad esempio ciò che sta facendo questo Governo per rispondere alla crisi. A questo parlamento non affiderei neppure la revisione del regolamento di condominio, figuriamoci la revisione dell’architettura istituzionale. La cosa che mi sento di dire è che non possiamo permettere l’abolizione per decreto di spazi di confronto democratico, ma non voterò questo ordine del giorno, che ritengo sostenuto da forze politiche incoerenti, che danno il proprio appoggio al Governo a Roma e poi lo bocciano sul territorio”
Contrario all’ordine del giorno anche il capogruppo Udc Mario Poli: “Il decreto salvaItalia non parla di soppressione delle Province. Io ci tengo a sottolineare che sia Chierici sia la Masini hanno definito quella di oggi l’apertura di un confronto. Non mi scandalizzerei se la Provincia diventasse un ente di secondo grado. Che ci piaccia o no la gente individua come ente locale principale il Comune. Noi chiediamo però che anche i Comuni siano coinvolti nella riforma degli enti locali. Lo sforzo di ammodernamento va sostenuto”.
Il no è arrivato anche dal gruppo dell’Idv, in maggioranza, per bocca del capogruppo Emanuele Magnani: “Vorrei prima di tutto precisare che non c’è da parte nostra la volontà di mettere in discussione l’amministrazione della Provincia di Reggio Emilia. Detto questo la nostra posizione come Idv non cambia, sarebbe però miope concentrarsi solo sul riordino delle Province. Noi siamo soddisfatti che il documento portato oggi in approvazione non sia solo quello dell’Upi, che assomiglia invece a una guerra di retroguardia. La riforma deve infatti essere complessiva per gli enti locali. La nostra posizione è chiara, da sempre, se le competenze delle Province vengono ridefinite e ampliate allora ok, altrimenti per come sono adesso non hanno più ragione di esistere”.
Stefano Tombari, capogruppo della Lega Nord, ha rivendicato una coerenza di fondo del proprio gruppo su questo tema: “Noi siamo gli unici ad avere una posizione coerente su questo tema. L’ordine del giorno che ci accingiamo a votare è contro qualcosa, contro un atteggiamento che è stato tenuto da qualcuno nei confronti delle Province. Nel decreto Monti non saremo più consiglieri – ha aggiunto Tombari – saremo commissari nominati. Noi siamo abituati a una Provincia diversa, un ente che rientra nelle corde di tutti quanti”.
Secondo il capogruppo de Pdl Giuseppe Pagliani la Provincia riprende senso se in un percorso di riduzione degli sprechi, tutti quegli enti proliferati negli anni scorsi, e che hanno contribuito al sovrapporsi di competenze, vengono riassorbiti e scompaiono: “Oggi siamo di fronte a un impianto amministrativo eccessivo. Ecco quindi che l’ente Provincia intesa come istituzione costituzionalmente riconosciuta e prevista, che rappresenta l’ente intermedio tra Regione e comuni, riprende di forza – ha detto – Il riposizionamento dell’ente provinciale ha un senso con la riacquisizione di competenze. E’ troppo facile e propagandistico dire che si butta via tutto invece questo ente ha una funzione, e per questo abbiamo firmato l’odg che ci troviamo a votare oggi. Non ci sono dubbi sulla necessità di un ente intermedio. Per questo ci è piaciuto nell’intervento della presidente Masini il riferimento all’impianto regionale e all’inutilità dei nuovi enti intermedi”.
Paolo Croci, capogruppo del Pd, ha rimarcato come sia necessario rivolgere attenzione a tutto l’impianto istituzionale, ragionando su una crisi che coinvolge non solo l’economia, ma tutto il sistema: “Tutti ci dobbiamo interrogare su come cambiare un sistema politico, un sistema di garanzia che oggi non regge più. L’unica garanzia è quello di un ente autonomo che davvero può fare da intermediazione tra comuni e regioni. Siamo quindi d’accordo sul riordino delle province, ma per come ci viene presentato oggi è solo per dire che è stato fatto. Non c’è di certo una riduzione dei costi, visto che le funzioni fondamentali devono essere redistribuite. Il nostro è un sistema che è pieno di storture, ma occorre fare attenzione perché rischiamo con provvedimenti di questo tipo di svuotare il livello democratico di partecipazione”.
Fabio Bertoia, rappresentante della Cisl e dipendente della Provincia, è stato il primo degli ospiti ad intervenire: “E’ necessario riconoscere la necessità di affrontare alcuni problemi della pubblica amministrazione. Se su tutto il territorio nazionale fosse stato fatto quello che è stato fatto qui, forse non ci troveremmo in questa situazione. Nell’ultimo periodo sono quindi state fatte strumentalizzazioni che hanno coinvolto anche i dipendenti pubblici. La necessità di un interventi sulla spesa pubblica ha portato alla ricerca di un capro espiatorio, mettendo nell’occhio del ciclone la Provincia. Si tratta di posizioni spesso demagogiche, che esercitano grandi pressioni sui dipendenti pubblici. Oggi ci troviamo di fronte a un decreto del governo Monti che non sopprime le province, ma ne limita le competenze. Ora ci troviamo di fronte a un cantiere aperto che dovrà essere affrontato dalle regioni,e chiediamo che il progetto sia condiviso anche con le organizzazioni sindacali. Vogliamo essere parte attiva di questo cantiere. Noi siamo pronti a metterci la faccia con idee e proposte concrete, momenti come quello di oggi rappresentano occasioni per dare una svolta al nostro paese.
Secondo Mirto Bassoli, segretario provinciale della Cgil, la discussione affrontata è complessa e rilevante: “Io credo che il riordino istituzionale richieda però un tasso maggiore di democrazia e partecipazione. Non è questa la sede per esprimere giudizi sul Governo, che pure ha preso in mano situazione disastrosa, non possiamo però non sottolineare che sul fronte della partecipazione democratica questo Governo ha carenze pesanti. Quella di oggi è soprattutto una discussione sul riordino territoriale, le province sono il simbolo dell’autonomia e del decentramento, ma è altrettanto vero che negli anni si sono trasformate nell’anello debole istituzionale. L’abbattimento dei costi è un tema che esiste, ma non può prescindere da un approccio logico. Non si può quindi parlare di abolizione sic e simpliciter. Abbiamo bisogno di una riordino, costituzionalmente corretto, che deve coinvolgere tutti i livelli e che non perda di vista merito e funzioni di questo livello intermedio”.
Maurizio Menozzi, dipendente della Provincia e rappresentante del sindacato di base, ha rimarcato come il decreto abbia svuotato di contenuti la Provincia, togliendo l’elezione e facendone un ente chiuso in se stesso: “L’innovazione sta anche nel buon funzionamento dei servizi. Sono tante le funzioni che oggi la provincia svolge e deve continuare a farlo”.
Il sindaco di San Martino in Rio Oreste Zurlini ha definito utile il dibattitto per cogliere i contorni del cambiamento: “L’ente intermedio è da tempo in discussione, fin dagli anni settanta si sono fatte sperimentazioni su gestione servizi con modalità diverse. Per questo mi sento di dire che diversi punti fermi quindi ci sono già, che hanno portato anche risultati importanti, come la nascita delle Ausl. Io credo che di questo ente intermedio ci sia bisogno, questo non vuol dire che vada tutto bene. Ora dobbiamo puntare sull’efficacia dell’azione amministrativa, e non avere come obiettivo principale l’eliminazione di alcuni consiglieri…”
Lorenzo Melioli, presidente di Confagricoltura, ha auspicato il superamento del concetto da bar Sport: “Occorre andare oltre, per esempio nel mio settore tante cose vengono fatte con la Provincia. E’ importante non distruggere il know how che si è creato in questi anni. Noi abbiamo bisogno di una collaborazione vera e profonda con le istituzioni. Per questo noi siamo perplessi sul concetto di “chiudiamo un qualcosa” e poi cosa facciamo, ce li inventiamo questi uffici con cui noi dialoghiamo”.
Il consigliere regionale del Pd Marco Barbieri, ha ribadito come gli “interventi siano legati ad un’esigenza vera di razionalizzazione, un monento importante di riflessione e di confronto su funzioni, ruoli e competenze. Oggi il non aver sentito solo una difesa mi è piaciuto, anche io sono però convinto che ci sia anche una valenza identitaria da salvaguardare. Fino ad oggi abbiamo fatto finta che il problema fosse solo delle Province, ma non è così. Ci troviamo di fronte al problema del riordino istituzionale”.
Roberta Rigon, coordinatore provinciale del Pdl avrebbe preferito votare il documento dell’Upi: “Quello di oggi sembra voler un po’ annacquare i concetti. Se si voleva cambiare il documento, forse occorreva chiarire anche il ruolo dell’unione dei comuni. Condivido totalmente l’impegno ad eliminare enti e aziende che assorbono solo risorse. E’ necessaria una riforma complessiva di tutta l’architettura istituzionale”.
Roberto Ferrari, segretario provinciale del Pd, ha definito il dibattito una opportunità per una riflessione profonda e vera per dare il nostro vero contributo “a una fase del paese in cui il dibattito politico sta assumendo valenze diverse e più serie. Il presupposto per questo è metterci in discussione. La provincia non è solo un’istituzione, ma è anche un modello organizzativo. Vediamo quindi di proseguire successivamente nelle sedi opportune il dibattito sul ruolo e la funzione che gli enti devono esercitare. La ridefinizione della Provincia porterà con se inevitabilemnte anche la ridefinizione delle competenze di Comuni e Regioni. Siamo quindi obbligati a rivedere l’intero complesso”.